DEI GRECI e ROMANI: 2^ parte

EROS o CUPIDO
Eros
Il nome deriva dal greco: amore
Dio dell’amore.
Anticamente in Grecia Eros era il figlio del Caos e personificava l’armonia e la potenza creativa dell’universo, ma ben presto venne identificato con un giovane bello e affascinante, accompagnato da Foto (bramosia) e Imero (desiderio); più tardi appare inseparabile dalla madre Afrodite.
Nell’arte greca Eros era rappresentato come un giovane alato, piccolo, bellissimo, con gli occhi bendati (simbolo della cecità dell’amore), con arco e frecce d’argento del desiderio (lanciate nel petto degli dei e degli uomini).Cupido
Il nome deriva dal latino: cupere (bramare).
Cupido era figlio di Venere (dea dell’amore) e di Vulcano (dio del fuoco).
Inizialmente era un dio giovane e bello che si innamorò di Psiche, una fanciulla bellissima, ma degenerò in un ragazzino dispettoso che colpisce indiscriminatamente uomini e dei con le sue frecce, facendoli innamorare perdutamente.
Nell’arte romana Eros era rappresentato come un paffuto fanciullo nudo alato, armato di arco, faretra e frecce.ERMES o MERCURIO
Ermes
Il nome deriva dal greco: annunzio
Figlio del dio Zeus e di Maia (figlia del titano Atlante), fu il messaggero degli dei.
Dio degli atleti, del commercio e dei mercanti e custode delle mandrie; inoltre conduceva le anime dei morti nel mondo sotterraneo e possedeva poteri magici sul sonno e sui sogni.
Dio con molte virtù, ma anche un nemico pericoloso, un truffatore e un ladro. Ad esempio il giorno della sua nascita rubò il bestiame del fratello Apollo, facendo camminare la mandria all’indietro, sulle proprie orme per cancellarne le tracce; posto a confronto con Apollo, Ermes negò il furto, determinando la rottura del rapporto con il fratello. I due fratelli si riconciliarono quando Ermes donò ad Apollo la lira che aveva creato.
Ermes veniva rappresentato nell’arte greca più antica come un uomo barbuto e maturo.
Nel  periodo classico divenne un giovane nudo atletico, che indossava sandali alati, un cappello a falda larga e una verga d’oro magica (il caduceo), con serpenti intrecciati e ali.Mercurio
Il nome deriva dal latino: mercanzia, mercanteggiare
Il dio condivideva gli attributi del dio greco Ermes.
Al culto di Mercurio venne dedicato un tempio vicino al Circo Massimo a Roma, nel 495 a.C.
APOLLO
Il nome deriva dal greco: sterminatore
Apollo era figlio di Zeus e di Leto (figlia di un titano).
Dio della musica, della medicina, delle scienze, dell‘intelletto e della profezia.
Egli era un dio profeta con un oracolo a Delfi, che concedeva talvolta il dono profetico ai mortali (vedasi  Cassandra).
Nell’Iliade  il Dio è descritto spietato e crudele.
Apollo è raffigurato come un atleta di grande bellezza fisica, coronato di alloro (simbolo della vittoria), con arco e frecce o cetra.Uguale per i Romani
DIONISO o BACCO
Dionisio
Il nome deriva dal greco: devoto o consacrato
Dionisio era figlio di Zeus e della mortale Semele (figlia del re di Tebe, Cadmo).
Dio del vino e della vegetazione.
Secondo la tradizione Dioniso moriva ogni inverno per rinascere in primavera, simboleggiando la rinascita ciclica della vegetazione.
Bacco
Il nome deriva dal latino: rumoroso
Dal V sec. a.C. Dioniso fu conosciuto anche come Bacco e baccanti erano detti i suoi seguaci che lo invocavano durante i misteri (Baccanali), feste che divennero tali orge da incorrere nella proibizione del senato romano nel 186 a.C.
Il Dio viene spesso raffigurato con un corno per bere e tralci di vite.ARTEMIDE o DIANA
Artemide
Il nome deriva dal greco: ripresa, recupero
Figlia di Zeus e di Leto e sorella gemella di Apollo.
Dea della caccia e degli animali selvatici, soprattutto degli orsi, nonché protettrice delle nascite, della natura e dei raccolti.
Come il fratello era armata di arco e frecce, con cui spesso puniva i mortali che la indispettivano.Durante la guerra di Troia, Artemide impedì ai greci di salpare per Troia finché non le ebbero sacrificata una vergine.
Diana
Il nome deriva dal latino: splendere e luminoso
Dea della luce diurna, della caccia e della castità, custodiva le fonti e i torrenti ed era la protettrice degli animali selvatici; inoltre assicurava un parto facile alle sue donne sue predilette.
Nelle raffigurazioni artistiche di solito appare come una giovane cacciatrice.
ERACLE o ERCOLE
Eracle
Il nome deriva dal greco: gloria di Era
Figlio di Zeus e di Alcmena.
L’eroe è noto per la sua forza ed il coraggio e per le sue numerose imprese.
Eracle è rappresentato con la pelle del Leone Nemeo, da lui sconfitto nella prima delle sue fatiche, armato di clava di olivo, arco e frecce o spada.Era voleva uccidere Eracle perché era il frutto del tradimento di Zeus, per cui mandò due grossi serpenti nella sua culla, ma il neonato li strangolò.
La dea implacabile nel suo odio verso Eracle, gli causò un attacco di pazzia durante il quale egli uccise moglie e figli. Per l’orrore ed il rimorso di ciò che aveva fatto, Eracle avrebbe voluto togliersi la vita, ma l’oracolo di Delfi gli disse che si sarebbe purificato diventando il servitore di Euristeo, re di Micene. Euristeo, spinto da Era, gli indicò come espiazione il compimento delle 12 fatiche.
Ercole
Il nome deriva dal latino: risonanza, gloria
Ercole corrisponde a Eracle.
ARES o MARTE
Ares
Il nome deriva dal greco: distruttore, feritore
Figlio di Zeus e di Era.
Dio della guerra, fu aggressivo, feroce, ardito e battagliero, ma non invincibile, neppure contro i mortali.
Il dio è rappresentato come un giovane aitante, con elmo e scudo, armato di lancia o spada, spesso indossa sulle spalle un pesante mantello.Marte
Il nome deriva dal latino: dio della guerra
Come per i greci è il Dio della guerra, era considerato il padre del popolo romano, in quanto padre di Romolo.
Da Marte prende il nome del mese di marzo.
EFESTO o VULCANO
Efesto
Efesto era figlio del dio Zeus e della dea Era.
Dio del fuoco e della lavorazione dei metalli, fabbricava per gli dei corazze, armature e gioielli.
Stranamente era brutto e zoppo ed a causa di ciò fu cacciato dall’Olimpo, ma ben presto assurge all’Olimpo e sposa Afrodite.Vulcano
Dio del fuoco, originariamente del fuoco vulcanico.
Particolarmente venerato a Ostia.
ASCLEPIO o ESCULAPIO
ASCLEPIO
Figlio di Apollo e della bella Coronide.
Dio della medicina.
Infuriato perché Coronide gli era stata infedele, Apollo la uccise e trasse Asclepio non ancora nato dal suo grembo, per poi affidarlo al centauro Chirone. Asclepio imparò tutto ciò che Chirone sapeva sulla medicina e divenne abilissimo nel guarire, ma poiché minacciava l’ordine naturale strappando gli uomini alla morte, il dio Zeus lo uccise con un fulmine.
Asclepio viene rappresentato con in mano il Caduceo.L’origine di questo bastone con due ali aperte e due serpenti attorcigliati che si guardano l’un l’altro, simbolo di pace,  fa riferimento all’episodio seguente.
Hermes ricevette un bastone da Apollo. Quando egli giunse in Arcadia, gli si pararono innanzi due serpenti che si divoravano a vicenda, allora egli gettò il legno tra loro ed essi si riappacificarono.
La serpe con il cambiamento della pelle simboleggia la rinascita e la fertilità.
Esculapio
Come i greci.

Franco Basaglia Psichiatra

Basaglia (Venezia, 11 marzo 1924 – Venezia, 29 agosto 1980), fu uno psichiatra, neurologo e docente, in particolare fu un riformatore nel campo della salute mentale e della psichiatrica.
Vita
Dopo aver conseguito la maturità classica nel 1943, studiò medicina presso l’Università di Padova, dove conobbe e divenne amico del pediatra Franco Panizon.
In quel periodo venne arrestato e detenuto per alcuni mesi nelle carceri della Repubblica Sociale Italiana, incolpato di antifascismo.
Dopo la guerra entrò nel Partito Socialista Italiano e nel 1949 conseguì la laurea.
Nel 1953 si specializzò in malattie nervose e mentali presso la clinica neuropsichiatrica di Padova e nello stesso anno sposò Franca Ongaro, dalla quale ebbe due figli.
Nel 1958 ottenne la libera docenza in psichiatria, ma da subito incontrò resistenze nel mondo accademico e nel 1961 rinunciò alla carriera universitaria e si trasferì a Gorizia per dirigervi l’ospedale psichiatrico. Questa decisione fu influenzata da motivazioni politiche e scientifiche. L’impatto con la realtà del manicomio fu durissimo.
Dopo alcune visite ad identiche realtà all’estero, tra cui una alla comunità terapeutica di Maxwell Jones, chiamò da Padova Antonio Slavich ed assieme alla moglie, psichiatri, intellettuali ed operatori sanitari formò una squadra, che iniziò una prima esperienza anti-istituzionale nell’ambito della cura dei malati di mente, basata su quanto Jones aveva compiuto in Inghilterra.
Questo significava modificare la struttura rigida e gerarchica dell’ospedale psichiatrico in un’organizzazione più aperta, rendendo paritario il rapporto fra gli utenti-pazienti e gli operatori sanitari. Questo comportava l’eliminazione della contenzione fisica, delle terapie con elettroshock, dei cancelli chiusi nei reparti, si doveva comprendere i sintomi della malattia mentale, altrimenti non era possibile qualsiasi guarigione.
L’approccio avrebbe dovuto essere di tipo umano, dove il malato era una persona da aiutare e non da recludere o isolare. Molto importante era considerata anche la terapia farmacologica.
Per attuare questa riforma furono allestiti, all’interno del manicomio, laboratori di pittura e di teatro, nacque una cooperativa di lavoro tra i pazienti in modo da permettere loro di svolgere lavori riconosciuti e retribuiti.
Il tentativo di superare la realtà del manicomio fallirà per le resistenze opposte dall’amministrazione locale nel dare luogo a un’assistenza psichiatrica sul territorio.
Nel 1967 lo psichiatra scrisse il volume Che cos’è la psichiatria e nel 1968 L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, scritto con la collaborazione della moglie, nel quale raccontò l’esperienza dell’ospedale di Gorizia.
Dal 1969 al 1971 diresse l’ospedale di Colorno (Parma); anche qui tentò di trasformare i manicomi, ma dovette affrontare difficoltà di ordine amministrativo opposte dalla giunta della Provincia di Parma.
Nel 1971 vince il concorso per la direzione dell’ospedale psichiatrico di Trieste: accetta subito perché gli viene garantita la possibilità di fare tutte le scelte che ritiene più opportune. La Giunta dà pieno appoggio al suo progetto di superamento del manicomio e di organizzazione psichiatrica territoriale.
Basaglia con la sua équipe e presenta un programma che ridimensiona l’ospedale attraverso l’apertura e la riorganizzazione dei reparti. I manicomi devono essere chiusi ed al loro posto è necessario costruire una rete di servizi esterni, che arrestino il flusso dei nuovi ricoveri e provvedano alle necessità di assistenza per le persone dimesse dal manicomio.
Nel 1972 il cavallo Marco, che sino a quel momento era stato utilizzato dentro la struttura, venne destinato al macello. I ricoverati, con una loro lettera chiesero all’allora presidente della provincia, che l’animale fosse affidato alle loro cure.
Il fatto di cronaca diede l’ispirazione a Vittorio Basaglia, cugino dello psichiatra, per la realizzazione dell’opera artistica Marco Cavallo, che fu costruito nei locali dell’ospedale nel 1973.
Nel 1973 Basaglia fondò la società Psichiatria Democratica, con la finalità di riformare la psichiatria, nello stesso anno ottiene il riconoscimento giuridico per la Cooperativa Lavoratori Uniti, prima esperienza di organizzazione lavorativa, che coinvolge i degenti dell’ospedale psichiatrico e la città venne indicata come zona pilota per l’Italia nella ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità relativa ai servizi di salute mentale.
Nel 1974 a Gorizia ci fu il primo convegno La pratica della follia, che segna il collegamento fra il movimento anti istituzionale e le forze politiche e sindacali di sinistra.
Nel 1975 si aprono i primi centri di salute mentale sul territorio.
Nel 1976 l’esperienza di superamento del manicomio, a causa della crisi politica, subisce attacchi sempre più violenti.
Alla fine del 1977 l’ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste fu chiuso.
Il 13 maggio 1978 fu approvata la LEGGE 180 di riforma psichiatrica, legge che nonostante siano passati molti anni, non è ancora applicata in modo completo.
Nel 1979, affronta due importantissimi viaggi in Brasile dove tiene una serie di conferenze che vengono raccolte nel volume Conferenze brasiliane.
Nel novembre del 1979 si trasferì a Roma per assumere l’incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio e lascia la direzione dell’ospedale ormai aperto e molto diverso di come era solo 8 anni prima a Franco Rotelli.
Nella primavera del 1980 si manifestarono i primi sintomi di un tumore cerebrale che in pochi mesi lo portarono alla morte.
Il 29 agosto muore nella sua casa di Venezia e verrà sepolto al cimitero di San Michele della stessa città.
PENSIERO
Basaglia considerava il manicomio un luogo di emarginazione, non di cura, che annulla la dignità del malato come persona.
il malato di mente non ha solo bisogno di cure per la sua malattia ma anche di un rapporto umano con chi lo segue. Inoltre è evidente che il malato, come ad ogni essere umano, servono risposte pratiche; quindi necessita di denaro, di una famiglia e di tutto ciò che ognuno di noi cerca nella vita. Quando ritornava uomo, chi prima era considerato folle non presentava più una malattia, ma una crisi sotto vari aspetti. Lo psichiatra doveva ascoltare chi aveva di fronte e rinunciare ad ogni certezza precostituita, sospendendo il giudizio.
Tutto ciò si può ottenere riallacciando i rapporti tra pazienti e mondo esterno e l’apertura fisica dei manicomi.