CJALZUMIT – STAGNINO

Cjalzumit

Lo stagnaio era un artigiano ambulante che girava di paese in paese, di casa in casa, annunciando il suo arrivo gridando. Poi di solito si piazzava in centro al paese.
Egli offriva la riparazione per tutti gli oggetti in rame e per i contenitori in ferro. Per gli oggetti in ferro, in presenza di un piccolo foro, lo stagnaio lo riparava con un chiodo ribattuto, altrimenti applicava una lamina di ferro nuovo. Gli oggetti in rame od alluminio, come i paioli, le pentole, le padelle, i calderoni, i mestoli, ecc.. venivano riparati attraverso la stagnatura; inoltre egli livellava le ammaccature e sostituiva o riattaccava i manici rotti.
Attrezzatura
La sua attrezzatura era modesta, in quanto di solito girava in bicicletta o con un carretto, e più o meno consisteva in una mazzuola, delle forbici per tagliare la lamiera, il martello, l’incudine fissata su un ceppo di legno che serviva di appoggio, la lima, un attrezzo di ferro a forma di fungo che serviva per ribattere i chiodi, le tenaglie con manici lunghi utilizzate per mettere o togliere dal fuoco gli oggetti, il mantice, lo stagno in bacchette, lamiere di piombo, di rame e di acciaio, carbone, acido muriatico e ovatta.
Stagnatura
Per prima cosa egli eliminava le imperfezioni dell’oggetto da riparare appoggiando il contenitore sull’incudine e battendolo al contrario, poi puliva la parte da saldare, usando una poltiglia composta di sabbia finissima, segatura, cenere di legna mischiata ad acqua; quindi accendeva il fuoco con il carbone ed eseguiva il lavoro sempre sottovento per evitare i fumi e i vapori dell’acido.
Il “cjalzumit” fondeva lo stagno in una ciotola, scaldava il recipiente da aggiustare ed infine, versava al suo interno il metallo fuso che faceva scorrere con grande perizia sulle pareti del recipiente, soffermandosi in particolare sui punti che dovevano essere riparati. Una sottile pellicola argentata veniva così a saldarsi con il metallo.

VILLOTTA
Affinché la gente si accorgesse della sua presenza, lo stagnino, come precedente detto, entrava in paese gridando. Da questa considerazione è nata la canzone a lui dedicata.
Il testo sostiene che nonostante il cjalzumit ci metta impegno a presentarsi, nessuno gli dà credito, per cui egli conclude in crescendo dicendo: siete sordi o non avete soldi che non mi calcolate.

Friulano
IL CJALZUMIT
L’è cà, l’è cà…
Chel puar om
Ch’al lee citis
E padielis rotis
L’è cà, l’è cà…
Cjalait ce robis
Cjalait, cjalait, ce robis
Seso sors
O no veso bez?
Italiano
LO STAGNINO
Eccolo qua, eccolo qua…
Quel povero uomo
Che rappezza pentole
E padelle rotte
Eccolo qua, eccolo qua…
Guardate che roba
Guardate, guardate che roba
Siete sordi
O non avete soldi?