Tipi di SCALE musicali

DEFINIZIONI
SCALA: passaggio da una nota (altezza) alla sua ottava (doppio di vibrazioni) attraverso la serie di 7 gradini (gradi).
Ottava: successione completa di questi sette suoni, più la ripetizione dell’acuto della prima sillaba (DO RE MI FA SOL LA SI DO)
Scala Maggiore naturale (DO): composta dalla naturale successione dei suoni di una ottava (DO RE MI FA SOL LA SI DO)
Scala Minore naturale (LA min): prima dei tempi di Guido d’Arezzo, nei paesi del Nord, la scala principale era quella minore; essa è composta dai suoni che nella forma naturale utilizzano gli stessi suoni della scala di DO maggiore (cioè senza alterazioni).
Tuttora per accordare gli strumenti si utilizza la frequenza in LA (dare il LA).
Riassumendo la tavola delle tonalità è la seguente:Esistono altri tipi di scale, ad esempio:

  • cromatica, vengono utilizzati tutti i dodici gradi a disposizione (i dodici semitoni)
  • pentatonica, utilizza solo cinque suoni
  • diatonica, utilizza solo sette dei dodici suoni a disposizione.

Scala LATINA
Nomi delle note
Nel 1025 il monaco benedettino Guido d’Arezzo, pubblicò un trattato musicale nel quale nominò i suoni utilizzando le sillabe iniziali dei versi dell’Inno a San Giovanni (un canto liturgico la cui melodia inizia ogni verso su un tono immediatamente più acuto di quello precedente).
Il testo è il seguente:
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
(Innum Sancte Iohannes)
Di conseguenza le sillabe sono:
UT RE MI FA SOL LA.
All’inizio del XVII sec. Giovanni Battista Doni, per evitare ai cantanti i problemi di pronuncia e fonetica legati alla sillaba UT, sostituì la UT con il DO. La scala fu completata nel Rinascimento, quando venne aggiunto il SI.
Scala INGLESE
In questo caso la notazione è alfabetica, la nota base A fa riferimento alla scala in LA minore.
Le tonalità maggiori si possono indicare con la lettera maiuscola, quelle minori con la minuscola.
Scala TEDESCA
Scala simile a quella anglosassone, ma con la H al posto della B.Per quanto riguarda il diesis ed il bemolle si hanno le seguenti differenze:

Latina Inglese Sassone
Re diesis
Re bemolle
D sharp
D flat
Dis
Des

Per termini maggiore e minore si ha:

Latina Inglese Sassone
Re maggiore
Re minore
D major
D minor
D dur
D moll

 

CAROSELLO: Caballero e Carmencita, Bialetti, Doria, Lagostina

CABALLERO e CARMENCITAMarca pubblicizzata: Lavazza
Prodotti: caffè decaffeinato Dek, Caffè Paulista
Anni di messa in onda: 1965-1973
Autori: Armando Testa
I corpi di Caballero e Carmencita sono semplici coni di gesso bianco, lui con un ampio cappello ed un cinturone con la pistola, lei con lunghe trecce nere. Entrambi hanno gli occhi fissi ed il sorriso disegnato, il Caballero può solo muovere il cappello e la pistola, mentre Carmencita agita le trecce.
Il Caballero è un abilissimo misterioso  pistolero che si muove nella pampa sconfinata, dove le pistole dettano legge, alla ricerca di Carmencita, che però preferisce l’uomo con il baffo che conquista.
Frasi
Caballero: Bambina, sei già mia. Chiudi il gas e vieni via.
Carmencita: Pazzo! L’uomo che amo è un uomo molto in vista. È forte, è bruno e ha il baffo che conquista.
Caballero: Bambina, quell’uom son mì… Oh yeh yeh yeh yeh yeh, oh yeh!
Carmencita: Paulista! Amore mio…

Coro: caffè, caffè, caffè Paulista.
BIALETTIMarca pubblicizzata: Bialetti
Prodotti: Caffettiera Moka Express, Frullatore Gogo
Anni di messa in onda: 1959-1961, 1965-1968
Autori: Paul Campani (1953)
Il protagonista è l’omino con i baffi con la voce di Raffaele Pisu e le sembianze del commendator Renato Bialetti (figlio di Alfonsi Bialetti) titolare dell’azienda.
L’omino, quando parla, al posto della bocca ha le lettere delle parole che pronuncia. In ogni episodio dimostra che apparentemente sembra facile fare una determinata cosa, ma nella realtà dei fatti non lo è.
FraseEh sì sì sì… sembra facile (fare un buon caffè)!
DORIAMarca pubblicizzata: Doria
Prodotti: Biscotti Bucaneve, Brezeln, Cracker, Salatini
Anni di messa in onda: 1968-1976
Autori: Gino Gavioli
Il filmato inizia con il cantastorie Andrea che assieme al picchiatello Oracolo, suonatore di tamburello, all’esclamazione di Tacabanda  iniziano a suonare. Seguono le avventure dei due personaggi in giro per il mondo, descritte tutte in rima. Al termine del cartone animato il cantastorie confessa che non avrebbe voluto girare per il mondo, ma essere cuoco per sfornare i biscotti Doria.
Frasi
Tacabanda
LAGOSTINA PENTOLEMarca pubblicizzata: Lagostina
Prodotti: pentole a pressione, posate ed altri utensili da cucina
Anni di messa in onda: 1969-1976
Autori: Osvaldo Cavandoli
La Linea è costituito da un omino che percorre una linea virtualmente infinita e di cui è anch’esso parte integrante. Il personaggio incontra nel suo cammino numerosi ostacoli e spesso si rivolge al disegnatore, con un linguaggio costituito da borbottii e comiche imprecazioni, in cui si riconoscono alcune espressioni in lombardo, affinché gli disegni la soluzione ai suoi problemi.
I colori degli sfondi variano a seconda dello stato emotivo del personaggio.

CAROSELLO: Calimero, Miguel son mi

CALIMERO
Marca pubblicizzata: Mira Lanza
Prodotti: Detersivo Ava
Anni di messa in onda: 1963-1974
Autori: fratelli Nino e Toni Pagot, Ignazio Colnaghi (nonché voce del personaggio) e Sergio ToppiStoria
La scelta del personaggio fu scelta dagli autori considerando che per vendere detersivi bisognava suscitare la simpatia delle donne. Quale miglior soluzione il pulcino triste e disgraziato, che rappresenta il prototipo del bambino indifeso ed inoltre se è nero, introduce subito l’idea che va pulito.
Calimero appare per la prima volta in televisione il 14 luglio 1963.
Il nome del pulcino proviene dalla Basilica di San Calimero di Milano, dove Toni Pagot si sposò e l’ambientazione rurale delle storie è coerente con l’origine veneta degli autori.
Il pulcino è il quinto della covata di Cesira, una gallina veneta e di Gallettoni, un gallo burbero. Calimero, essendo caduto nella fuliggine, diventa nero e non viene più riconosciuto dalla mamma che lo rifiuta; in testa ha sempre il guscio dell’uovo da cui si è schiuso.
Il piccolo deve affrontare tutta una serie di disavventure in cui non sempre il bene e la verità trionfano, nonostante la sua onestà e buona volontà e l’aiuto della fidanzata Priscilla e dell’amico Valeriano, mentre suo ostile avversario è il furbo papero Piero.
Alla fine degli episodi, a riscattarlo è l’olandesina, la quale lava Calimero con il detersivo della Mira Lanza, dimostrando che il pulcino è solo sporco.Frasi celebri

  • Eh, che maniere! Qui fanno sempre così, perché loro sono grandi e io sono piccolo e nero… è un’ingiustizia però
  • Ava, come lava!

EL MERENDERO
Marca pubblicizzata: Venchi Unica
Prodotti: Talmone
Anni di messa in onda: 1967-1969
Autori: Romano Bertola, Paul Campani (disegnatore)
Cantanti: gruppo torinese dei Los Gildos
Anni di messa in onda: 1973
Autori: Anacleto Marosi (disegnatore)Storia
A metà degli anni ’60, il pubblicitario e paroliere torinese Romano Bertola (allievo di Armando Testa) scrisse una canzoncina per reclamizzare una carta a carbone della Pelikan, ma la proposta non piacque all’azienda ed il jingle rimase accantonato nel cassetto per due- tre anni.
Quando la Talmone lancia il Merendero per pubblicizzare i biscotti Mattutini, Bertola rispolverò la canzone e la fece cantare al complesso Los Gildos (capo gruppo: Dino Zanino).
L’origine della frase più celebre della pubblicità è riportata sotto.
La registrazione della canzoncina risultò non essere delle migliori, in quanto il complesso non riusciva a finire la strofa all’unisono, allora Bertola, senza sapere che il microfono era aperto, disse: “Ragazzi, guardate me! Miguel son mi!“.
Quella frase nacque così e così rimase.
La serie animata è ambientata in un paese messicano, dove il pappagallo El Merendero porta i biscotti e le merendine Talmone.Ogni episodio è narrato attraverso una canzoncina, il cui testo varia per descrivere le differenti situazioni
Nel 1973 la serie fu ripresa dal coro dei ragazzi del Maffei che fecero da colonna sonora alle avventure di Miguel il messicano.Canzone
Miguel è tornato ed è qui, che aspetta il Merendero, un pappagallo con dei biscotti nel becco.
Testo
‘mama, mama lo sai chi c’è, spalanchiamo le finestre, l’è tornà col circo equestre, l’è tornà col circo equè…
El merendero!
Mamma, mamma, lo sai chi c’è?
È arrivato il dindondero
dindondero dindondero
dindondero dindondè
Mamma, mamma, lo sai chi c’è?
È arrivato il dindondero
dindondero dindondero
dindondero dindondè
El dindondero!
L’è lì, è là, è là che l’aspettava
L’è lì, è là, è là che l’aspettava
L’è lì, è là, è là che l’aspettava
L’è lì, è là che aspettava Miguel
Miguel son mi!
E ti e ti e ti non dise niente
E ti e ti e ti non dise niente
E ti e ti e ti non dise niente
E ti e ti dise niente a Miguel
Miguel son sempre mi!
I muchachi e le muchache
Quando arriva el dindondero
Mamma dammi del dinero
Mamma dammi del dinè

Igor Stravinskij

Stravinskij fu compositore, pianista, direttore d’orchestra.
Igor Stravinskij (Losomov vicino a San Pietroburgo, il 17 giugno 1882 – New York, 6 aprile 1971), è stato un compositore e direttore d’orchestra russo naturalizzato francese nel 1934, poi divenuto statunitense nel 1945.
Biografia
Egli fu terzo di quattro figli ed ebbe sempre rapporti difficili con la sua famiglia.
Trascorse la sua infanzia nell’appartamento di San Pietroburgp in inverno ed in campagna d’estate.
Il padre era un celebre basso del Teatro Mariinskij ed Igor a nove anni intraprese con profitto lo studio del pianoforte, presto iniziò ad improvvisare ed a leggere spartiti d’opera.
Dopo il liceo studiò giurisprudenza e si laureò nel 1905; continuò comunque per proprio conto gli studi di armonia e contrappunto e di pianoforte con Madame Khachperova.
Periodo russo
A vent’anni, divenne allievo di Rimskij-Korsakov in composizione, il legame con il maestro durò fino alla morte di quest’ultimo nel 1908. Nonostante l’insegnante famoso, Stravinskij si considerò sempre un compositore autodidatta.
A questo periodo appartengono la:

  • Sonata per pianoforte
  • suite Le Faune et la Bergère, nella Sinfonia in mi bemolle, dedicata al suo maestro
  • Sinfonia in mi bemolle (1907)
  • Canto funebre per la morte di Rimskij-Korsakov (1908)
  • Feu d’artifice (1908) pezzo scintillante
  • Scherzo fantastique (1908) che presenta ancora influenze dell’impressionismo francese

Queste ultime 2 opere attirarono l’attenzione di Djagilev; per cui l’impresario (1909) gli commissionò:

  • L’uccello di fuoco (1910), composizione del balletto su fiaba russa per la stagione dei Balletti Russi dell’Operà a Parigi; il lavoro ebbe un grande successo e rese immediatamente celebre il compositore. Rispetto alle composizioni di Rimskij-Korsakov, la musica risulta molto più movimentata, un sapiente uso di combinazioni polifoniche
  • Petruska (1910-1911) che risente della tradizione della musica russa
  • Le Sacre du Printemps (1913), composizione con cui raggiunse fama mondiale
  • Le Rossignol (1914), opera in tre atti cominciata già durante gli studi con Rimskij-Korsakov
  • Renard (1916), composta in Svizzera
  • Historie du soldat (1918), anch’essa composta in Svizzera, opera da camera in cui Stravinskij fonde tutte le esperienze accumulate fino ad allora, dall’impressionismo, al cabaret, al jazz (questo genere gli fornì inoltre l’occasione di sostituire il fagotto con il sassofono)
  • Le chant du rossignol (1917), poema sinfonico ricavato dal Le Rossignol
  • Ragtime per 11 strumenti (1918), l’ambientazione dell’opera è stata accostata al cubismo ed è evidente l’influenza jazzistica

In questo periodo (1906) sposò la cugina Katetina Nossenko, da cui ebbe quattro figli, Fëdor (detto Theodore) nel 1907, Ludmilla nel 1908, Svjatoslav (detto Soulima) nel 1910 e Milena (detta Mika) nel 1914; la coppia rimase integra sino alla morte di Katerina nel 1939.
Nella sua vita ebbe diverse avventure con donne della buona società, tra cui anche Coco Chanel, ma rimase molto legato alla famiglia e devolveva gran parte del suo tempo e delle sue entrate ai figli.
Nei primi anni ’20 conobbe Vera de Bosset, con la quale intrecciò una seria relazione sentimentale, la donna era anch’essa sposata, ma decise di abbandonare il marito per Igor. Quando Katerina ne venne a conoscenza accettò la cosa come un fatto inevitabile.
Nel 1914 Stravinskij fece l’ultimo viaggio in Russia, dopo di che, a causa dello scoppio della guerra e successiva Rivoluzione d’ottobre si stabilì in Svizzera, lasciando tutti i suoi beni in patria e dovendo affrontare notevoli difficoltà economiche.
Si risollevò grazie a lavori richiesti da diversi committenti.
Periodo neoclassico
Nel 1934 si stabilì definitivamente a Parigi ed acquisì la cittadinanza francese.
Tra il 1939 e il 1940 vennero a mancare, a breve distanza l’una dall’altra, la madre, la moglie e la figlia Mika ed egli stesso fu a lungo ricoverato per una grave tubercolosi.
Nel 1939 partì per gli Stati Uniti dove tenne un corso di poetica musicale ad Havard.
Dopo la morte della coniuge Igor e Vera si sposarono a New York nel 1940.
Sorpreso dagli eventi bellici si stabilì prima a Los Angeles e poi a Hollywood e divenne cittadino americano naturalizzato nel 1945.
La fase neoclassica o formalista comportò il ritorno di Stravinskij agli stili della musica antica, opponendosi alla musica dodecafonica di Schonberg, con l’utilizzo di organici variamente ridotti, tali da conferire a ciascuna composizione una sua specialità. In pratica ci fu una contaminazione tra lo stile precedente e la musica antica.
In questo periodo scrisse tra il 1920 e il 1951:

  • Pulcinella (1920) su musiche di Pergolesi, con la collaborazione di Picasso per l’allestimento, accostando il periodo russo-impressionista del compositore ai periodi rosa e blu del pittore
  • Sinfonie di strumenti a fiato (1920), in cui si sentono l’atmosfera russa, scritte in onore di Debussy
  • Ottetto per strumenti a fiato (1923)
  • Mavra (1923) opera buffa in un atto
  • Les noces (1923), balletto per quattro pianoforti e percussioni con coro misto e 4 voci soliste
  • Oedipus Rex (1927), balletto in collaborò con Cocteau per il testo
  • Apollon musagète (1928), balletto in collaborazione con Balanchine
  • 3 Sinfonie dal 1930 al 1945
  • Persephone (1934), melodramma per recitante, tenore, coro e orchestra
  • Jeu de cartes (1936)
  • Concerto in mi bemolle Dumbarton Oaks (1938)
  • Orpheus (1948)
  • La carriera di un libertino (1951), melodramma in tre atti messo in scena in prima rappresentazione al Teatro La Fenice con la direzione del compositore. Quest’opera, scritta su un libretto di Auden e Chester Kallman, basata sugli schizzi di Hogarth, è un sunto di tutto ciò che il compositore aveva perfezionato nei precedenti 30 anni del suo periodo neoclassico.
    La musica comprende sia l’armonia tonale classica, sia la dissonanza, sia i contro ritmi, sia i temi di Monteverdi – Gluck – Mozart

Periodo dodecafonico o seriale
Reinventandosi ancora una volta egli si accostò alla tecnica dodecafonica, soprattutto dopo la conoscenza dell’opera di Anton Weber (allievo di Schönberg). L’aiutante Robert Craft lo aiutò nella comprensione di questo metodo.
A questo periodo appartengono la:

  • Cantata (1952)
  • Il Settimino (1953)
  • In memoriam Dylan Thomas (1954), per voce e strumenti
  • Canticum Sacrum (1955)
  • Greeting Prelude (1955) per orchestra
  • Agon (1957), balletto che rappresenta il compendio della musica di Stravinskij, dato che contiene molti spunti sia di musica neoclassica, sia seriale.
  • a Sermon, a Narrative and a Prayer (1961)
  • The Flood (1962), primo lavoro per la televisione
  • Threni, id est Lamentationes Jeremiae Prophetae (1958), basato sulle sacre scritture
  • Monumentum pro Gesualdo da Vanosa ad CD Annum (1960), per strumenti a fiato e archi
  • Requiem Canticles (1966), ultima opera importante

Nel 1962 accettò un invito a ritornare in patria per una serie di sei concerti a Mosca e Leningrado. Dal 1967 in poi la sua salute andò man mano peggiorando e subì diversi ricoveri in clinica.
Nel 1970 annunciò di voler tornare in Europa, ma a New York in attesa di trasferirsi a Parigi, fu colpito da un edema polmonare che lo condusse alla morte. Per suo espresso desiderio venne sepolto a Venezia nell’isola di San Michele, vicino alla tomba del suo collaboratore di vecchia data, Djagilev, il giorno 15 dello stesso mese.
STILE
Alcune caratteristiche de suo stile sono:
Egli usava molti temi tratti dalla musica folk della sua patria d’origine, essi vengono spogliati fino ai loro elementi più basilari, lasciando la sola melodia, e spesso vengono contorti e modificati fino a renderli irriconoscibili.

  • molti temi sono tratti dalla musica folk della sua patria d’origine, essi vengono spogliati fino ai loro elementi più basilari, lasciando la sola melodia, e spesso vengono contorti e modificati fino a renderli irriconoscibili
  • egli sfruttò i suoni estremi raggiungibili dagli strumenti musicali; ad esempio per simulare il risveglio di un mattino primaverile, all’inizio de Le Sacre du Printemps, vengono usate le note sovracute del fagotto
  • all’inizi della sua carriera continuò la tendenza romantica di scrivere per orchestre enormi, con esecuzioni impetuose ed autoritarie, ma in seguito ridusse gli organici e introdusse combinazioni insolite di strumenti
  • egli sviluppava i motivi musicali in modo unico, cambiando i rapporti di armonia, ritmo e strumentazione.

PIA de’ TOLOMEI musica di DONIZZETTI

Tragedia lirica in due parti di Salvatore Cammarano, dalla novella omonima di Bartolomeo Sestini, ispirato al V canto del Purgatorio dantesco.
Musica: GAETANO DONIZZETTI (1797-1848)
Libretto: Salvatore Cammarano
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro Apollo, 18 febbraio 1837
CAST

Personaggi Vocalità Parte
Bice Soprano moglie di Nello
Ghino Degli Armieri Tenore cugino di Nello
Lamberto Basso antico servitore dei Tolomei
Nello Della Pietra Basso
Pia Soprano
Piero Basso eremita
Rodrigo Contralto fratello di Pia
Ubaldo Tenore servitore di Nello
Guerrieri, servitori, damigelle ed eremiti

L’opera debuttò senza successo al teatro Apollo (oggi Teatro Goldoni), anche se prima doveva essere rappresentata alla Fenice, ma un incendio ne impedì la rappresentazione lì.
Nella versione napoletana del 30 settembre 1838, al Teatro San Carlo,  l’opera venne modificata con un lieto fine.
La protagonista alla prima veneziana fu il grande soprano Fanny Tacchinardi Persiani (Roma, 1807-1867).
TRAMA
Atto primo.
Ghino è innamorato di Pia, moglie di suo cugino Nello, ma ne è respinto e medita vendetta.
Il suo servitore Ubaldo intercetta un messaggio anonimo diretto a Pia. Suo fratello guelfo Rodrigo glielo aveva inviato per incontrarla in segreto, dopo che lei l’aveva fatto fuggire dal carcere dei ghibellini comandati da Nello. Ghino considera che la lettera sia la prova dell’adulterio della donna ed informa Nello. Assieme si recheranno presso il luogo dell’appuntamento notturno rivelato nel messaggio, per catturare lo sconosciuto.
In realtà Pia si incontra con Rodrigo, che riesce a fuggire dall’imboscata, mentre la donna, creduta colpevole, viene condannata dal marito a una perpetua prigionia in un castello della Maremma.
Atto secondo
Ghino le offre a Pia la libertà in cambio del suo amore, ma ella rifiuta e gli confida che l’uomo del messaggio era sua fratello, a quel punto l’uomo si pente.
Nello intanto ha ordinato a Ubaldo d’uccidere la donna, perché è stato sconfitto nella battaglia contro i guelfi. Ghino ferito mortalmente in battaglia, confida a Nello la verità; il marito si precipita in prigione, ma Pia è già stata avvelenata da Ubaldo.
La protagonista muore dopo aver evitato che Rodrigo uccida Nello, che ella giustifica e perdona.
Aneddoto
Lungo il tragitto in treno per raggiungere Venezia, salì un gruppetto di anziani, tutti azzimati, accompagnati da una signora. La coordinatrice spiegò la trama dell’opera ed altro, a quel punto una ascoltatrice domandò perché Dante aveva ficcato Pia in purgatorio e non in paradiso, la risposta fu che in quanto ghibellina non meritava tale ubicazione.L’anziana indispettita se ne uscì: beh, allora era meglio che facesse la “baldracca”.
Allego locandina dello spettacolo.

COLORI per i NON VEDENTI

BIANCO

  • al tatto: coperta di lana morbida e soffice, asciugamano o lenzuola pulito e profumato, ghiaccio o neve
  • gusto: debole, neve, latte
  • odore: né  piacevole né spiacevole, giglio bianco, latte, polpa di cocco
  • musica: soave, debole, simbolo di pausa, tonalità Si maggiore, Vivaldi Vespro della Beata Vergine

NERO

  • al tatto: compatto, ruvido, carbone sminuzzato
  • gusto: amaro
  • odore: carbone, incenso
  • musica: triste, scura, funebre, requiem di Mozart

ROSSO

  • tatto: ardente, calore del fuoco
  • gusto: forte, piccante
  • odore: penetrante
  • musica: potente, allegra e veloce, tonalità Do maggiore e Sol maggiore, Stravinskij Uccello di fuoco (finale), Beethoven sinf. n. 9 (corale), tromba

GIALLO

  • al tatto: aguzzo, erba secca
  • gusto: cibo acido come il limone
  • odore: aspro, limone, zafferano, ananas
  • musica: acuto, vibrazione, movimento, suono assordante, tonalità Re maggiore e Fa maggiore, Mascagni Iris inno del sole Iris, tromba

VERDE

  • al tatto: frusciante, umido, erba o piante in tutte le sue sfumature (erba fresca, foglie, ..)
  • gusto: freschezza, salato
  • odore: balsamico, menta, erba tagliata, the verde
  • musica: frusciante, tonalità Fa maggiore, Vivaldi 4 stagioni primavera

Colori freddi

BLU

  • al tatto: ruscello con acqua fresca, oggetto morbido ma fresco
  • gusto: dolce, tisana ai mirtilli
  • odore: brezza marina, lavanda, tiglio
  • musica: ritmo lento, dolcezza, malinconia, tonalità Mi minore, Bach Toccata e fuga in Re min BWV 565 , clarinetto

AZZURRO

  • al tatto: ghiaccio
  • gusto: freddo
  • odore: poco persistente
  • musica: tonalità Mi maggiore, Bach Concerto per violino e orch. BWV 1041, flauto

MARRONE

  • al tatto: increspato, terra in tutte le sue sfumature (terra secca = marrone chiaro, terra bagnata ed argillosa = marrone scuro)
  • gusto: tostato, vino corposo
  • odore: aromatico, resina, castagne, legno, tabacco, cioccolato
  • musica: rauco, lento, coro di alpini, Vecchio scarpone

GRIGIO

  • al tatto: amorfo, panno umido, giornata nebbiosa, cenere di una sigaretta, odore di fumo
  • gusto: amarognolo
  • odore: metallico, fumo
  • musica: smorzato, lento, tonalità Re minore, Sol minore, Si minore, Janacek nella nebbia

ROSA

  • al tatto: morbido, petali di rosa
  • gusto: delicato, zuccherino
  • odore: profumo tenue, rosa, pesca
  • musica: soave, La vie en rose.

ANCE per Strumenti a fiato

L’ancia è il generatore meccanico di oscillazioni nello strumento; essa per effetto dell’aria soffiata dell’esecutore, entra in vibrazione e produce il suono.
PRINCIPI FISICI
Per la legge di conservazione dell’energia si ha che la quantità totale di essa posseduta da un fluido in un sistema isolato, si mantiene durante il moto.
Energia totale = E. di pressione + E. cinetica + E. potenziale = costante
Il teorema di Bernoulli esprime la legge di conservazione dell’energia nei fluidi.
075ance01La figura rappresenta un tubo di Venturi, l’energia posseduta dal fluido nella sezione 1 e 2 è:
075ance03Le due sezioni sono alla stessa quota per cui la loro energia potenziale ρ*g*h è uguale ed esse si elidono, quindi l’equazione diventa:
075ance02L’aria è considerata incomprimibile per cui nello strozzamento si ha V2>V1 e di conseguenza per il teorema di Bernoulli: P2<P1.
Applicazione Bernoulli
Fasi tipiche nel moto dell’ancia nel caso del clarinetto:

  1. Il flusso d’aria entra nell’imboccatura passando tra l’ancia (flessibile) e il bocchino (rigido); la sua velocità aumenta quando percorre lo stretto passaggio, e di conseguenza la pressione all’interno del bocchino diminuisce.
    075ance04
  2. A causa della depressione l’ancia viene risucchiata verso l’interno del bocchino, fino ad otturare la feritoia di ingresso dell’aria. Interrotto il flusso la velocità dell’aria nel bocchino scende a zero, e si ristabilisce la pressione atmosferica, l’ancia torna verso la sua posizione di equilibrio, ma, a causa della sua elasticità la oltrepassa.
  3. Ora la feritoia è più larga che nella condizione iniziale, ma il flusso d’aria riprende facendo di nuovo scendere la pressione nel bocchino, e riportando il sistema nella condizione iniziale. Da questo momento in poi il moto si ripete ciclicamente.
    075ance05

Caratteristiche fisiche
Onda sonora: perturbazione che si propaga nello spazio, essa si ottiene dalla variazione di pressione indotta dal corpo vibrante nell’aria.
075ance06Periodo T: il tempo per percorrere lo spazio tra le estremità dell’onda sonora ed è costante nel tempo indipendentemente dall’ampiezza.075ance07m = massa del corpo
k = costante elastica
A masse elevate corrispondono periodi alti e frequenze basse, a corpi rigidi (k elevato) corrispondono periodi bassi e frequenze alte.
Nel moto armonico il periodo T è legato alla lunghezza l dalla formula:075ance07aA lunghezze elevate corrispondono periodi alti e frequenze minori.
Frequenza ν: numero di oscillazioni compiute nell’unità di tempo.
Inverso del periodo: ν=1/T (hertz Hz)
Questa grandezza definisce l’altezza del suono. Con l’aumentare della frequenza il suono diviene più acuto, col diminuire diviene più grave.
Basse frequenze: 40Hz – 160Hz: quasi tutte le frequenze della musica cadono in questa zona
Frequenze medie: 315Hz – 2,5kHz: suono di qualità
Frequenze alte: 5kHz – 10kHz
Ampiezza: rappresenta il massimo spostamento, rispetto alla posizione di equilibrio dell’onda, da essa dipende l’intensità del suono I:
rapporto tra la potenza media dell’onda sonora P e l’area su cui essa incide S         I = P/S
Per ottenere un’alta ampiezza, nello stesso periodo, è necessario aumentare la velocità e quindi l’energia cinetica e la forza del sistema.
Timbro: è legato alla forma dell’onda, onde con la stessa ampiezza, hanno timbri diversi se hanno forme diverse.
TIPI di ANCE
A seconda del modo in cui sono vincolate, le ance possono essere a:
BATTENTE SEMPLICE
Costituita da una linguetta sottile flessibile.075ance08Le ance semplici sono di forma rettangolare, una faccia è liscia (tavola), mentre la faccia opposta si assottiglia progressivamente fino alla punta che è arrotondata.
Le dimensioni delle ance variano a seconda dello strumento per cui sono prodotte.
Esistono diversi gradi di durezza dell’ancia: i livelli più morbidi sono consigliati ai principianti, i gradi di durezza superiore sono indicati per i musicisti più esperti perché richiedono una maggiore pressione per oscillare.
I produttori indicano la durezza dell’ancia con un numero variabile da 1 a 5, dalla più morbida alla più dura, oppure con una parola (soft, medium, medium soft).
L’ancia va accoppiata ad un bocchino o becco, con la tavola disposta sopra la parte cava (finestra) dello stesso.075ance09Il bocchino può differire per la distanza tra la punta del bocchino e l’ancia (apertura), essa è indicata da un numero che va da circa 1 a 8 ed oltre, i numeri maggiori corrispondono ad una apertura più ampia.
L’ampiezza del movimento dell’ancia dipende da:

  • apertura
  • forza con cui viene spinta l’aria nello strumento. La pressione richiesta è data dal rapporto tra la durezza dell’ancia e l’apertura del bocchino. Più l’ancia è dura e più il bocchino è aperto maggiori sono il volume sonoro e lo sforzo da compiere. Se si esagera nella chiusura e/o nella morbidezza dell’ancia, quest’ultima tenderà a chiudere il passaggio dell’aria producendo un suono debolissimo.
    Ad esempio su un becco molto aperto un’ancia numero 3 è durissima, su un becco molto chiuso un’ ancia numero 3 è leggerissima..

Strumenti ad ancia semplice

  • Clarinetto075ance11L’ancia poggia con la tavola disposta sopra la finestra del bocchino tagliato a becco e viene fissata con la legatura, in modo che si trovi bloccata alla sua base ma libera di vibrare sulla punta.
    La legatura è costituita da un fascetta di metallo con una o due viti, essa deve assicurare saldamente l’ancia all’imboccatura, facendo in modo che non vi sia aria tra la tavola dell’ancia ed il piano d’appoggio.075ance12Il grado di durezza dell’ancia varia da 2 a 4.
    Dopo l’ancia c’è il barilotto cilindrico che fa risuonare le vibrazioni ed amplifica il suono.
  • Sassofono075ance13Ance simili al clarinetto.

Tecnica per suonare
Il suonatore tiene il bocchino in bocca in modo che l’ancia appoggi sul labbro inferiore, che viene a trovarsi sopra i denti inferiori e soffia. Il getto d’aria pone in vibrazione l’ancia e produce il suono. La pressione esercitata dai denti determina l’intonazione della nota emessa, mentre dalla posizione del labbro dipende la qualità del timbro.
Stringendo l’ancia si tende a far salire l’intonazione della nota; infatti, come precedentemente spiegato, se la lunghezza l di ancia che rimane libera è piccola, si ha che la sua rigidità k è alta e di conseguenza la frequenza di vibrazione è alta e l’ampiezza è bassa.
075ance14BATTENTE DOPPIA
Questa ancia è formata da due linguette sottili sagomate che combaciano ad una estremità, ma viene lasciata una breve fessura tra di esse, in questa fenditura penetra il soffio del suonatore. Sotto l’azione di questo soffio gli orli dell’ancia si chiudono e si aprono.
Strumenti ad ancia doppia

  • Fagotto075ance15L’ancia è inserita su un cannello metallico ritorto innestato nella esse.075ance16
  • Oboe075ance17Le ance sono simili a quelle dei fagotti, ma più lunghe e strette.
    Questo strumento non usa la esse, per cui l’ancia è unita ad un tubo di metallo, a sua volta circondato da un pezzo di sughero.
  • Corno inglese075ance18Ancia simile al fagotto.
  • Controfagotto075ance19Ancia simile al fagotto.

Tecnica per suonare
Per ottenere le vibrazioni delle due ance, lo strumentista deve stringere simultaneamente tra le labbra le lamelle; questo movimento richiede una tensione dei muscoli della bocca consistente e rende più difficile l’emissione del suono.
LIBERA
Essa è una sottile lamina in metallo, imperniata ad una estremità ad un telaio e libera di vibrare oscillando entro il telaio.
Strumenti ad ancia libera sono:

  • Fisarmonica
  • Armonica a bocca
  • Armonium

Questo tipo di ancia è stata trattata nell’articolo FISARMONICA
COSTRUZIONE
Solitamente le ance sono ricavate da pezzetti di fusto di canna comune, in alcuni casi da corteccia di albero e da frammenti di tubi di paglia particolarmente robusti; attualmente ci sono ance realizzate in plastica e in metallo, che a fronte di una maggior durata, offrono però un suono un po’ troppo aggressivo.075ance20Normalmente le ance vengono prodotte industrialmente ed i musicisti le adattano alle proprie esigenze limandole o ritagliandole con speciali utensili.
Fasi principali della costruzione dell’ancia semplice sono:

  • Sgorbiatura: si prendono i tubi di canna dal diametro scelto in base all’ampiezza della punta dell’ancia desiderata e si dividono in tre parti utilizzando la freccia.075ance21Si taglia la parte in eccesso e si adagia il pezzo nella parte concava della sgorbiatrice075ance22muovendo una pialla avanti ed indietro si raschia la canna ottenendo una sottile lamella
  • Sagomatura: si posiziona la lamella sulla forma della sagomatrice la si blocca e si fanno scorrere manualmente le lame poste sui lati della forma avanti e indietro fino a quando non si ottengono le dimensioni desiderate.

Esempio costruzione ancia doppia

  • la canna viene spaccata in lunghezza e 075ance23 le lamelle vengono immerse in acqua a temperatura ambiente e rimangono immerse sino a quando restano spontaneamente sul fondo075ance24
  • si traccia un segno a matita in corrispondenza della mezzeria del listello e lo si piega a metà, appoggiandolo ad una lama075ance25
  • si inserisce la canna su un apposito attrezzo (forma) e si tagliano i bordi con un taglierino075ance26
  • rimossa la canna dalla forma, si asporta la corteccia e si assottiglia la parte inferiore delle due metà, per agevolare la loro curvatura attorno alla base del cannello. Il tutto va eseguito con un coltello da scarto075ance27
  • si prepara il cannello di ottone inserito su un’apposita spina di forma leggermente ellittica in punta, in modo che la rotazione durante la fase di legatura sia impedita075ance28
  • la canna va posizionata sul cannello, accertando che le lamelle siano allineate con il cannello075ance29
  • legatura: iniziarla alla fine della zona conica, in modo che i bordi delle lamelle si sfiorino, alla fine bloccarla con dei nodi e proteggerla con smalto per unghie075ance30075ance31
  • separare le due lamelle unite nel punto dove erano state piegate, tagliando la punta con il coltello da scarto075ance32
  • scarto dell’ancia. Con questa operazione le due lamelle, assumono il profilo adeguato a produrre il suono desiderato. Per mezzo del coltello da scarto si riduce lo spessore della canna in determinate aree; in punta si usa una lamina a losanga che va infilata tra le due lamelle prima della loro lavorazione.075ance33

Lakmé – Delibes

MusicaMusica:       DELIBES CLÉMENT LÉO
Libretto:      Edmond Gondinet e Philippe Gille, dalla novella Rarahu ou Le Mariage de Loti di Pierre Loti Rarahu (1880) pseudonimo di Julien Viaud
Composto: luglio 1881 – marzo 1883
1^ rappresentazione: 14 aprile 1883
Teatro:        Operà-Comique di Parigi
Atti:             III
Personaggi

Gerardo
Frédérick
Nilakantha
Lakmé
Mallika
Hadji
Ellen
Rosa
Miss Benson
Uno zingaro
Un mercante cinese
Un ladro
ufficiale inglese
ufficiale inglese
prete Bramino
sua figlia
sua serva
servo indù
figlia del Governatore
sua amica
sua governante
/
/
/
Tenore
Baritono
Basso
Soprano
Mezzo soprano
Tenore
Soprano
Soprano
Mezzo soprano
Tenore
Tenore
Baritono
Ufficiali inglesi e signore, Hindoos, Bramini, Mercanti, compratori, musicisti, marinai, Cinesi, dervisci, danzatrici, fedeli indù Mercanti Coro

Introduzione
L’esotismo, in Francia fu una moda largamente diffusa nella seconda metà dell’Ottocento.
Per quanto riguarda la letteratura, si può far risalire questo stile, alla prima traduzione francese delle Mille e una notte curata da Galland, all’inizio del Settecento. Accanto agli scrittori classici come Théophile Gautier e Gustave Flaubert, si affiancò la più ordinaria prosa di Pierre Loti, i cui romanzi a sfondo marinaresco trovarono largo seguito presso i lettori.
Per quanto riguarda la musica, il primo capolavoro musicale esotico fu L’Africana di Meyerbeer, andata in scena nel 1865. D’allora, il teatro conobbe una fioritura di titoli che s’ispiravano ad un mondo di fantasia.
Delibes071lakme01Vita
Delibes nacque a Saint-Germain-du-Val nel 1836, figlio di un postino e di una musicista, nipote di un cantante lirico. Il padre morì quand’era bambino, per cui fu cresciuto dalla madre e dallo zio.
Nel 1871 sposò Léontine Estelle Denain.
Morì nel 1891 a Parigi e fu sepolto nel cimitero di Montmartre.
Carriera
Dal 1847 Delibes studiò pianoforte, organo, armonia, composizione (allievo di Adolphe Adam autore del balletto Giselle), al Conservatorio di Parigi.
Dal 1853 al 1865 fu accompagnatore pianistico al Théatre-Lyrique, contemporaneamente fu organista al Saint-Pierre-de-Chaillot e dal 1862 al 1871 al Saint-Jean e Saint-Francois. Inoltre fu dal 1881 professore di composizione al Conservatorio.
Esordì in teatro con l’operetta Deux sous de carbon nel 1856, seguirono le più famose L’omelette à la Follembuche nel 1859 e Le serpentà arrivò à plumes nel 1864.
Il compositore arrivò alla vera fama nel 1870 con il balletto Coppelia. Oltre al succitato balletto, musicò Sylvia (1876) e La Source (1866).
Delibes scrisse anche varie opere liriche, in ordine cronologico: Le boeuf Apis (1865), La cour du roi Petaud (1869), Le roi l’a dit (1873), Jean de Nivelle (1880), la famosa Lakmé (1883), Kaddya (1893).
Nel suo repertorio c’è anche una Messa, una cantata, musiche di scena, arie.
Musica
La musica di Delibes è caratterizzata da delicatezza, eleganza, grazia e morbidezza nella linea melodica, da un ritmo scintillante, da un’orchestrazione, curata nei minimi particolari, evocatrice a volte di un suggestivo colore esotico.
Il compositore, in parte sull’esempio di Bizet e Massenet, utilizza il colore locale soprattutto per caratterizzare i momenti magici e cerimoniali della vicenda.
Lakmé071lakme02Nel I atto prevale il misticismo.
La barcarola, Duetto dei fiori, tra Lakmé e Mallika è la pagina più famosa dell’opera.
Nel II atto c’è molto colore, coro e balletto.
In questo atto c’è la celebre aria Où va la jeune Hindoue, nota come aria delle campanelle, da sempre considerata un eccellente pezzo per soprano di coloratura; la protagonista si esprime attraverso un canto assai sfumato e tenero, che ben traduce musicalmente l’immagine di una una sacerdotessa indiana immersa in un giardino tropicale.
Nel III atto la musica riserva le pagine più seduttive affidate a Lakmé e all’ ufficiale inglese.
TRAMA
Atto I
Durante il dominio inglese in India, molti induisti vennero obbligati a professare la loro religione in segreto e clandestinità; per cui il bramino Nilakantha, nemico giurato degli inglesi, compie i riti in un tempio nascosto ai margini della giungla.
All’alba, Hadji e Mallika vanno ad aprire la porta agli indù per la preghiera e la benedizione del sacerdote, dopodiché i fedeli escono con raccoglimento.
Nilakantha lascia la figlia Lakmé nella pagoda santa, sotto la sorveglianza dei servitori e va in città per i preparativi della festa del giorno dopo, sarà di ritorno prima della fine del giorno.
Lakmé e la sua serva scendono al fiume a raccogliere fiori e per un bagno; prima di entrare in acqua, la figlia del bramino si toglie i gioielli e li appoggia sulla riva del fiume.
Nel frattempo giunge un gruppetto d’inglesi, composto da Ellen, Rosa, Miss Benson, Gerardo e Frédérick.
Essi vorrebbero entrare nel giardino sacro, ma Miss Benson cerca di dissuaderli; nonostante ciò, i giovani fanno una breccia di passaggio nel recinto per entrare nella proprietà. Frédérick riconosce il tempio del bramino Nilakantha e dichiara che sua figlia Lakmé è considerata una divinità.
Rosa ed Ellen vedono i gioielli e vorrebbero avvicinarsi, ma Miss Benson costringe il gruppetto ad allontanarsi, rimane solo Gerardo che, per accontentare l’amata Ellen, ne disegnerà uno schizzo.
L’ufficiale vede avvicinarsi Lakmé e si nasconde, ella lo scorge e grida di spavento, Mallika accorre, ma viene rimanda indietro dalla figlia del bramino.
Lakmé, seppur impaurita, è incuriosita da quell’uomo in divisa, i due giovani conversano e si innamorano.
All’arrivo del padre Gerardo si allontana.
Hadji mostra al Brahmane il recinto spezzato e Nilakantha giura vendetta.
Atto II
E’ quasi mezzogiorno ed in piazza sta svolgendo il mercato, i commercianti cinesi hanno chiuso gli affari e si apprestano ad andarsene. Ultimato il mercato inizia la festa, tra danze e folla che va ora di qua, ora di là. Tra la gente c’è il gruppetto di inglesi, nella confusione Miss Ellen ed il suo fidanzato si perdono.
Le Bayadères (danzatrici indiane) avanzano seguite della folla.
Nilakantha, travestito da penitente indù, arriva in piazza, fa la questua e la sua ragazza canta le devote leggende che gli indiani amano tanto; Nilakantha incita la figlia a continuare a cantare l’aria delle campanelle, in attesa dell’arrivo dello straniero. Alcuni ufficiali, tra cui Gerardo e Frédérick, ascoltano un po’ discosti. Gerardo si avvicina, Lakmé sviene dall’emozione e l’ufficiale si slancia per sostenerla: Gerardo si è tradito.
La folla, Frédérick e Gerardo si allontanano.
Il bramino ed i cospiratori si radunano. Il sacerdote spiega come, quando il corteo seguirà la Dea, egli designerà Gerardo con lo sguardo, in quel frangente l’ufficiale sarà separato dai suoi amici e colpito a morte da lui stesso.
Tutti si separano e restano Lakmé con Hadji.
Gerardo torna ad avvicinarsi e Lakmé lo invita inutilmente a nascondersi nella foresta in una piccola capanna di bambù.
Portano la dea Dourga, la dea dalle dieci braccia, i Bramini cantando si dirigono verso la Pagoda assieme ai Bayadères e vi entrano. Al termine della funzione, la processione esce e Nilakantha indica Gerardo ai cospiratori, compiuta l’azione, credendo di averlo ucciso, tutti si dileguano, accorre Lalmé e constata che Gerardo è solamente ferito.
Atto III
Hadji ha trasportato Gerardo nella capanna segreta della foresta.
Gerardo, che è curato amorevolmente da Lamé, si sveglia. L’innamorata gli spiega cosa è successo e lo avverte che andrà alla sorgente santa, per cogliere l’acqua sacra che benedirà la loro unione per sempre.
Mentre ella si reca alla fonte, sopraggiunge Frédérick che camminando sopra le alte felci sgualcite dal passaggio dell’amico, ha raggiunto il luogo segreto. Frédérick invita l’amico a fuggire, perché nel giro di un’ora il reggimento partirà, Gerardo tentenna ma alla fine conferma che andrà con i militari.
Al suo ritorno Lakmé si accorge che l’atteggiamento di Gerardo è cambiato, al canto dei soldati egli si distrae ed ella capisce che l’innamorato vuole abbandonarla.
La giovane va a cogliere un fiore di Datura velenoso e di nascosto da Gerardo lo mastica.
Entrambi bevono dalla coppa e giurano amore eterno, nel frattempo il veleno comincia a fare effetto.
Giunge Nilakantha che riconosce il soldato, il quale lo invita ad ucciderlo, ma la figlia dichiara che hanno bevuto tutti e due l’acqua che consacra eterno amore ed egli è protetto per sempre.
Lakmé muore.

CORO e CORISTI

051Coro00Definizione
Il coro è un complesso di persone che cantano insieme, a più voci o all’unisono, con o senza accompagnamento musicale.
La parola deriva dal latino chorus e dal greco χορός.
ORGANICI
I componenti sono chiamati cantori o coristi. Il direttore è detto Maestro del coro.
Voci
Il coro è composto da voci maschili:

  • tenori = estensione acuta maschile
  • baritoni = estensione intermedia maschile
  • bassi = estensione più grave della voce umana

voci femminili:

  • soprani = estensione più acuta della voce umana
  • mezzosoprani = estensione intermedia femminile
  • contralti = estensione più grave delle voci femminili

Altre distinzioni possono subentrare, a seconda delle sfumature di timbro o per diversità di estensione all’interno di ciascuna voce.
Esempi:
Soprano

  • drammatico = timbro robusto e pastoso con suoni scuri
  • leggero = voce acuta, limpida e cristallina
  • lirico = voce intermedia
  • coloratura = voce leggera (acuta e di timbro chiaro). Si distingue per la capacità tecnica di eseguire una serie di ornamenti virtuosistici su una parola o su una sillaba utilizzando al massimo l’agilità vocale

Basso

  • buffo = voce agile e chiara, specializzato nel repertorio comico (Dottor Bartolo nel Barbiere di Siviglia, Dulcamara ne L’elisir d’amore)
  • profondo = voce grave e molto scura (Sarastro ne Il flauto magico, Grande Inquisitore nel Don Carlos di Verdi)

A seconda del repertorio, le parti di soprano e contralto, possono essere cantate da bambini (voci bianche) o da cantanti di sesso maschile (contraltisti e sopranisti); questi ultimi cantavano in falsetto, oppure erano evirati o castrati.
Il coro si dice a VOCI PARI quando comprende esclusivamente voci:

  • maschili = virile

052Coro01

  • femminili = femminile

052Coro02

  • di bambini = voci bianche (diviso nei due registri di soprano e contralto)

052Coro03
Nel Rinascimento il coro a voci pari, si riferiva alla tessitura della composizione, che poteva esprimersi verso l’acuto o verso il grave, ad esempio SSAA (soprano, soprano, alto, alto), oppure ATTB (alto, tenore, tenore, basso) ecc.
052Coro04Oppure a VOCI DISPARI:

  • maschile e femminile = a voci miste

052Coro05

  • voci maschili e di fanciulli
  • così via

Numero coristi

  • grande: 80 – 100 elementi in poi
  • medio: 40 – 70 elementi
  • piccolo: da 2 o 3 voci, fino a 5 o 6 cantori (gruppi madrigalistici)

TIPOLOGIE

  • monodiche, ossia coro all’unisono, quando tutte le voci intonano la stessa melodia, come nel canto Gregoriano e Ambrosiano (medioevo)
  • polifoniche, ossia per due o più voci. In questo caso il coro è diviso in più sezioni, a seconda delle diverse estensioni vocali e ogni sezione canta una melodia diversa da quella degli altri.
  • etero fonico, ossia quando le voci del coro cantano contemporaneamente varianti della stessa melodia, tipico di certa musica popolare.
  • a cappella, ossia il coro che canta senza accompagnamento strumentale (o alla romana o alla Palestrina)
  • concertante, ossia quando è accompagnato da strumenti musicali

CONSIGLI ai CORISTI
Respirazione
Il miglior tipo di respirazione è quella diaframmatica, che oltre alla dilatazione dei polmoni, determina il riempimento della “pancia”, con il marcato abbassamento del diaframma.
Non sempre il segno della legatura nello spartito, assolve il compito della respirazione; in tal caso il maestro del coro decide quando e come si deve respirare.
Buona norma generale è quella di non contrastare la giusta declamazione del testo e di non spezzare la parola con il respiro.
L’inspirazione è bene che sia rapida, l’espirazione dovrà essere sempre lenta al fine di economizzare aria.
Per mantenere la stessa nota, serve una pressione maggiore, ad essa corrisponde una maggiore tensione delle corde vocali.
Pronuncia
Per una buona impostazione della voce e per una buona pronuncia si deve portare sempre la voce avanti nell’emissione delle singole vocali, un po’ come se si volesse spingere l’aria davanti.
Intonazione
Tendenzialmente si ha la propensione a calare.
Pericolosi per l’intonazione sono tutti i procedimenti per semitono cromatico ascendente che portano facilmente a crescere, mentre quelli discendenti a calare.
052Coro06Nemiche dell’intonazione sono anche le lunghe note comuni o ripetute poiché generano stanchezza e di conseguenza tendenza a calare.
Un’esecuzione veloce è più agevole di una lenta, poiché mantenere il fiato in costante altezza non è semplice.
Interpretazione
Interpretare una composizione vuol dire ricreare il pensiero dell’autore con la maggiore fedeltà possibile al suo spirito.
Mentre la mano destra del maestro, assolve principalmente il compito ritmico, la sinistra sostiene quello espressivo: dinamica, sfumature, preavvertimenti, ecc.
Di solito i maestri di coro dirigono senza bacchetta, per avere maggiore libertà nella varietà del gesto.
L’attacco viene diviso in due fasi:

  • attesa, al levare il coro respira contemporaneamente
  • attacco, al battere si ha l’attacco

Per gli attacchi in levare è opportuno studiare di volta in volta il miglior gesto.
I principali gesti sono i seguenti:

  • crescendo = gesto ampio
  • diminuendo = piccoli gesti
  • legato = gesti morbidi
  • staccato = rapidi scatti ottenuti con opportuna elasticità del polso.

In ogni caso il gesto del direttore resterà sempre un fatto soggettivo ed empirico.
Se la composizione prevede un attacco non contemporaneo delle voci, il direttore darà la nota solo alla voce che entrerà prima delle altre; in tal caso i cantori devono prendere la nota in relazione a quelle che precedono l’attacco.
L’attacco deve essere preciso, esatto nell’intonazione, nell’intensità e nel ritmo. Tutti devono attaccare senza incertezza. Da evitare la deprecabile abitudine di aspettare che siano gli altri ad attaccare per poi inserirsi con discrezione.
Qualche secondo di arresto, di pausa, fra inspirazione ed espirazione (apnea), determinerà attacchi più sicuri. L’ultima nota deve essere tenuta con la stessa intensità dal principio alla fine e poi staccata senza sforzo da tutti.
Colorito
Particolare cura è rivolta al fraseggio, paragonabile alla punteggiatura grammaticale, che deve essere studiato con estrema precisione e indicato sulla partitura con opportuni segni di legatura e di respiro.
I crescendo, i diminuendo e gli accenti devono essere proporzionati al contesto generale di quel che si sta cantando.
Disposizione del coro
Non esiste uno schema fisso e valido per ogni circostanza circa la disposizione delle voci di un coro.
Durante un concerto, la partitura deve servire al cantore solo per assumere un atteggiamento composto, oltre che per procurargli una certa sicurezza di ordine psicologico.

VOCE e CANTO

051Coro00TEORIA
Alcune spiegazioni che possono agevolare la comprensione dell’articolo.
Frequenza
Essa è il numero di cicli al secondo dell’onda sonora. Viene misurata in Hertz (Hz).
051Coro01Spettro del suono (*)
La voce umana genera un’onda complessa, il cui spettro di frequenza è caratterizzato da molte frequenze, ciascuna con una diversa ampiezza.
051Coro02L’intervallo di frequenze della voce umana è indicativamente collocabile tra i 100 ed i 1100 Hertz (100-900 Hz per quella maschile e 250-1100 Hz per quella femminile).
Risonanza (**)
Ogni sistema oscilla liberamente con una frequenza propria che dipende dalle sue caratteristiche geometriche, fisiche e chimiche.
La risonanza si manifesta quando una forza esterna agisce sul sistema con una frequenza uguale alla frequenza propria della struttura stessa. In tal caso il sistema riceve continuamente energia dall’esterno e può anche distruggersi.
Un esempio classico è quello del ponte di Takoma Narrows (1940), che aveva la frequenza propria coincidente con quella delle raffiche di vento: esso ha iniziato ad oscillare con un’ampiezza via via crescente fino alla sua crollo.
Risonanza acustica
Con lo stesso principio funzionano gli strumenti musicali che possiedono una cassa di risonanza o armonica (chitarre, violini,…). Il suono emesso dalle corde che vibrano è amplificato dalla cassa, che è progettata in modo tale da vibrare insieme all’aria, alle stesse frequenze generate dalle corde.
Esempio: se si percuote un diapason e lo si infila nella cassa armonica, si ottiene un suono molto più intenso di quello ottenuto dal diapason lasciato fuori alla cassa.
051Coro03Principio di Bernoulli (****)
051Coro04In base al principio della conservazione dell’energia, l’energia totale posseduta da un fluido è sempre costante.
Nel tubo di Venturi (figura sopra), entrambe le sezioni sono alla stessa quota, per cui l’energia potenziale ρ*g*y (ρ=densità; g=accelerazione di gravità; y=altezza), non viene considerata.
L’energia totale sotto forma di pressione è:
Ipotizzando il fluido incomprimibile (ρ=costante), la quantità d’aria che scorre attraverso le sezioni in un determinato periodo di tempo (quantità di moto), è sempre la stessa; quindi ad un restringimento dell’area, corrisponde un’accelerazione del fluido.
Essendo l’energia costante, ad un aumento della velocità, corrisponde una diminuzione della pressione.

VOCE
APPARATO VOCALE
Organi
L’apparato vocale è costituito da tutti gli organi che competono alla respirazione (polmoni, cassa toracica, trachea, laringe, faringe, cavità orale, fosse nasali).
Come gli strumenti musicali, esso è costituito da tre elementi fondamentali:

  • il motore costituito dai polmoni e le loro parti annesse (trachea, bronchi, diaframma); funziona come una pompa volumetrica = inspirazione ed espirazione.
  • l’elemento vibrante è costituito da una struttura cartilaginea detta laringe, al suo interno si trovano 2 corde vocali posizionate “orizzontalmente”, esse sono costituite da due elementi muscolo-tendinei rivestiti da una mucosa che “scivola” sul muscolo grazie ad un cuscinetto di gel definito “spazio di Reinke”.
    051Coro06Fra le due corde vocali rimane una fessura più o meno ampia: la glottide.
    051Coro07
  • l’elemento risonante è dato dalle cavità naturali di cui disponiamo; esse sono di forma complessa e di geometria variabile, grazie alla modificazione della forma delle parti molli (glottide, lingua, palato). Le componenti spettrali (*) fuori risonanza (**) dell’onda sonora entrante, attraversando le cavità vengono smorzate, mentre quelle prossime alla risonanza vengono esaltate.
    Il “risonatore” principale, la bocca, muovendosi ha la possibilità di variare il timbro (***) con continuità, proprio come se trasformassimo, senza soluzione di continuità, un clarinetto in un flauto.
    I suoni formatisi nella laringe vengono amplificati da:
    • cassa toracica: per i suoni più bassi
    • cavità orale: per quelli medi
    • cavità nasali: per quelli acuti

FUNZIONAMENTO

  • Il flusso d’aria continuo dai polmoni risale lungo la trachea.
  • Prima della fonazione la glottide è chiusa, per mezzo della tensione sviluppata dai muscoli. Nel caso di sola respirazione, le corde vocali sono in posizione “aperta”.
  • L’aria spinta dal diaframma, quando giunge all’estremità superiore della trachea, si infrange contro le corde vocali chiuse, a causa della pressione le corde si divaricano, lasciano passare un po’ d’aria e di conseguenza la pressione scende (principio di Bernoulli ) (****), questo provoca il risucchio delle corde che tornano ad congiungersi, il processo si ripete daccapo. Morale: le corde vocali sono un generatore di vibrazioni armoniche.

CANTO
REGISTRI
Per registro si intende una serie di suoni contigui e omogenei di uguale timbro, che vanno dal grave all’acuto, prodotti da una stesso meccanismo laringeo.
Il nome del registro dipende dalla posizione della cavità di risonanza:

  • di petto: si ha nei suoni più gravi
  • di mezzo: si ha nei suoni appartenenti alle note centrali della tessitura di una voce
  • di testa: si ha nei suoni acuti. Attualmente i suoni acuti che vanno al di là del registro proprio di voce, s’intendono il cantare in falsetto; mentre una volta s’intendeva una voce che superava la nota mi nella tessitura alta ed aveva un timbro chiaro, robusto, brillante

RESPIRAZIONE
Il termine respiro significa il momento in cui si prende fiato, nel pentagramma è indicato con una virgoletta.
051Coro08Il respiro è in stretto rapporto con il fraseggio e quindi al segno di legatura (i suoni devono essere eseguiti uno dopo l’altro, senza interruzioni) .
051Coro09ALTEZZA, INTENSITA’ e TIMBRO
La voce presenta le stesse caratteristiche dei suoni prodotti dagli strumenti musicali:

  • Altezza: dipende dalla frequenza delle vibrazioni delle corde vocali, che a sua volta dipende dalla tensione, lunghezza, spessore e fessura tra le corde. La quantità d’aria necessaria alla produzione della voce è molto piccola rispetto a quella necessaria alla respirazione.
    Nei maschi adulti le corde vocali sono lunghe circa 17-25 mm, mentre nelle femmine circa 12.5-17.5 mm; inoltre nelle donne la laringe è più minuta, per cui le vibrazioni prodotte hanno una maggiore frequenza e si generano tonalità più alte.
  • Intensità: è data dalla pressione con cui l’aria, dai polmoni, viene spinta sulla laringe e di conseguenza dall’ampiezza del movimento delle corde, unitamente all’effetto risonanza
  • Timbro (***): è una caratteristica intrinseca di una voce, dipende dalla conformazione dell’intero apparato fonatorio che varia da persona a persona ed ha il proprio spettro di frequenza d’onda complessa (*). Esempio: il suono di un trombone è diverso da quello di un clarinetto, anche quando suonano la stessa nota.
    Il timbro può essere:
    • nasale = l’aria risuona nelle fosse nasali a causa dell’abbassamento dell’ugola
    • velato = causato da noduli alle corde vocali, o dal fatto che le stesse non si chiudono perfettamente e quindi l’aria non riesce a farle vibrare
    • di testa = l’aria vibra nella bocca, nella faringe e nelle fosse nasali
    • ecc.

PRONUNCIA
Nel canto le vocali si esprimono in ordine di timbro scuro verso quello chiaro in questa successione: U-O-A-E-I .
Le vocali dovrebbero essere pronunciate nei seguenti modi:

  • U con labbra arrotondate ma non troppo chiuse, poiché in tal caso il suono tenderebbe ad essere cavernoso o “ingolato”, la U è la più naturale delle note basse
  • O con la bocca e le labbra leggermente aperte
  • A richiede maggior apertura della bocca; con la A si ottiene l’emissione più consona all’apparato vocale, è dunque la vocale più idonea per l’esercizio del vocalizzo.
  • E con la bocca allargata verso i fianchi con la lingua poggiata sui denti inferiori
  • I con un appoggio più deciso della lingua sui denti chiudendo leggermente la bocca, un’eccessiva chiusura produrrebbe un suono stridulo. La I è la più naturale delle note acute

Le consonanti, a differenza delle vocali, sono rumori provocati dalla lingua, palato, denti e labbra che ostacolano l’emissione di una vocale.
Esse vengono classificate in:

  • labiali: b – p – f – m – v;
  • linguali: d – t – l – n – r – s – z – c – g – gn;
  • gutturali: gh – q – ch.

A seconda della diversa disposizione delle parole, il canto si distingue in:

  • sillabico: ad ogni nota corrisponde una sillaba;
  • vocalizzato: vengono cantate più note sopra una sola sillaba.

AGOCICA e DINAMICA
L’agogica (dal latino ago = conduco) è l’insieme delle leggere oscillazioni di tempo nel discorso musicale volute dall’espressione e dall’interpretazione. All’agogica appartengono i termini rallentando, accelerando, stringendo, allargando, ecc.
La dinamica (dal greco dynamis = forza) è l’aspetto che riguarda l’intensità del suono.
Sul pentagramma è segnata con la seguente simbologia:

  • ppp = pianissimo estremo
  •   pp = pianissimo
  • mp = mezzopiano
  •     p = piano
  • fff = massima gradazione di intensità
  •   ff = fortissimo
  •    f = forte
  • mf = mezzoforte

051Coro10Tra i segni dinamici vanno incluse anche le loro trasformazioni, come il crescendo, il diminuendo.
051Coro11ANDAMENTO
Rappresenta la velocità di esecuzione di un brano musicale.
COLORITO
Il colorito consiste nel dosare opportunamente le intensità di suono.

Disposizione ORCHESTRA SINFONICA

MusicaL’orchestra è divisa in sezioni chiamate famiglie, le quali hanno all’interno dell’orchestra una attività precisa.
Esiste una sorta di gerarchia tra di loro:

  • gli archi, che hanno il maggior peso nell’orchestra, sono in primo piano;
  • gli ottoni stanno dietro agli archi, sia perché il loro suono è più potente, sia perché la loro funzione nell’orchestra prevede una minore partecipazione;
  • le percussioni sono gli strumenti posizionati più lontano e sono i meno numerosi.

Il direttore d’orchestra guida il gruppo interpretando lo spartito.
LE SEZIONI
Archi
Gli archi formano l’ossatura dell’orchestra sinfonica e sono suddivisi in: violini primi e secondi, viole, violoncelli e contrabbassi.
I violini primi sono gli strumenti che hanno la parte di maggior rilievo e di maggiore difficoltà. Il ruolo di primo violino è quello di più grande prestigio in tutta l’orchestra e per tale ragione è posizionato in prima fila a sinistra del direttore, mentre il primo violoncello è alla destra del maestro.
Per ragioni di equilibrio sonoro, un’orchestra con venti violini primi avrà in genere diciotto o venti violini secondi, quattordici viole, dodici violoncelli e otto contrabbassi.
Legni
Questi sono suddivisi in: flauti, oboi, clarinetti e fagotti, ciascuno dei quali suona una parte diversa.
Di solito ci sono due esecutori per strumento; nel caso di tre strumenti per gruppo, il terzo esecutore in suona uno strumento ‘collegato’: l’ottavino (flauto), il corno inglese (oboe), il clarinetto basso (clarinetto) e il controfagotto (fagotto).
Ottoni
Questi sono suddivisi in: quattro corni, tre trombe e tre tromboni.
A volte si aggiungono la tuba, il trombone basso.
Percussioni
Questi sono suddivisi in: tamburo militare, grancassa, timpani, piatti, triangolo, ecc.
Nella musica del Novecento troviamo composizioni che richiedono anche dieci o più percussionisti.
Di solito vengono impiegati uno o due musicisti, ciascuno dei quali si occupa di diversi strumenti.
Arpe
A questi gruppi, in alcuni casi, si affianca una coppia di arpe.
DISPOSIZIONE degli STRUMENTI
La disposizione di un’orchestra sinfonica dipende in massima parte dalla partitura, dalla scelta degli strumenti ed in minima parte anche dallo spazio di cui si dispone. In ogni caso il posto degli orchestrali è stabilito dal direttore.
Archi
Americana
044Orchestra01Il direttore ha i violini primi e secondi, le viole ed i violoncelli disposti nell’ordine da sinistra verso destra, con i contrabbassi subito dietro i violoncelli.
In questa disposizione c’è una separazione abbastanza netta tra le sezioni alte (violini e viole) sulla sinistra e quelle basse (violoncelli e contrabbassi), sulla destra del palco.
Variazione Fürtwangler
Della disposizione americana, esiste una variante, utilizzata per primo dal direttore d’orchestra succitato: in questa i violoncelli e le viole sono invertiti di posizione rispetto al direttore.
044Orchestra02Europea
044Orchestra03I violini primi sono a sinistra del direttore, i secondi a destra, i violoncelli e le viole al centro, con i contrabbassi dietro i violoncelli ma leggermente spostati a sinistra del direttore.
In questa disposizione c’è un maggiore bilanciamento tonale/spaziale, con le sezioni basse provenienti dal centro del palco e maggiormente distanti dell’impianto di diffusione.
Orchestra
Qui sotto è illustrata una delle disposizioni più comuni che si possono trovare sul palcoscenico.
044Orchestra04La sezione gialla indica timpani e percussioni, la sezione azzurra ottoni, la sezione verde i legni, quella viola gli archi; sul podio il direttore d’orchestra.
Primi e secondi violini si trovano abitualmente alla sinistra del direttore, le viole, i violoncelli e i contrabbassi sulla destra.
I fiati sono di fronte al direttore, ma dietro gli archi, e le percussioni in fondo.
Un altro tipo di disposizione è quello illustrato sotto.
044Orchestra05Le viole sono al centro in prima fila, gli ottoni sulla sinistra in quarta fila e i corni e le percussioni sono meno in evidenza, una disposizione quindi più in linea con le composizioni classiche di Mozart o Beethoven.
Di solito il palcoscenico per i concerti di musica classica è digradante, in modo che le file posteriori possano vedere il direttore d’orchestra, e in generale per facilitare l’amalgama del suono.

FISARMONICA: Tipi

MusicaBajan
039Fisarmonica01E’ una fisarmonica cromatica a bottoni sviluppata in Russia all’inizio del XX secolo, il nome deriva dal bardo Boyan (XI sec.)
Il bajan differisce dalle comuni fisarmoniche a bottoni in alcuni dettagli costruttivi:

  • le ance sono più ampie e sono spesso attaccate su una piastra comune a gruppi
  • la tastiera del canto è posizionata  vicino alla metà del corpo, invece che attaccata alla parte posteriore
  • le tastiere a bottoni o “per terze minori” (così dette perché due bottoni adiacenti in senso verticale sono a distanza di terza minore), possono essere od occidentali o russe039Fisarmonica02
  • la fila di bassi con gli accordi di settima diminuita è spostata di modo che, rispetto al sistema di bassi Stradella, al posto dell’accordo di do si trovi quello di sol settima diminuita
  • in alcuni modelli è disponibile il sistema converter, grazie al quale è possibile utilizzare i bassi sciolti oltre a quelli standard
  • il timbro del bajan è differente rispetto alla fisarmonica, specialmente per quanto riguarda i bassi che sono più potenti.

Per l’estensione e la pulizia del suono, i bajan vengono spesso scelti dai virtuosi della fisarmonica che eseguono musica classica o contemporanea.
Organetto
039Fisarmonica03Lo strumento è diatonico.
L’organetto porta su entrambi i lati dei bottoni:

  • il numero dei tasti della mano destra può variare da 12 a 33, ordinati in una, due o tre file e le note sono ordinate per scale diatoniche (5 toni e 2 semitoni)
  • il numero dei tasti della mano sinistra può variare da un minimo di 2 a 12, ordinati in due file

Tra i vari tipi di organetto, quelli più utilizzati nella musica tradizionale italiana sono l’organetto a 2 bassi e l’organetto a 8 bassi, pur essendo diffusi anche i tipi a 4 e a 12 bassi.
Concertina
039Fisarmonica04La forma più tipica dello strumento è quella esagonale, ma esistono alcuni modelli sia con otto che con dodici lati.
Lo strumento è diatonico.
Le ance, all’interno dello strumento, sono distribuite in maniera radiale, costeggiando quindi i bordi della cassa armonica ed ogni tasto seleziona una sola ancia.
Inizialmente la concertina fu impiegata nell’ambito della musica colta, in seguito fu suonata nel folclore delle isole britanniche, e si diffuse anche in America, Sudafrica e Australia.
Modelli
Inglese
039Fisarmonica05Lo strumento è cromatico.
In genere ha 48 tasti divisi tra i due lati, disposti in quattro file verticali sfalsate. Le note sono posizionate in modo alterno: quelle scritte sulle linee del pentagramma si trovano in un lato e quelle scritte sugli spazi nel lato opposto. In ogni lato le due file centrali suonano le note naturali e le due laterali le alterazioni.
La disposizione è pensata per facilitare la lettura dello spartito, essendo lo strumento originariamente concepito per eseguire musica colta.
L’estensione standard è di tre ottave e una quarta.
Lo strumento è sorretto dai pollici del musicista tramite lacci regolabili in pelle, mentre due “L” metalliche permettono ai mignoli di reggere parte del peso.
Anglo-tedesca
039Fisarmonica06Lo strumento è diatonico.
Nasce come ibrido tra la concertina inglese e l’organetto diatonico tedesco. Può avere due o tre file orizzontali di cinque bottoni per lato, per un totale di 20 o 30 tasti.
Nel lato destro ci sono le note acute, in quello sinistro ci sono le note basse.
Nella concertina a 20 bottoni la disposizioni delle file è:

  • 1^ scala diatonica maggiore a distanza di una quarta, di solito in DO M o SOL M
  • 2^ una quinta più in alto, cioè SOL M o RE M039Fisarmonica07

Nella concertina a 30 bottoni si ha:

  • 1^ e 2^ uguali a concertina 20 bottoni
  • 3^ fila sopra alle altre due, fornisce le alterazioni, rendendo lo strumento cromatico.

Lo strumento presenta due lacci regolabili in pelle in cui le mani del musicista, lasciando fuori i pollici, si inseriscono. Il pollice destro è usato per un bottone laterale dell’aria che permette di chiudere il soffietto senza produrre suono.
Duet
Questo strumento presenta aspetti di entrambi gli altri modelli: è cromatica, bassi e acuti sono separati similmente alla concertina Anglo.
Esistono diverse disposizione dei tasti, a seconda dei costruttori, quelli più popolari sono: McCann, Crane (o Triumph), Jeffries, e il più recente Hayden.
Bandoneón
039Fisarmonica08Nacque originariamente come strumento per la musica sacra, per accompagnare i canti durante le processioni, in contrasto con la Concertina, strumento considerato più popolare. Agli inizi del XX secolo, gli emigranti tedeschi portarono questo strumento in Argentina, dove incontrò grande successo.
Il bandoneón è diatonico.
Su entrambi i lati ci sono bottoni, così suddivisi:

  • 38 per la mano destra
  • 33 per la mano sinistra

Ogni tasto emette un suono e per comporre un accordo è necessario premere più tasti assieme.
Lo schema dei tasti non ha sequenza scalare di note, alcuni dei bottoni adiacenti sono disposti a formare triadi: per esempio, i bottoni sotto tre dita vicine possono produrre i suoni LAb, DO e MIb quando lo strumento è compresso, e SOL, SIb e REb quando è aperto. Questo rende più facile eseguire una semplice melodia, ma abbastanza difficoltoso suonare dei passaggi scalari elaborati.
Il bandoneón cromatico è simile alla fisarmonica cromatica.

Link:
FISARMONICA: teoria, storia
FISARMONICA: cromatica – pianoforte – diatonica

FISARMONICA: cromatica, pianoforte, diatonica

MusicaFunzionamento
La fisarmonica è uno strumento musicale a mantice, ad ancia libera.
Il principio di funzionamento è il medesimo dell’organo: comprimendo od espandendo il mantice e premendo tasti, si sollevano delle valvole che lasciano scorrere l’aria attraverso le ance. Le vibrazioni delle ance producono la nota corrispondente al tasto premuto.
Ad ogni tasto corrisponde un suono, prodotto da 2, 3 o 4 ance, che vibrano insieme per dare più potenza al suono e anche per poter ottenere registri diversi.
L’antico nome per questo strumento era “harmonika”, dal termine Greco ‘harmonikos’, che significa armonico, musicale.
Classificazione
La fisarmonica può essere classificata in base al modo di suonare:
– a bottoni dette cromatiche (Es. 52 bottoni e 80/120 bassi). Di solito è dotata di cinque file di bottoni: le prime tre file partendo dall’esterno   riproducono tutta la scala cromatica; le altre due sono facilitazioni e ripetono le prime due
038Fisarmonica01– a tastiera dette a pianoforte (Es. 41 tasti e 120 bassi). Il primo DO dell’ottava giusta corrisponde al DO centrale del pianoforte038Fisarmonica02In base ai suoni prodotti in apertura e chiusura del mantice:
cromatica se i suoni ottenuti aprendo o chiudendo il mantice risultano essere uguali
diatonica se i suoni ottenuti aprendo o chiudendo il mantice risultano essere diversi
038Fisarmonica03Contrariamente a quello che si possa pensare, la fisarmonica nasce e si sviluppa cromatica, solo verso gli inizi del ‘900 cominciano a comparire ed a svilupparsi i modelli a pianoforte.
COMPONENTI
La fisarmonica è composta dalle seguenti parti principali:
Mantice
038Fisarmonica04Il mantice è collocato nella parte centrale della fisarmonica ed è fissato nelle sue due estremità alle casse armoniche; è costituito da cartone pieghettato ricoperto di tela o di stoffa, con in più cuoio e metallo. Si usa per creare pressione e vuoto, indirizzando l’aria tra le ance interne.
E’ il cuore “espressivo” della fisarmonica ed ha le seguenti funzioni fondamentali:
– fornisce l’aria che, passando attraverso le ance, crea il suono dello strumento
– a seconda della pressione dell’aria, proporzionale al movimento del suonatore, il mantice crea l’espressione del piano e del forte
CASSE ARMONICHE
038Fisarmonica05Sono costituite da due scatole di legno fissate alla loro estremità al mantice.
Quando si preme un tasto, si attiva il cinematismo delle leve che sollevano la valvola corrispondente; l’aria può quindi scorrere attraverso i fori le ance.
038Fisarmonica05ALa figura sopra è riferita all’organo, ma il principio di funzionamento è il medesimo.
All’interno delle casse ci sono i seguenti componenti:
Somiere
Simili a delle grandi armoniche a bocca, sono costituiti da una struttura in legno, con una o più serie di buchi, ciascuno corrispondente ad un tasto della tastiera. Al somiere vengono fissate due piastre di alluminio con le ance e le valvole montate. Ad ogni foro corrisponde una valvola ed una o più ance.
038Fisarmonica06038Fisarmonica07Ancia
È il cuore sonoro della fisarmonica; è costituita da una lamina di acciaio, fissata ad una estremità alla piastra porta ance e libera di vibrare all’altra estremità. Le ance devono essere due per ogni nota, l’una in senso opposto all’altra, in modo che lo strumento suoni la stessa nota sia aprendo (tirare) che chiudendo (spingere) il mantice.
038Fisarmonica08Ogni ancia è dotata di una striscia di pelle, detta pellicina, che funge da valvola di ritegno.
Queste valvole regolano il flusso dell’aria e fanno in modo che le ance possano vibrare solo quando l’aria proviene da una direzione, bloccandone il flusso dall’altra.
Voci
Le voci sono una serie di ance montate insieme sullo stesso somiere. Esse sono accordate sulla stessa nota fondamentale, in modo da costituire una serie omogenea per timbro.
Dalle voci dipende la qualità ed il rendimento (volume) dello strumento.
Registri delle ance
I registri sono pulsanti disposti in una fila di tasti collocati vicino al mantice dalla parte destra (canto) e dalla parte sinistra (bassi).
038Fisarmonica09I registri azionano delle lamine perforate scorrevoli, poste in fondo alla cassa il cui scopo è aprire o chiudere tutta una serie di ance, in modo che 2, 3 o 4 ance vibrino contemporaneamente, altre siano eliminate, con combinazioni differenti, in modo da ottenere timbri diversi.
038Fisarmonica10I registri funzionano attraverso delle leve che controllano quale combinazione di ance viene usata, dai timbri più alti, a quelli più bassi.
Più voci ha una fisarmonica più registri può avere e questo aumenta le capacità espressive dello strumento, a discapito però del peso e della maneggevolezza. Con tre voci possiamo avere 7 combinazioni, con quattro abbiamo ben 17 combinazioni possibili.
Sopra ogni bottone dei registri, sono riportati dei “pallini” posizionati in vari punti. Questi indicano le ance, che vengono messe “in funzione” dal registro selezionato.
038Fisarmonica11All’esterno delle casse ci sono i seguenti componenti:
Griglie
Sono disposte su ogni lato delle casse e servono per l’ingresso e l’uscita dell’aria, di solito la griglia per la mano destra è la più grande.
File di BOTTONI o TASTI della tastiera
Cassa destra
La fisarmonica a pulsanti cromatica e il bayan, una variante Russa, usano una pulsantiera dove le note sono organizzate in maniera cromatica.
038Fisarmonica13La fisarmonica a pulsanti diatonica usa una pulsantiera limitata alle note delle scale diatoniche in un piccolo numero di chiavi.
038Fisarmonica14La fisarmonica piano usa una tastiera musicale simile a un piano, le alterazioni sono posizionate vicino al mantice.
038Fisarmonica15La mano destra normalmente è dedicata alla melodia e la sinistra all’accompagnamento.
cassa sinistra
La parte interna è simile alla cassa armonica destra, nella parte esterna ci sono le file dei bottoni dei bassi.
Struttura dei Bassi: Sistema Stradella o bassi standard
038Fisarmonica16(nella figura sopra manca la diminuita)
Solitamente ci sono sei file verticali. Le prime due, quelle dalla parte del mantice, sono note singole (Contrabbassi e Bassi), alcune note (Es. MI, DO) hanno pulsanti con concavità o perni per permettere al musicista di identificarle anche senza vederle, le restanti quattro suonano accordi di tre note che costituiscono gli accordi maggiori, minori, di settima e diminuiti.
Tutti gli accordi su una fila obliqua sono riferiti alla fondamentale che si trova sulla seconda fila verticale.
Per le fisarmoniche con 5 file, i bassi possono essere 40, 60, e 80, mentre per quelle con 6 file possono essere 48, 72, 96 e 120; le fisarmoniche sono spesso indicate con il numero dei bassi.
Tenendo conto che un’ottava è divisa in dodici mezzi toni, per suonare tutti i suoni fondamentali di un’ottava ed i relativi accordi, servono almeno 6 X 12 = 72 bassi.
Sistema bassi sciolti o free bass
Queste fisarmoniche hanno un dispositivo chiamato “converter” il quale consente, tramite un complicato meccanismo, che tutti i bottoni degli accordi producano note singole.
Ciò permette anche alla mano sinistra di suonare come la destra. Esse vanno bene per suonare più facilmente le melodie con la mano sinistra e sono spesso scelte per suonare la musica classica che prevede quattro o più voci.
Cinghie
Le fisarmoniche hanno due cinghie per le spalle per bilanciare meglio il peso, avere un miglior controllo sul mantice mentre si è seduti ed evitare di lasciar cadere lo strumento mentre si è in piedi.
La fisarmonica diatonica a pulsanti, può avere un’unica cinghia per la spalla e una piccola cinghia per il pollice della mano destra.

Link:
FISARMONICA: teoria, storia
FISARMONICA: Tipi

FISARMONICA: teoria, storia

MusicaUn po’ di TEORIA
SCALE
Scala cromatica
La scala cromatica è composta da tutti i dodici semitoni (intervallo minimo tra due note) e cioè Do, Do#,Re,Re#,Mi,Fa,Fa#,Sol,Sol#,La,La#,Si. I 12 suoni sono equidistanti fra loro.
Scala diatonica
La scala diatonica è formata da sette delle dodici note che compongono la scala cromatica, le alterazioni non si considerano. I sette intervalli che la compongono sono cinque toni e due semitoni.
ACCORDO
Tre o più suoni prodotti simultaneamente creano l’accordo.
I suoni vanno letti dal grave all’acuto, il suono più grave si dice fondamentale e dà il nome alla triade.
037Fisarmonica01Ad esempio, sovrapponendo i tre suoni DO-MI-SOL si crea una triade, chiamata triade di DO, la cui fondamentale è DO, il MI costituisce la terza e il SOL la quinta.
Gli accordi maggiori sono formati da una triade composta da una terza maggiore (DO-MI) e una minore (MI-SOL).
Per indicare un accordo maggiore si può scrivere: M, +, Ь (russa) o addirittura tralasciare l’indicazione.
Gli accordi minori sono formati da una triade composta da una terza minore (DO-MIb) e una maggiore (MIb-SOL).
Per indicare un accordo minore si può scrivere: m, min, , M (nella scrittura russa).
037Fisarmonica02Le triadi maggiori e minori hanno un carattere espressivo molto diverso.
Gli accordi diminuiti sono formati da terze minori (DO-MIb-SOLb).
Per indicare un accordo diminuito si può scrivere: d, dim, ver o v (in tedesco che sta per vermindert), Y (nella scrittura russa) o anche un pallino ‘°’ (scrittura più jazzistica).
037Fisarmonica03Gli accordi di settima sono formati sovrapponendo all’accordo base, degli intervalli armonici di terza.
037Fisarmonica04Questi accordi sono detti di settima, dall’intervallo che separa il fondamentale dal suono più acuto.    
Per indicare un accordo di settima si scrive 7.
Costruendo le triadi sulle note di una scala bisogna tener conto delle alterazioni.
Scrittura sul pentagramma
Il modo più semplice di scrittura consiste nel segnare solamente una nota, ad un’ ottava più acuta di quella dei bassi, che indica la fondamentale dell’accordo.
037Fisarmonica05Il secondo modo è quello di scrivere tutti e tre i suoni che formano l’accordo. In questo caso a volte si può evitare di scrivere con sigle di che accordo si tratta.
037Fisarmonica06Spesso nella musica popolare si omette la scrittura della mano sinistra, si pone una sigla sulla melodia e sta al musicista arrangiarsi a scegliere ed eseguire la giusta formula ritmica.
QUINTE
Il circolo o ciclo delle quinte è un grafico utilizzato nella teoria musicale per mostrare le relazioni tra le dodici note che compongono la scala cromatica.
037Fisarmonica07Per esempio partendo dal Do maggiore, che non ha alterazioni in chiave, ci spostiamo sul Sol che ha un diesis in chiave (Fa♯), il Re maggiore ha due diesis (Fa♯ e Do♯) e così via. Si deve tener conto che gli intervalli devono essere T T S T T T S (T=Tono, S=Semitono)
MELODIA ed ARMONIA
037Fisarmonica08Melodia
Successione di suoni secondo un determinato ritmo, che nel contesto esprimono un’idea musicale.
Armonia
Più accordi che si succedono creano l’armonia.
CHIAVE
Segno musicale posto all’inizio del rigo o pentagramma per definire graficamente l’altezza delle note. Le chiavi sono sette; quelle usate più comunemente sono quelle di violino (figura sopra) e di basso.
TIMBRO
Il timbro è l’impronta che un certo strumento dà al suono. E’ quindi quella caratteristica che ci permette di distinguere, per esempio, il suono di un violoncello da quello di un corno.
SUONO dell’ANCIA
Nella fisarmonica i suoni vengono prodotti da ance metalliche che vibrano stimolate da un flusso d’aria prodotto dal movimento del mantice.
Il suono di un’ancia dipende dalla frequenza (f) con cui vibra. 037Fisarmonica08Af = frequenza naturale o frequenza propria che si manifesta in ogni sistema in vibrazione
k = costante di proporzionalità, rappresenta la rigidezza dell’ancia
m = massa
Ad esempio un’ancia pesante, cioè lunga o spessa, vibrerà lentamente e di conseguenza produrrà un suono grave; viceversa un’ancia rigida o corta o leggera produrrà un suono acuto.
VOCI
Voce: significa una serie di ance accordate sulla stessa nota fondamentale, omogenea per timbro; quindi una fisarmonica può essere a 2 – 3 – 4 voci a seconda del numero di ance che suonano assieme selezionando il registro mastro o master.
Esse vengono contrassegnate con due numeri romani che indicano il numero di voci, prima della mano destra, poi di quella sinistra. Le fisarmoniche da studio e da repertorio popolare, in genere sono III – III o III – II; i fisarmonicisti tendono a preferire le fisarmoniche in III – IV o III – V o IV – V.
Le voci possono essere contrassegnate con dei pallini.
037Fisarmonica08BREGISTRI
Le ance della fisarmonica sono organizzate in diversi “registri” che consentono di ottenere timbri differenti; questi rappresentano la voce o l’insieme di voci che il musicista sceglie di utilizzare in un brano (Es. soprano, fagotto, clarinetto, flauto, ecc. come da figura sopra).
Non bisogna mai confondere il nome delle combinazioni con il, a volte identico, nome delle voci.
La numerazione in piedi inglesi nella fisarmonica, è simile a quella delle canne dell’ organo che determinano le altezze dei registri. Quindi un registro da 8′ suonerà un’ ottava sopra al registro da 16′ e un’ ottava sotto ad un registro da 4′.
STORIA
Nel 1829 a Vienna Cyrill Demian e figli brevettarono uno strumento musicale con il nome di accordeon.
037Fisarmonica09Questa fisarmonica assomiglia poco a quelle moderne; ha solo una pulsantiera per la mano sinistra, mentre la destra aziona semplicemente il mantice. Una delle caratteristiche di questo strumento, fu la possibilità di suonare un intero accordo e due diversi accordi, uno per ogni direzione del mantice, semplicemente premendo un tasto.
Nello stesso anno in Inghilterra, Charles Wheatstone, inventa il symphonium, un ad ance libere, in varie forme, una delle quali divenne la concertina.
Il Symphonium è simile all’armonica a bocca: il suono si genera soffiando su canne di metallo sottile, attraverso un solo foro e trovando le singole note premendo i bottoni posizionati sui lati.
037Fisarmonica10In Italia la fisarmonica viene riprodotta per la prima volta a Castelfidardo (provincia di Ancona), “patria” incontrastata di questo strumento, per merito di Paolo Soprani nel 1864.
Nel 1876 Mariano Dallapé crea a Stradella, (provincia di Pavia), la prima fisarmonica polifonica dalla quale “discendono” tutte le fisarmoniche attuali.
Questo strumento fu apprezzato nei salotti della borghesia della metà del XIX secolo, si trasformò in strumento popolare solo alcuni decenni più tardi grazie al suo modesto costo.

Link:
FISARMONICA: cromatica – pianoforte – diatonica
FISARMONICA: Tipi

STRUTTURE basilari della CANZONE

MusicaLe forme principali delle canzoni sono:
STROFA-RITORNELLO
In queste canzoni il punto di maggior piacere nell’ascolto non arriva subito, ma segue il percorso strofa (verse) e ritornello (chorus), che viene ripetuto diverse volte con variazioni, magari con riff strumentali che richiamano ora la strofa ora il ritornello, e con cambi di tonalità.
Le canzoni melodiche dei paesi latini, sono gli esempi classici della forma strofa-ritornello, come: “Azzurro” di Adriano Celentano, “Che sarà” di Jose Feliciano.
Strofa
La strofa che si contrappone al ritornello, ha la funzione di esporre il contenuto o la storia che racconta il brano.
Ecco le caratteristiche principali della strofa:

  • segna l’inizio del canto
  • è costituita da 8 o 16 battute
  • ha una melodia non troppo alta (acuta) ed è costituita da sequenze di accordi piuttosto semplici
  • l’orchestrazione è relativamente leggera e tranquilla

Ritornello o Inciso o refrain
Come dice il nome stesso questa parte si ripete più volte nei brani, uguale o leggermente variata o con cambi di tonalità.
Si contrappone alla strofa perché è il punto in cui la composizione raggiunge la massima intensità.
Spesso è la parte più orecchiabile e riconoscibile dell’intero brano, quella che attira l’attenzione di chi ascolta.
Normalmente il testo indica il momento più importante della storia.
027Canzone1CHORUS-BRIDGE
In queste canzoni si alternano una parte principale e una secondaria, che rispettano però le caratteristiche di un ritornello (chorus) con un inciso (bridge).
Il punto focale del pezzo, contrariamente alla tipologia strofa-ritornello, è collocato subito all’inizio del brano, in modo esclamativo, e non discorsivo. Il piacere è immediato, la canzone in forma chorus-bridge è spesso breve e l’elemento più importante pian piano va a sfumare.
Questo schema viene comunemente utilizzato nella musica rhythm and blues, jazz, dance.
Esempi classici di canzoni in forma chorus-bridge sono quelle dei Beatles, canzoni italiane: “Mi ritorni in mente” o “Balla Linda” di Battisti
Chorus
Parte principale della canzone, che generalmente contiene il titolo ed altre parti del testo che possono ripetersi. È grossomodo l’equivalente del concetto italiano di ritornello.
Bridge  o Ponte musicale
Il suo compito è quello di collegare due chorus, può essere sia vocale che strumentale.
Il bridge è breve, di solito è costituito da sequenze di 2 accordi.
027Canzone2FORMA UNICA
Sono senza alternanza fra le diverse parti; le strofe (verse) sono ripetute varie volte. In queste canzoni cambia il testo delle strofe, ma non la musica, come accade nelle filastrocche o canzoni popolari.
Un esempi è la “Canzone del sole” di Lucio Battisti, costruita su un’alternanza di soli tre accordi.

TERRE di GIUSEPPE VERDI

Nascita
Giuseppe Fortunino Francesco nasce a Roncole di Busseto, nel Ducato di Parma, il 10 ottobre 1813 da Luigia Uttini e Carlo Verdi. Il padre gestisce un’osteria con annessa bottega di generi vari e lavora i propri campi; la madre è filatrice. La famiglia seppur modesta, non è analfabeta, spesso i locandieri leggono le lettere a chi non era in grado di farlo.
Casa NataleCasa natale: sulla facciata della casa una lapide del 1872 ricorda che i proprietari, i marchesi Pallavicino vollero che la dimora rimanesse com’era allora.
Infanzia
Giuseppe fin da bambino prende lezioni di musica dall’organista della chiesa di San Michele, Pietro Baistrocchi, esercitandosi su una vecchia spinetta che gli ha regalato il padre; inoltre fa pratica nella chiesa di Busseto.
Gli studi
Antonio Barezzi, droghiere benestante di Busseto e grande appassionato di musica, accoglie Verdi, all’età di 12 anni, nella propria casa e gli paga gli studi. Il giovane frequenta il ginnasio, studia musica con il maestro Ferdinando Provesi, direttore della Società Filarmonica e latino con il canonico Seletti. La prima esibizione pubblica del giovane, risale al febbraio 1830, nel Salone della casa sede della Filarmonica Bussetana.
Casa BarezziMuseo Casa Barezzi: qui tutto parla del compositore: il pianoforte, il ritratto di Antonio Barezzi e quello a carboncino del giovane Verdi, le lettere autografe, ecc.
Nel 1831, aiutato da Barezzi, decide di iscriversi al Conservatorio di Milano, ma non riesce a superare l’esame di ammissione per “scorretta posizione della mano nel suonare e per raggiunti limiti di età”. Nel 1832 grazie ad una borsa di studio del Monte di Pietà di Busseto e sempre con l’aiuto economico di Barezzi, si trasferisce a Milano, dove prende lezioni private dal cembalista Vincenzo Lavigna.
Gli inizi della carriera
Nel 1836 rientra a Busseto da vincitore del concorso per Maestro di musica del Comune, lo stesso anno sposa la figlia del suo benefattore, Margherita Barezzi, da cui ha due figli: Virginia e Icilio. Nel 1839 lascia Busseto, il posto di maestro, il mondo che lo ha visto crescere, e si trasferisce con la famiglia a Milano; lo stesso anno viene rappresentata al Teatro alla Scala la sua prima opera, Oberto Conte di S. Bonifacio, che riscuote un discreto successo. Nel 1840 muoiono la moglie ed i figli; in mezzo a queste angosce il Maestro porta a termine un’opera buffa: Un giorno di regno, che si rivela un clamoroso fiasco. Verdi decide di non comporre più musica.
Gli anni del successo
Nel 1842, la lettura del libretto di Solera: Nabucco, consegnatoli da Bartolomeo Merelli, impresario della Scala, gli fa cambiare idea. Verdi in pochissimo tempo compone l’opera ed è un trionfo. Sempre in quel 1842 Verdi conosce Giuseppina Strepponi, che sarebbe diventata sua compagna e poi sua seconda moglie.
Dal 1842 al 1848 compone a ritmi serratissimi:

  • I Lombardi alla Prima Crociata (Teatro alla Scala 1843, libretto di Solera), censurato dal governo austriaco poiché, con il Nabucco, era stato rivisitato in chiave patriottica dagli italiani;
  • Ernani (Teatro La Fenice 1844, libretto di Piave, dal dramma di Victor Hugo);
  • I due Foscari (Teatro Argentina di Roma 1844, libretto di Piave, tratto da un dramma di Lord Byron);
  • Giovanna d’Arco (Teatro alla Scala 1845, libretto di Solera, tratto da un dramma di Schiller);
  • Alzira (Teatro San Carlo 1845, libretto di Cammarano, tratto da Voltaire. Opera non particolarmente riuscita);
  • Attila (Teatro La Fenice 1846, libretto di Solera, completato da Piave e da Andrea Maffei);
  • Macbeth (Teatro della Pergola 1847, libretto di Piave);
  • I Masnadieri (Teatro Her Majesty di Londra 1847, libretto di Maffei, dal dramma di Schiller);
  • Jérusalem (L’Opéra di Parigi 1847, adattamento dei I Lombardi su libretto di Gustav Vaëz e Alphonse Royer)
  • Il corsaro (Teatro Grande di Trieste 1848, libretto di Piave, tratto dal dramma di Byron);
  • La battaglia di Legnano (Teatro Argentina di Roma 1849, libretto di Cammarano);
  • Luisa Miller (Teatro San Carlo 1849, libretto di Cammarano, tratto dal dramma di Schiller );
  • Stiffelio (Teatro Grande di Trieste 1850, libretto di Piave, tratto da Le Pasteur di Souvestre e di Bourgeoi).

Dopo la prima esecuzione di Giovanna D’Arco (1845), Merelli chiede a Verdi di rivedere l’Ernani per la ripresa della stagione successiva; irritato dal modo con cui l’impresario gestisce il teatro, Verdi decise di troncare i rapporti con la Scala; quindi si stabilisce a Parigi. Solamente nel 1869, Verdi torna alla Scala con La forza del destino.
Per l’Opéra trasforma I lombardi in  Jerusalem (1847). Solo nel 1849 torna a Busseto, scandalizzando tutti, insieme a Giuseppina. Nel maggio 1848 il Maestro acquista a Villanova d’Arda nel piacentino un podere, comprensivo di una costruzione che viene ristrutturata; nel 1851 villa Sant’Agata è pronta. In questa abitazione il Maestro assieme alla moglie vi passa tutta la vita, a parte i soggiorni parigini e gli inverni a Genova, occupandosi direttamente della conduzione del fondo.
Villa VerdiVilla Verdi: la proprietà è composta da un corpo centrale, più le due ali con terrazza, nel retro le serre, la cappella, le rimesse. Essa è circonda la villa un vasto parco ricco d’alberi che comprende pure la ghiacciaia. Il mobilio delle sale a pian terreno è originale.
In questi anni Verdi scrive la trilogia popolare:

  • Rigoletto (Teatro La Fenice 1851, libretto di Piave, tratto da Victor Hugo );
  • Il Trovatore (Teatro Apollo di Roma 1853, libretto di Cammarano);
  • La Traviata (Teatro La Fenice 1853, libretto di Piave)

Nel 1855 Eugène Scribe, all’epoca librettista dell’Opéra di Parigi, propone al compositore un testo in francese per un’opera da rappresentare nella Ville Lumière, così nascono Les vepres siciliennes, pochi mesi più tardi è pronta la versione italiana dell’opera: I vespri siciliani.
Il Simon Boccanegra (Teatro La Fenice 1857, libretto di Piave e Boito) riceve una scarsa affermazione, mentre Un ballo in maschera (Teatro Apollo di Roma 1859, libretto di Somma) riscuote un discreto successo.
Verdi e Giuseppina si sposano a Collonges-sous-Salève in Savoia nel 1859.
Nel 1861 Verdi viene eletto deputato del primo Parlamento italiano e nel 1874 è nominato senatore.
TeatroTeatro: nel 1856 il Comune acquista la Rocca per costruirvi un nuovo teatro dedicato a Verdi completato nel 1868, nonostante il parere contrario del Maestro. Così all’inaugurazione del 15 agosto 1868, egli non è presente e non ci mette mai piede, pur avendo offerto la notevole somma di £. 10.000 per la sua costruzione e pur possedendovi un palco. In precedenza esisteva un altro teatro nel medesimo luogo, dove Verdi si era esibito in gioventù, dirigendo una sinfonia per il Barbiere di Siviglia di Rossini. Il teatro è ubicato nella Rocca (già Castello dei Pallavicino), è stato progettato dall’architetto Pier Luigi Montecchini, è dotato di ogni più funzionale struttura ed ha una capienza di 300 persone.
In questi anni compone:

  • La forza del destino (Teatro Imperiale di Pietroburgo 1862, libretto di Piave);
  • Macbeth (riscrittura per l’Opéra 1865, libretto di Piave);
  • Don Carlo (Teatro de l’Operà di Parigi 1867, libretto di Mèry e Du Locle );
  • Aida (Teatro dell’Opera del Cairo 1871, libretto di Ghislanzoni).

La  Messa da requiem è scritta e pensata nel 1873 come celebrazione per la morte di Alessandro Manzoni.
Nel 1869 il Maestro compone la seconda versione de  La forza del destino.
Nel 1880 compra il terreno per costruire la Casa di riposo per musicisti.
Nel 1887, all’età di ottant’anni, scrive Otello, libretto di Boito; nel 1893 dà l’addio al teatro con la sua unica opera comica, il Falstaff, libretto di Boito. Verdi muore il 27 gennaio 1901 al “Grand Hotel et De Milan”, in un appartamento dove era solito alloggiare durante l’inverno ed è sepolto nella Casa di Riposo dei Musicisti di Milano.
Stanza Hotel MilanoLa stanzetta che custodisce il letto proveniente dal Grand Hotel et de Milan in cui Verdi morì.
Completa la visita:
Museo VerdiMuseo Nazionale Giuseppe Verdi Villa Pallavicino: la villa ha una pianta a cinque moduli a scacchiera che ricordano lo stemma dei Signori di Busseto ed è circondata da un ampio giardino. Essa venne iniziata nel secondo decennio del Cinquecento e fu pensata come residenza estiva, in seguito fu ampliata e modificata nel tardo Seicento e nel Settecento, fin quasi all’Ottocento. Al suo interno il visitatore percorre un itinerario ideato dallo scenografo e regista Pier Luigi Pizzi. Le 27 opere di Verdi sono rappresentate, lungo un percorso storico con riproduzioni delle scenografie originali e ricostruzione di ambienti ottocenteschi.
Busseto

CJALZUMIT – STAGNINO

Cjalzumit

Lo stagnaio era un artigiano ambulante che girava di paese in paese, di casa in casa, annunciando il suo arrivo gridando. Poi di solito si piazzava in centro al paese.
Egli offriva la riparazione per tutti gli oggetti in rame e per i contenitori in ferro. Per gli oggetti in ferro, in presenza di un piccolo foro, lo stagnaio lo riparava con un chiodo ribattuto, altrimenti applicava una lamina di ferro nuovo. Gli oggetti in rame od alluminio, come i paioli, le pentole, le padelle, i calderoni, i mestoli, ecc.. venivano riparati attraverso la stagnatura; inoltre egli livellava le ammaccature e sostituiva o riattaccava i manici rotti.
Attrezzatura
La sua attrezzatura era modesta, in quanto di solito girava in bicicletta o con un carretto, e più o meno consisteva in una mazzuola, delle forbici per tagliare la lamiera, il martello, l’incudine fissata su un ceppo di legno che serviva di appoggio, la lima, un attrezzo di ferro a forma di fungo che serviva per ribattere i chiodi, le tenaglie con manici lunghi utilizzate per mettere o togliere dal fuoco gli oggetti, il mantice, lo stagno in bacchette, lamiere di piombo, di rame e di acciaio, carbone, acido muriatico e ovatta.
Stagnatura
Per prima cosa egli eliminava le imperfezioni dell’oggetto da riparare appoggiando il contenitore sull’incudine e battendolo al contrario, poi puliva la parte da saldare, usando una poltiglia composta di sabbia finissima, segatura, cenere di legna mischiata ad acqua; quindi accendeva il fuoco con il carbone ed eseguiva il lavoro sempre sottovento per evitare i fumi e i vapori dell’acido.
Il “cjalzumit” fondeva lo stagno in una ciotola, scaldava il recipiente da aggiustare ed infine, versava al suo interno il metallo fuso che faceva scorrere con grande perizia sulle pareti del recipiente, soffermandosi in particolare sui punti che dovevano essere riparati. Una sottile pellicola argentata veniva così a saldarsi con il metallo.

VILLOTTA
Affinché la gente si accorgesse della sua presenza, lo stagnino, come precedente detto, entrava in paese gridando. Da questa considerazione è nata la canzone a lui dedicata.
Il testo sostiene che nonostante il cjalzumit ci metta impegno a presentarsi, nessuno gli dà credito, per cui egli conclude in crescendo dicendo: siete sordi o non avete soldi che non mi calcolate.

Friulano
IL CJALZUMIT
L’è cà, l’è cà…
Chel puar om
Ch’al lee citis
E padielis rotis
L’è cà, l’è cà…
Cjalait ce robis
Cjalait, cjalait, ce robis
Seso sors
O no veso bez?
Italiano
LO STAGNINO
Eccolo qua, eccolo qua…
Quel povero uomo
Che rappezza pentole
E padelle rotte
Eccolo qua, eccolo qua…
Guardate che roba
Guardate, guardate che roba
Siete sordi
O non avete soldi?

MARIN FALIERO – Gaetano Donizetti

MusicaUna giornata particolare
Diversi anni fa fui chiamata a comporre la Corte di Assise come giudice popolare a Venezia.
Treno, camminata sino a Rialto, quindi entro nel maestoso palazzo Grimani che si affaccia sul Canal Grande.
Al primo piano, in una elegante sala con ampie finestre, motivo l’impossibilità di svolgere l’attività di giudice in quanto non più residente in Veneto.
All’uscita vado a comperare il biglietto per l’opera “Marin Faliero” che verrà rappresentata in serata ed un po’ di cibo, ritorno al palazzo di giustizia e mi spaparanzo sul pontile che dà sul Canal Grande per il pranzo.
Segue camminata sino ai Giardini per visita alla Biennale Arte, siamo in un caldo mese di luglio e cedo alla stanchezza: mi stendo sulla prima panchina libera e mi addormento.
Recuperata un po’ di energia, visito l’esposizione e quindi altra camminata sino alle vicinanze del teatro. Tappa in trattoria; qui mi faccio ingolosire dalla frittura di pesce, per cui chiedo al cameriere se la pietanza è pronta velocemente, in quanto sono attesa da “Marin Faliero”. Non so se è fortuna o sfortuna, ma mi sono imbattuta in un cameriere intellettuale. Questi tra un servizio e l’altro, ritorna al mio tavolo per raccontarmi della congiura, della decapitazione, della targa posizionata dove è avvenuto il complotto e che posso andare a vedere vicino alla trattoria, andando “sempre dritta” (a Venezia!!).  In ogni caso la frittura era buona.
Dell’opera mi ricordo Mariella Devia, con lei si va sempre sul sicuro, la bella musica ed il bel canto di Donizetti.

MARIN FALIERO
La vita
Marin nacque verso il 1285, da famiglia ricchissima che aveva già dato 2 dogi.
Poco si sa della sua giovinezza, fino all’età di trent’anni circa, quando iniziò a ricoprire importanti incarichi pubblici e militari per la Repubblica di Venezia.
Marin Faliero fu proclamato il 55° doge di Venezia l’11 settembre 1354, e terminò il suo breve, travagliato dogado nel 1355, quando venne destituito e giustiziato, unico caso del suo genere.
La congiura
La tradizione vuole che la spinta al complotto sia stata propiziata da motivazioni personali.
Durante una festa al palazzo Ducale, alcuni giovani tra cui Michele Steno (futuro Doge) scrissero sui muri alcune scritte offensive nei confronti della moglie del Doge e del nipote Fernando.  Steno fu condannato dalla Quarantia ad una lieve pena che Faliero ritenne insufficiente e per questo organizzò una congiura contro il regime che non difendeva il suo onore.
Probabilmente il movente fu di diversa natura, in quanto Faliero era un uomo fortemente ambizioso, per cui potrebbe aver cospirato per assicurarsi il dominio incontrastato di Venezia.
Un’altra ipotesi è che il Consiglio dei X s’inventò la congiura del 15 aprile 1355, per liberarsi di un uomo scomodo.
Comunque sia, la congiura fallì, in quanto Vendrame, uno dei cospiratori, si confidò sbadatamente con il procuratore Nicolò Lion, il quale allertò il Governo repubblicano. Si scoprì la lista dei congiurati tra cui compare anche il nome del Doge, che viene posto agli arresti domiciliari. I principali congiurati furono impiccati il 16 aprile, mentre Marin Falier fu decapitato il 17 aprile 1355.

OPERA LIRICA
MARIN FALIERO
Gaetano Donizetti (1797-1848)
Tragedia lirica in 3 Atti di Giovanni Emanuele Bidéra
prima rappresentazione a Parigi (Théâtre – Italien) il 12 marzo del 1835
Personaggi
Marino Faliero, doge (Basso)
Israele Bertucci, capo dell’arsenale (Baritono)
Fernando, intimo del doge (Tenore)
Steno, giovane patrizio, uno dei Quaranta (Basso)
Leoni, patrizio, uno dei Dieci (Tenore)
Elena, moglie del doge (Soprano)
Irene, damigella di Elena (Soprano)
Vincenzo, servo del doge (Tenore)
Beltrame, scultore (Basso), Pietro, gondoliere (Basso) e Guido, pescatore (Basso), partigiani del doge; i Signori della notte, i Dieci, cavalieri, dame, artigiani, pescatori, servitori, soldati
Trama
Atto Primo
Gli artigiani dell’Arsenale di Venezia, al lavoro, si scambiano le ultime notizie: a Rialto una scritta sul muro calunnia Elena.
Arriva Steno che accusa gli artigiani di non lavorare abbastanza, andatosene Steno, Israele e gli artigiani deprecano la superbia e l’ingratitudine dei patrizi.
A Palazzo Ducale Fernando rimugina tristemente sul proprio sfortunato amore per Elena e medita di abbandonare la città. Casualmente Fernando ed Elena s’incontrano e l’uomo le annuncia l’estremo addio, Elena gli consegna un velo per ricordo, ma il commiato è interrotto dall’arrivo del Doge, il quale è inconsapevole del legame sentimentale fra i due. Faliero allontana Elena e manifesta a Fernando il proprio turbamento per l’infamante accusa mossa alla moglie e Fernando suggerisce di punire Steno.
Rimasto solo, Faliero riceve Israele, che chiede giustizia contro Steno, ma il Doge si dimostra renitente, allora il capo dell’arsenale propone un’insurrezione contro il Consiglio dei Quaranta, contando su un manipolo di congiurati.
Alla sera durante la festa che si svolge nel palazzo Leoni, il Doge incontra furtivamente Israele che gli consegna la lista degli uomini pronti per la congiura, gli dichiara che la notte prescelta per agire è proprio quella e che il complotto partirà da San Giovanni e Paolo.
Alla festa partecipa anche Steno in maschera, nonostante la condanna (seppur lieve) appena inflittagli per aver diffamato Elena. Nel corso della serata Elena raggiunge il marito e denuncia l’insistenza provocatoria d’una maschera che la segue e la spia, Faliero divampa d’ira e Fernando sfida ad un duello notturno Steno.
Atto Secondo
Al campo di San Giovanni e Paolo Fernando attende Steno.
Alle tre i congiurati raggiungono Israele e Faliero e rimangono stupefatti e contrariati dalla presenza del Doge, ma vengono placati da Israele. Durante gli ultimi preparativi si ode un cozzare di spade, seguito da un grido. I gondolieri trascinano il corpo morente di Fernando, che fa appena in tempo ad indicare in Steno il proprio uccisore. Ancor più incolleriti e motivati, tutti giurano vendetta.
Atto Terzo
Faliero rientra al Palazzo Ducale in piena notte, egli non riesce a nascondere il proprio turbamento ed informa Elena della morte di Fernando, quindi aggiunge che a breve ci sarà una rivolta da parte della plebe. Entra Leoni, che reclama la difesa del Doge a favore del Consiglio dei Dieci, minacciato dalla popolo, Faliero estrae la spada, ma viene fermato dai Signori della notte, giunti al seguito di Leoni, che lo arrestano. Il Doge è stato tradito e viene condotto in carcere.
Nella sala del Consiglio dei Dieci viene introdotto Faliero: invitato a discolparsi, egli rifiuta. il Consiglio condanna a morte i congiurati ed il Doge, la sentenza è proclamata da Leoni.
Lasciato solo, il Doge viene raggiunto da Elena. Egli le comunica serenamente, di voler lasciare i propri beni ai familiari degli altri condannati ed Elena desidera fare lo stesso con i proprî averi, manifestando il proposito di ritirarsi a vita monacale. Faliero chiede di essere sepolto insieme a Fernando e di essere coperto con lui dal velo che l’amico portava con sé. Alla vista del velo Elena impallidisce e confessa d’averglielo dato lei stessa, Faliero è furibondo, ma alla fine decide di perdonarla.
I tamburi annunciano l’esecuzione ed Elena cade svenuta.

REQUIEM di VERDI

REQUIEM di VERDI
per coro, soli ed orchestra.
Requiem VerdiStoria
La morte di Gioachino Rossini spinse Verdi a promuovere una messa funebre in suo onore. Nell’idea di Verdi più compositori avrebbero scritto i diversi brani della messa, ma il progetto naufragò a causa dei risentimenti, rivalità e invidie tra i musicisti. Di quel progetto Verdi scrisse il “Libera me”, ma la sua intenzione era di comporre una Messa intera. Il progetto proseguì, tanto che il 21 aprile 1873 chiese a Ricordi di restituirgli l’autografo del Libera me per cominciare a comporre il suo Requiem. Un mese dopo, il 22 maggio 1873, morì a Milano Alessandro Manzoni e si presentò così l’occasione ideale per celebrare una figura centrale della cultura italiana. Il Requiem fu terminato il 10 aprile 1874 e la prima ebbe luogo con esito trionfale, in occasione del primo anniversario della scomparsa dello scrittore, nella chiesa di San Marco a Milano sotto la direzione dello stesso Verdi. Tre giorni dopo avvenne la prima al Teatro la Scala di Milano con lo stesso cast.
Il manoscritto autografo è conservato presso il Museo Teatrale alla Scala di Milano.
Struttura

  • Introito                                 (soli e coro)
  • Kyrie                                      (soli e coro)
  • Sequentia
      • Dies irae               (coro)
      • Tuba mirum        (coro)
      • Mors stupebit     (basso e coro)
      • Liber Scriptus     (mezzosoprano e coro)
      • Quid sum miser (soprano, mezzosoprano, tenore)
      • Rex tremendae   (soli e coro)
      • Recordare            (soprano, mezzosoprano)
      • Ingemisco            (tenore)
      • Confutatis            (basso e coro)
      • Lacrimosa            (solisti e coro)
  • Offertorium                        (soli)
  • Sanctus                                  (coro)
  • Agnus Dei                            (soprano, mezzosoprano, coro)
  • Lux Aeterna                         (mezzosoprano, tenore, basso)
  • Libera Me (soprano, coro)

Analisi
Il Requiem di Verdi trasuda energia da tutti i pori, sembra che Cristo più che angosciato stia lottando con la morte con tutta la forza che ha in corpo, solo quando giunge allo stremo si rassegna all’evidenza ed accetta consapevolmente la fine.
La Messa fu a lungo criticata in quanto la sua musica fu considerata più da teatro che da chiesa. La spiritualità di quest’opera traspare dal senso angoscioso che pervade l’uomo di fronte al mistero della morte, in una continua alternanza di slanci verso una trascendenza e un desolato piegarsi allo sconforto.
Esso procede attraverso accentuate contrapposizioni di forme, di toni, di coloriti, spesso con scarti di ricercata efficacia.
“Requiem e Kyrie” sono pagine prevalentemente delicate che degradano verso il silenzio:
“Dies iræ” è violento;
“Tuba Mirum” raggiunge con il suo crescendo volumi altissimi, per poi bloccarsi bruscamente;
“Mors stupebit” pezzo lugubre;
“Liber Scriptus” alterna momenti di asserzione ed altri più sereni con un finale ridondante del coro;
“Quid sum miser” qui prevale un dialogo pacato tra i cantanti;
“Rex tremendae” l’inizio del coro è imponente, seguono alternandosi e frapponendosi i solisti, con toni che vanno in crescendo e si concludono pacatamente;
“Recordare” canto mesto e malinconico;
“Ingemisco” quasi un recitativo;
“Confutatis” alla cadenza di pacata energia del basso s’introduce violentemente il coro che termina quietamente;
“Lacrymosa” al pianto del soprano si uniscono gli altri cantanti ed infine il coro;
“Offertorium” finalmente gli animi si sono placcati e la musica diventa più fluida, quasi un atto di contrizione;
“Sanctus” la musica procede al piccolo trotto;
“Agnus Dei” è una lenta e cantilenata preghiera;
“Lux Aeterna” inizia lentamente con il mezzosoprano, segue, un po’ lugubre, il basso in alternanza ed assieme al tenore, quasi un sereno recitativo;
“Libera Me” ad un avvio marciato in crescendo, segue la fase in cui tutto si estingue nel silenzio.

Link
LE PARTI DELLA MESSA
REQUIEM di MOZART

REQUIEM di MOZART

MessaIl requiem è una messa celebrata in memoria del defunto.
Viene chiamata Requiem dalla prima parola del suo introito: «Requiem aeternam dona eis, …» («L’eterno riposo dona loro, …»).
Struttura

  • Introito: prime parole di una preghiera d’invocazione per i defunti;
  • Kyrie: kyrie eleison («Signore, pietà!») è il primo canto delle parti della messa (spetta all’assemblea e può essere alternato con il solista);
  • Graduale: anticamente chiamato Responsorium, è un canto intercalato fra le due letture nella celebrazione della messa, di tipo melismatico (un gruppo di note vengono intonate su una sola sillaba, tra due note reali della melodia; di solito ad ogni sillaba corrisponde una nota). Canto di notevole virtuosismo cantato dal solista e accompagnato o meno dal coro;
  • Tratto: «Assolvi, Signore, le anime di tutti i fedeli defunti da tutti i vincoli dei loro peccati, possano meritare di evitare il giudizio finale per la tua grazia, e godano beati della luce eterna.»;
  • Sequenza (Dies irae): descrive il giorno del giudizio e si articola essenzialmente in tre blocchi: – tema della visione apocalittica del Giudizio universale, che pone l’uomo con tutta la sua miseria di fronte alla maestà di un Dio. – tema in cui inizialmente viene riaffermata la consapevolezza della terribile potenza di Dio («Rex tremendae maiestatis»), poi tramite l’abbandono al mistero della grazia («qui salvandos salvas gratis») si apre la strada alla speranza e quindi alla preghiera vera e propria («salva me, fons pietatis»). Il pessimismo sulla natura dell’uomo è rischiarato dal sacrificio di Cristo. – tema in cui si ripresenta sinteticamente l’alternanza tra il motivo del timore e quello della preghiera e della speranza;
  • Offertorio: ancora segnato dalla paura della pena a causa della colpa, è anch’esso una umile, solenne urgente preghiera di speranza per poter accedere alla luce divina;
  • Sanctus et benedictus: è un semplice recitativo, lode alla Trinità;
  • Agnus Dei: è melodicamente legato al Sanctus;
  • Communio (Lux aeterna): è il canto processionale che accompagna i fedeli durante la distribuzione dell’Eucarestia.

Requiem di Wolfang Amadeus Mozart in Re minore K 626
per coro, soli ed orchestra.
CanovaStoria
Ultima composizione di Mozart rimasta incompiuta per la morte dell’autore, avvenuta il 5 dicembre 1791.
Quando il Conte Franz von Walsegg zu Stuppach, aspirante compositore, decise di celebrare l’anniversario della morte della moglie avvenuta il 14 febbraio 1791, scelse di commissionare a Mozart un Requiem che poi avrebbe voluto far passare per suo. La proposta economica era buona e il compositore accettò. Mozart portò a termine solo l’Introito: Requiem aeternam, e scrisse le parti principali dell’opera indicando di tanto in tanto il motivo melodico dell’accompagnamento. In questo stadio sono pervenuti Kyrie, Sequentia (con il Lacrimosa che si ferma dopo le prime otto battute) e l’Offertorium. Il manoscritto rimase poi abbandonato per molti mesi nel cassetto, il motivo di tanta trascuratezza è da additare principalmente ai tanti impegni di Mozart e forse per orgoglio personale.
Dopo la morte di Mozart, la moglie Constanze delegò il completamento del Requiem a tre allievi del marito, per meglio avvicinarsi agli intenti originari dell’opera, ma solamente Franz Xaver Süssmayr continuò il lavoro, riordinando in modo omogeneo il lavoro dei collaboratori precedenti, e completando i brani totalmente mancanti del manoscritto. Circa due mesi dopo la morte del marito la partitura, fu consegnata al conte, spacciandola per autentica.
Walsegg diresse la messa il 14 dicembre 1793 ed altre volte, ma quando seppe che Constanze aveva fatto eseguire la partitura il 2 gennaio 1793 a Vienna, decise di lasciar perdere. Tuttavia, qualche anno più tardi, quando seppe che il Requiem stava per essere pubblicato, tentò di chiedere un cospicuo rimborso per la frode che era stata ordita (si fa per dire) ai suoi danni.
La polemica su chi avesse scritto l’opera continuò per vari anni costituendo varie fazioni. Fu probabilmente solo con l’edizione a stampa di Andrè del 1827 che parte dei dubbi vennero fugati.
Struttura

  • Introito (soprano e coro)
  • Kyrie      (coro)
  • Sequentia
      • Dies irae               (coro)
      • Tuba mirum        (soli)
      • Rex tremendae   (coro)
      • Recordare            (soli)
      • Confutatis            (coro)
      • Lacrimosa            (coro)
  • Offertorium
      • Domine Jesu       (coro)
      • Hosanna               (coro)
  • Sanctus                                    (coro)
  • Benedictus                             (soli e coro)

Analisi
Sin dalle prime note è presente un senso d’angoscia, è come se l’autore avesse paura della morte e del giudizio e se essa fosse già presente, il Requiem ha un colore particolare, scuro e patetico.
La musica sacra di Mozart è sempre misteriosa e mistica, una ricerca introspettiva e personale.
Nell’Introitus e Kyrie l’atmosfera è desolata e spettrale.
Nel famoso Tuba Mirum la teatralità del compositore si fonde con la sacralità del testo; in questo brano si ha la sensazione che i morti, aperti gli occhi per risorgere, rimangano essi stessi meravigliati dal prodigio.
Nel Lacrimosa è evidente l’ispirazione drammatica, il compositore riesce a creare un effetto di pianto a stento trattenuto, di preghiera umile e devota con un Amen conclusivo in forte che esprime tutto il fervore religioso dell’autore.

Link
LE PARTI DELLA MESSA
REQUIEM di VERDI

LE PARTI DELLA MESSA

MessaScrivendo l’articolo sul “Requiem” ho ritenuto che una rinfrescatina di memoria sulla Messa non avrebbe stonato.
La Messa è costituita da due parti fondamentali: la «Liturgia della Parola» e la «Liturgia Eucaristica».
RITI D’INTRODUZIONE
I riti che precedono la Liturgia della Parola sono: l’introito, il saluto, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione (o colletta).
L’introito
Quando i fedeli sono radunati, mentre il sacerdote fa il suo ingresso si inizia il canto d’entrata, la cui funzione è quella di favorire l’unione dei credenti riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività.
Il saluto
Giunti in presbiterio, il sacerdote saluta l’altare con un profondo inchino, lo bacia e secondo l’opportunità, incensa la croce e l’altare (l’incenso ha la funzione di purificazione e scaccia gli spiriti maligni). Terminato il canto ci si segna col segno della croce e viene annunziata la presenza del Signore, il popolo risponde.
L’atto penitenziale
Quindi il sacerdote invita all’atto penitenziale, che, dopo una breve pausa di silenzio, viene compiuto da tutta la comunità mediante una formula di confessione generale, e si conclude con l’assoluzione del sacerdote, che tuttavia non ha lo stesso valore del sacramento della Penitenza.
Il Kyrie eleison
Dopo l’atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie eleison (che significa “Signore abbi pietà”), antica supplica in greco rivolta a Cristo.
Il Gloria
Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello.
La colletta
Il sacerdote invita il popolo a pregare con lui in silenzio e poi dice l’orazione, chiamata comunemente «colletta», per mezzo della quale viene espresso il carattere della celebrazione.
LITURGIA DELLA PAROLA
Le letture
Nelle letture viene preparata ai fedeli la mensa della parola di Dio. Il ciclo delle Epistole e dei Vangeli è fissato da molti secoli.
Prima lettura
Sono brani tratti dall’Antico Testamento e servono per istruire i fedeli e disporre gli animi a ricevere bene la Comunione; la lettura viene letta sul lato destro dell’altare da un lettore.
Il Salmo responsoriale
Il salmo responsoriale favorisce la meditazione della parola di Dio. Esso deve corrispondere a ciascuna lettura; conviene che si esegua con il canto, almeno per quanto riguarda la risposta del popolo.
Seconda lettura
Viene anche detta Epistola perché è spesso tratta dalle lettere degli Apostoli.
L’acclamazione prima della lettura del Vangelo
Il coro canta l’Alleluia (in ebraico che significa “Lodate Dio”), il quale esprime la gioia e la lode per il dono del Vangelo.
Il Vangelo
La lettura del Vangelo costituisce il culmine della Liturgia della Parola, i fedeli l’ascoltano stando in piedi. il Vangelo è proclamato dal diacono o, in sua assenza, dal sacerdote.
L’omelia
L’omelia fa parte della Liturgia è necessaria per alimentare la vita cristiana.
La professione di fede
Il Credo rappresenta il Simbolo di fede, ha come fine che tutto il popolo riunito risponda alla parola di Dio, proclamata nella lettura della sacra Scrittura.
La preghiera universale
Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo risponde in certo modo alla parola di Dio accolta con fede.
LITURGIA EUCARISTICA
La preparazione dei doni
– “Preparazione dell’altare” ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il Messale, il calice ed infine i doni: il pane ed il vino e l’acqua;
– “Presentazione del pane e del vino”: al vino si aggiunge qualche goccia d’acqua, segno dell’unione con la vita divina di colui che ha voluto   assumere la nostra natura umana;
– “Lavabo“: il sacerdote si lava le mani a lato dell’altare, segno di desiderio di purificazione interiore;
– “Preghiera sulle offerte” il sacerdote invita i fedeli a unirsi a lui nell’orazione sulle offerte. Nella Messa si dice un’unica orazione sulle offerte, che si conclude con la formula breve: Per Cristo nostro Signore. Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l’orazione con l’acclamazione Amen.
La preghiera eucaristica
La Preghiera Eucaristica è quella parte della Messa che inizia con il Prefazio, comprende il racconto dell’Ultima Cena e termina con il grande Amen dell’assemblea prima del Padre nostro.
Gli elementi principali sono:
Prefazioin cui il sacerdote, a nome di tutto il popolo santo, glorifica Dio Padre e gli rende grazie per tutta l’opera della salvezza;
Acclamazione in cui si canta il Sanctus;
Memoriale in cui viene ricordata la passione, risurrezione e ascensione di Cristo. Cristo nell’ultima cena, offri il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino, lo diede a mangiare e a bere agli Apostoli e lasciò loro il mandato di perpetuare questo mistero: «Fate questo in memoria di me»;
L’offerta sacrificale in cui mediante le parole e i gesti di Cristo, si compie il sacrificio che Cristo stesso stabilì. Nell’Offertorio viene offerto è il Corpo ed il Sangue di Gesù, come anticipato nel memoriale.
RITI DI COMUNIONE
Preghiera del Signore (Padre nostro) in cui si chiede il pane quotidiano che fa riferimento al pane eucaristico, e si implora la purificazione dai peccati. Il sacerdote dice la preghiera assieme ai fedeli.
Rito della pace (Liberaci o Signore da ogni male) in cui la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana.
Frazione del Pane (Agnello di Dio) in cui il sacerdote spezza il pane e mette una parte dell’ostia nel calice, per significare l’unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell’opera della salvezza.
Comunione (Beati gli invitati) Il sacerdote ed i fedeli si preparano con una preghiera silenziosa a ricevere con frutto il Corpo e il Sangue di Cristo; quindi il sacerdote mostra ai fedeli il pane eucaristico sulla patena o sul calice e distribuisce l’ostia. (il Corpo e il Sangue di Cristo: Amen).
La celebrazione della Comunione è orientata all’unione intima dei fedeli con Cristo.
RITI DI CONCLUSIONE
Comprendono:
Il saluto e la benedizione del sacerdote;
Il congedo del popolo da parte del sacerdote;
Il bacio e l’inchino all’altare da parte del sacerdote.

Link
REQUIEM di MOZART
REQUIEM di VERDI

SUOR ANGELICA – Giacomo Puccini

MusicaSUOR ANGELICA – Giacomo Puccini Libretto di Giovacchino Forzano Opera in un atto Personaggi:

  • SUOR ANGELICA (Soprano)
  • LA ZIA PRINCIPESSA (Contralto)
  • LA BADESSA (mezzosoprano)
  • LA SUORA ZELATRICE (mezzosoprano)
  • LA MAESTRA DELLE NOVIZIE (mezzosoprano)
  • SUOR GENOVIEFFA (soprano)
  • SUOR OSMINA (soprano)
  • SUOR DOLCINA (soprano)
  • LA SUORA INFERMIERA (mezzosoprano)
  • LE CERCATRICI (soprani, coro)
  • LE NOVIZIE (soprani, coro)
  • LE CONVERSE (soprano e mezzosoprano, coro)
  • Coro interno di donne, ragazzi e uomini Prima rappresentazione italiana del trittico al Teatro Costanzi (odierno Teatro dell’opera di Roma) l’11gennaio 1919.

Introduzione A seguito dell’articolo sulla Monaca di Diderot, continuo il filone con Suor Angelica di Puccini. La breve opera che fa parte del Trittico, è unica nella storia del melodramma in quanto le voci maschili sono totalmente assenti. La vicenda si svolge tutta in un monastero femminile del XVII secolo. Il convento è rappresentato come isola felice, dove le sorelle svolgono una vita serena e tranquilla e vivono gli avvenimenti con innocente curiosità. Solamente Angelica è dissonante rispetto alle altre suore, ella nasconde un profondo tormento in quanto si sente abbandonata dalla sua famiglia. La situazione precipita quando ella viene a conoscenza della morte del figlio, la sua scomparsa la getta nello sconforto ed ella cede al richiamo della morte. L’opera non è certo un capolavoro, anche per la scarsa struttura teatrale, ma è pregna di commovente, delicata musica e di alcune struggenti e raffinate melodie. Il trittico Inizialmente Puccini pensò di comporre un’opera in forma di trittico basato sulle tre Cantiche della Divina Commedia, composto da tre lavori di argomento diverso: lirico, patetico e comico. Nel 1904 Puccini propone a Illica di scrivere il libretto di tre racconti di Gor’kij, ma l’editore Ricordi non sembra entusiasta di questo progetto. Seguono nel tempo altri soggetti, ma solamente nel 1916 Puccini prende contatto con Forzano, che gli propone il soggetto di Suor Angelica e nel 1917 quello di Gianni Schicchi. Il Tabarro segue un percorso diverso. Nel 1912 Puccini aveva visto a teatro un dramma a tinte fosche di Didier Gold, il compositore lo propone ad Illica, il quale non si mostra interessato. Alla fine si raggiunge l’accordo con Adami che tra il 1914-15 scrive il libretto che rispecchia il dramma di Gold. Riassunto Monastero fine ‘600. Una sera primaverile nel chiostro d’un convento. Due converse entrano in ritardo in chiesa, anche suor Angelica è in ritardo e prima d’accedere nel luogo sacro fa l’atto di penitenza delle ritardatarie. All’uscita dalla chiesa la Suora Zelatrice punisce le due converse ed altre sorelle che hanno peccato. E’ il momento della ricreazione e Suor Genovieffa indica il raggio di sole che illumina l’acqua della fontana e la rende dorata, il fenomeno si verifica 3 volta l’anno. Le suore decidono di portare un secchio d’acqua sulla tomba di Suor Bianca Rosa che sicuramente l’avrebbe desiderato. Sorella Zelatrice dice che alle suore non è permesso avere desideri. Suor Genovieffa, che nel mondo era pastora, confessa che desidera vedere un agnello e Suor Dolcina ammette di desiderare qualcosa: un buon boccone, commentano le altre con semplicità. Nessun altra Sorella dichiara di avere desideri, anche Angelica asserisce di non averne, ma tutti sanno che ella appartiene ad una famiglia facoltosa, la quale da quando è entrata in convento, sette anni prima, non ha più dato notizie di sé; si pensa che ella sia in convento per punizione. Accorre Suor Infermiera e chiede un rimedio per Suor Chiara che è stata punta da una vespa; Suor Angelica si affretta a cogliere certe erbe che poi consegna alla sorella con le istruzioni per l’uso. Arrivano 2 Suore cercatrici con un asino carico di roba raccolta in elemosina, mentre lo scaricano, una sorella chiede se c’è qualcuno in portineria, perché una ricca carrozza è ferma davanti al convento. Suor Angelica è assalita da improvvisa inquietudine e nel frattempo giunge la Badessa che la chiama in parlatorio per un colloquio con sua zia Principessa. All’incontro la zia mantiene un comportamento freddo ed altero, mentre suor Angelica è molto emozionata. La zia ricorda che alla morte dei genitori di Angelica, le furono affidati i nipoti e la gestione dell’intero patrimonio, senza preamboli rivela che la sorella si sposerà e le consegna una pergamena da firmare, che riguarda la divisione dei beni. Angelica chiede con chi si sposerà e la zia risponde “chi per amore condonò la colpa”. Angelica ha un moto di ribellione di fronte all’implacabile zia, ma pur riaffermando la sua volontà di espiazione , dichiara di non riuscire a scordare il proprio figlio e chiede notizie di lui. La Principessa resta a lungo in silenzio ed alla fine annuncia che il bimbo è morto da due anni, al che la sorella s’accascia a terra con un grido. La zia ho un motto di pietà e si mette a pregare. Alla fine Angelica, stravolta, firma il documento. Nel chiostro Angelica, in stato d’esaltazione, incontra le suore che ritornano dal cimitero e si avviano alle loro celle. Di notte Suor Angelica esce dalla sua cella, per raccogliere delle erbe e comporre una pozione velenosa. Prima di bere l’infuso dice addio alle sorelle ed alla chiesa ed abbraccia la croce. Bevuto il veleno si rende conto di avere compiuto peccato mortale e disperata, chiede la grazia alla Madonna ed il miracolo si compie. La chiesa s’illumina, si sentono le voci degli angeli, appare la Regina del Conforto che sospinge incontro ad Angelica un bimbo biondo. La monaca muore. Brani celebri:

  • La Zia Principessa e Suor Angelica
  • Il principe Gualtiero vostro padre
  • Suor Angelica, Senza mamma, bimbo
  • Suor Angelica, Amici fiori.

SCALE MAGGIORI e MINORI

 MusicaSpesso le locandine dei concerti di musica classica risultano di difficile comprensione.
Alcune pillole possono dissipare alcuni dubbi.
MODO MAGGIORE E MINORE
La scala maggiore interpreta sentimenti di calma, gioia, euforia, trionfo, tende a porci in uno stato d’animo disteso. Verdi nella Marcia dell’Aida e Beethoven nella Sinfonia nr.3 la utilizzarono per esprimere il tono trionfale. La scala minore è utilizzata per esprimere stati d’animo di tristezza, malinconia, angoscia, cupezza, tende a porci in uno stato d’animo nostalgico. La scala minore veniva impiegata nella musica funebre, esempio la Marcia Funebre della Sonata op.35 di Chopin. Nella Sinfonia nr.5 di Beethoven troviamo un esempio di drammaticità. La differenza di carattere fra i due modi, maggiore e minore, viene ancor più evidenziata quando la musica diventa di supporto ad un testo, come capita nella musica operistica. Nella ‘Traviata’ di Giuseppe Verdi, il personaggio di Violetta, morente in attesa dell’amante Alfredo che teme giunga troppo tardi, canta ‘Addio, del passato’, un’aria in modo minore. Successivamente, quando Alfredo arriva e trova Violetta ancora in vita, per infonderle coraggio e speranza canta ‘Parigi, o cara’, che è invece in modo maggiore.
LE ALTERAZIONI
L’ottava, intervallo tra DO a DO, è composta da dodici suoni: i sette naturali (DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI), più le cinque alterazioni. Questi cinque suoni sono stati creati modificando l’altezza dei sette suoni naturali. Il ‘tono’ rappresenta l’ampiezza dell’intervallo più grande tra due suoni congiunti (DO-RE, ecc.) Gli intervalli più piccoli (MI-FA, ecc.) sono misurati con il ‘semitono‘, che rappresenta esattamente la metà del tono. I tasti neri infatti, si trovano sempre fra due tasti bianchi che distano l’uno dall’altro un intervallo di tono.
ScaleSCALA MUSICALE
La scala di DO costituisce il modello in base al quale vengono costruite tutte le altre scale maggiori, quindi devono avere i medesimi intervalli.
Per fare questo si ricorre alle alterazioni.
Prendiamo ad esempio la scala di SOL e osserviamo la disposizione dei toni e dei semitoni: essa non corrisponde a quella della scala di DO maggiore. Mentre nella scala di DO maggiore tra il VI e il VII grado (LA-SI) e tra il VII e il I (SI-DO) ci sono rispettivamente un tono e un semitono, nella scala di SOL c’è un semitono e un tono.
MusicaA questo punto, per rendere maggiore la scala di SOL, bisogna che il FA diventi FA diesis. Infatti, tra MI e FA# c’è un tono e tra FA# e SOL un semitono.
Ora la scala di SOL, con il FA# al posto del FA, corrisponde al modello della scala di DO maggiore.
Analoga procedura si esegue per le scale minori, le quali vengono costruite con l’intervallo del LA: T – ST – T – T – ST – T – T