Anello Altopiano della Bainsizza in bici

Bella sgroppata sull’Altopiano della Bainsizza in Slovenia.
Percorso caratterizzato da un paesaggio bucolico, dove domina incontrastato il verde dei prati e dei boschi. Ampi panorami, scorci, paeselli, mucche al pascolo, “strop” di verdure si susseguono lungo tutto il tragitto.
Dati tecniciPartenza/arrivo: Grgar/Gargaro (comodo parcheggio all’entrata del paese, accanto al campo  giochi)
Lunghezza:         42 km
Dislivello:           1070 m
Strade:                Asfaltate o lastricate con basso traffico
Tipo di bici:        City Bike (dotata di cambi per salite ripide) e/o MTB
Itinerario
L’itinerario si svolge su e giù per l’altopiano, il quale è alto, ma non piano. Sono presenti diversi violenti strappi in salita ed il dislivello è consistente, per cui la difficoltà è elevata.
Si parte subito in salita lungo la strada che porta a Cepovano/Cepovan, dopo 4 km circa si svolta a sinistra e si procede lungo una inesorabile rettilinea salita che costeggia la boschiva montagna, sino al colmo dell’altopiano; seguono brevi violenti saliscendi sino al successivo bivio.All’incrocio si gira a destra e subito a sinistra, si passa Locavizza/Lokovec e procedendo lungo la direttrice principale, si continua a salire, tra prati, doline, boschi.Superata l’indicazione per Novo Mesto, si svolta a sinistra, per immettersi su una strada sterrata lunga 5 km circa, un po’ in salita ed un po’ in discesa. Si procede immersi in un ombroso bosco.Raggiunto il bivio successivo, si gira sull’asfalto a sinistra e lungo una bella discesa si raggiunge  Kal nad Kanalom, dove il paesaggio torna ad aprirsi.Seguono sali scendi sino al successivo incrocio, dove si svolta bruscamente a destra per Santo Spirito della Bainsizza/Banjsice.Primeggiano i ciliegi in fiore.Superato il paese, si attraversa un lungo tratto prativo dedicato al pascolo, sino al successivo bivio, dove si gira a sinistra.
Infine si rientra alla meta seguendo una lunga discesa.

Volo di D’Annunzio su Vienna

Sin dalla metà del 1917 D’Annunzio progettò di volare su Vienna, ma in quell’epoca l’autonomia degli aerei era limitata, per cui il Comando Supremo dapprima ne negò il consenso e poi ordinò prove di collaudo che confermassero la possibilità degli apparecchi di volare 1000km.
Ottenuta l’autorizzazione ci fu un primo tentativo di volo il 2 agosto 1918 con 13 apparecchi, ma la nebbia indusse i piloti a rientrare ed il secondo tentativo dell’8 agosto, fu interrotto a Klagenfurt per il vento contrario.
Infine il giorno il 9 agosto 1918, alle ore 5.50, dal campo di San Pelagio (Treviso) si alzarono in volo 11 Ansaldo SVA dell’87a squadriglia aeroplani, battezzata La serenissima.I partecipanti erano: Natale Palli e Gabriele d’Annunzio in un biposto guidato dal capitano Palli, Locatelli, Allegri, Censi, Finzi, Massone, Granzarolo, Sarti, Ferrarin, Masprone e Contratti nei monoposto.A causa di malfunzionamenti del motore, i velivoli di Ferrarin, Masprone e Contratti, , dovettero rientrare non appena partiti e Sarti fu costretto ad atterrare in paese nemico, presso Wiener-Neustadt.
I velivoli rimasti giunsero su Vienna alle ore 9.20, senza nessuna reazione da parte del nemico.
Quando gli aerei furono scesi sotto gli 800 metri, lanciarono 50.000 copie di un manifestino in italiano scritto dal Poeta.Lo scritto recitava:
In questo mattino d’agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l’anno della nostra piena potenza, I’ala tricolore vi apparisce all’improvviso come indizio del destino che si volge.
II destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. E’ passata per sempre l’ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l’impeto. Ma, se l’impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno.
L’Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l’Ourcq di sangue tedesco.
Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo.
Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino.
Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi.
Viva I’ Italia!
Gabriele d’Annunzio
Essendo il testo dannunziano di difficile comprensione, Ugo Ojetti scrisse un testo tradotto in tedesco, di cui furono lanciate 350.000 copie, con il seguente scritto:
Viennesi !
Imparate a conoscere gli Italiani.
Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne.
Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle liberta nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi ne’ pace nè pane, e vi nutre d’odio e d’ illusioni.
Viennesi!
Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l’uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s’é volto contro di voi.
Volete continuare la guerra? Continuatela, é il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani?
La loro vittoria decisiva è come il pane dell’Ucraina: si muore aspettandola.Gli aerei, per sfuggire alla contraerea, rientrarono in Italia seguendo una rotta diversa ed arrivarono al campo di aviazione do partenza alle 12.40, dopo un volo di 7h20’.
II comunicato ufficiale del Comando Supremo riportò:
Zona di guerra, 9 agosto 1918. Una pattuglia di 8 apparecchi nazionali, un biposto e sette monoposti, al comando del maggiore d’Annunzio, ha eseguito stamane un brillante raid su Vienna, compiendo un percorso complessivo di circa 1000 chilometri, dei quali oltre 800 su territorio nemico. I nostri aerei, partiti alle ore 5.50, dopo aver superato non lievi difficoltà atmosferiche, raggiungevano alle ore 9.20 la città di Vienna, su cui si abbassavano a quota inferiore agli 800 metri, lanciando parecchie migliaia di manifesti.
L’impresa produsse in Italia e nel mondo un’enorme impressione e lo scrittore venne insignito di 5 medaglie d’argento, 1 d’oro, 1 di bronzo e della Croce di Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia.
AEREIAnsaldo SVA
Velivolo da caccia, ricognizione e bombardamento.
Caratteristiche
Apertura alare: 9,10 m
Lunghezza: 8,10 m
Altezza: 2,65 m
Superficie alare: 24,20 m2
Peso a vuoto: 700 kg
Peso a pieno carico: 1050 kg
Velocita’ max: 215 km/h
Autonomia: 5 h
Motore: SPA 6A da 220 CV

DEI GRECI e ROMANI: 2^ parte

EROS o CUPIDO
Eros
Il nome deriva dal greco: amore
Dio dell’amore.
Anticamente in Grecia Eros era il figlio del Caos e personificava l’armonia e la potenza creativa dell’universo, ma ben presto venne identificato con un giovane bello e affascinante, accompagnato da Foto (bramosia) e Imero (desiderio); più tardi appare inseparabile dalla madre Afrodite.
Nell’arte greca Eros era rappresentato come un giovane alato, piccolo, bellissimo, con gli occhi bendati (simbolo della cecità dell’amore), con arco e frecce d’argento del desiderio (lanciate nel petto degli dei e degli uomini).Cupido
Il nome deriva dal latino: cupere (bramare).
Cupido era figlio di Venere (dea dell’amore) e di Vulcano (dio del fuoco).
Inizialmente era un dio giovane e bello che si innamorò di Psiche, una fanciulla bellissima, ma degenerò in un ragazzino dispettoso che colpisce indiscriminatamente uomini e dei con le sue frecce, facendoli innamorare perdutamente.
Nell’arte romana Eros era rappresentato come un paffuto fanciullo nudo alato, armato di arco, faretra e frecce.ERMES o MERCURIO
Ermes
Il nome deriva dal greco: annunzio
Figlio del dio Zeus e di Maia (figlia del titano Atlante), fu il messaggero degli dei.
Dio degli atleti, del commercio e dei mercanti e custode delle mandrie; inoltre conduceva le anime dei morti nel mondo sotterraneo e possedeva poteri magici sul sonno e sui sogni.
Dio con molte virtù, ma anche un nemico pericoloso, un truffatore e un ladro. Ad esempio il giorno della sua nascita rubò il bestiame del fratello Apollo, facendo camminare la mandria all’indietro, sulle proprie orme per cancellarne le tracce; posto a confronto con Apollo, Ermes negò il furto, determinando la rottura del rapporto con il fratello. I due fratelli si riconciliarono quando Ermes donò ad Apollo la lira che aveva creato.
Ermes veniva rappresentato nell’arte greca più antica come un uomo barbuto e maturo.
Nel  periodo classico divenne un giovane nudo atletico, che indossava sandali alati, un cappello a falda larga e una verga d’oro magica (il caduceo), con serpenti intrecciati e ali.Mercurio
Il nome deriva dal latino: mercanzia, mercanteggiare
Il dio condivideva gli attributi del dio greco Ermes.
Al culto di Mercurio venne dedicato un tempio vicino al Circo Massimo a Roma, nel 495 a.C.
APOLLO
Il nome deriva dal greco: sterminatore
Apollo era figlio di Zeus e di Leto (figlia di un titano).
Dio della musica, della medicina, delle scienze, dell‘intelletto e della profezia.
Egli era un dio profeta con un oracolo a Delfi, che concedeva talvolta il dono profetico ai mortali (vedasi  Cassandra).
Nell’Iliade  il Dio è descritto spietato e crudele.
Apollo è raffigurato come un atleta di grande bellezza fisica, coronato di alloro (simbolo della vittoria), con arco e frecce o cetra.Uguale per i Romani
DIONISO o BACCO
Dionisio
Il nome deriva dal greco: devoto o consacrato
Dionisio era figlio di Zeus e della mortale Semele (figlia del re di Tebe, Cadmo).
Dio del vino e della vegetazione.
Secondo la tradizione Dioniso moriva ogni inverno per rinascere in primavera, simboleggiando la rinascita ciclica della vegetazione.
Bacco
Il nome deriva dal latino: rumoroso
Dal V sec. a.C. Dioniso fu conosciuto anche come Bacco e baccanti erano detti i suoi seguaci che lo invocavano durante i misteri (Baccanali), feste che divennero tali orge da incorrere nella proibizione del senato romano nel 186 a.C.
Il Dio viene spesso raffigurato con un corno per bere e tralci di vite.ARTEMIDE o DIANA
Artemide
Il nome deriva dal greco: ripresa, recupero
Figlia di Zeus e di Leto e sorella gemella di Apollo.
Dea della caccia e degli animali selvatici, soprattutto degli orsi, nonché protettrice delle nascite, della natura e dei raccolti.
Come il fratello era armata di arco e frecce, con cui spesso puniva i mortali che la indispettivano.Durante la guerra di Troia, Artemide impedì ai greci di salpare per Troia finché non le ebbero sacrificata una vergine.
Diana
Il nome deriva dal latino: splendere e luminoso
Dea della luce diurna, della caccia e della castità, custodiva le fonti e i torrenti ed era la protettrice degli animali selvatici; inoltre assicurava un parto facile alle sue donne sue predilette.
Nelle raffigurazioni artistiche di solito appare come una giovane cacciatrice.
ERACLE o ERCOLE
Eracle
Il nome deriva dal greco: gloria di Era
Figlio di Zeus e di Alcmena.
L’eroe è noto per la sua forza ed il coraggio e per le sue numerose imprese.
Eracle è rappresentato con la pelle del Leone Nemeo, da lui sconfitto nella prima delle sue fatiche, armato di clava di olivo, arco e frecce o spada.Era voleva uccidere Eracle perché era il frutto del tradimento di Zeus, per cui mandò due grossi serpenti nella sua culla, ma il neonato li strangolò.
La dea implacabile nel suo odio verso Eracle, gli causò un attacco di pazzia durante il quale egli uccise moglie e figli. Per l’orrore ed il rimorso di ciò che aveva fatto, Eracle avrebbe voluto togliersi la vita, ma l’oracolo di Delfi gli disse che si sarebbe purificato diventando il servitore di Euristeo, re di Micene. Euristeo, spinto da Era, gli indicò come espiazione il compimento delle 12 fatiche.
Ercole
Il nome deriva dal latino: risonanza, gloria
Ercole corrisponde a Eracle.
ARES o MARTE
Ares
Il nome deriva dal greco: distruttore, feritore
Figlio di Zeus e di Era.
Dio della guerra, fu aggressivo, feroce, ardito e battagliero, ma non invincibile, neppure contro i mortali.
Il dio è rappresentato come un giovane aitante, con elmo e scudo, armato di lancia o spada, spesso indossa sulle spalle un pesante mantello.Marte
Il nome deriva dal latino: dio della guerra
Come per i greci è il Dio della guerra, era considerato il padre del popolo romano, in quanto padre di Romolo.
Da Marte prende il nome del mese di marzo.
EFESTO o VULCANO
Efesto
Efesto era figlio del dio Zeus e della dea Era.
Dio del fuoco e della lavorazione dei metalli, fabbricava per gli dei corazze, armature e gioielli.
Stranamente era brutto e zoppo ed a causa di ciò fu cacciato dall’Olimpo, ma ben presto assurge all’Olimpo e sposa Afrodite.Vulcano
Dio del fuoco, originariamente del fuoco vulcanico.
Particolarmente venerato a Ostia.
ASCLEPIO o ESCULAPIO
ASCLEPIO
Figlio di Apollo e della bella Coronide.
Dio della medicina.
Infuriato perché Coronide gli era stata infedele, Apollo la uccise e trasse Asclepio non ancora nato dal suo grembo, per poi affidarlo al centauro Chirone. Asclepio imparò tutto ciò che Chirone sapeva sulla medicina e divenne abilissimo nel guarire, ma poiché minacciava l’ordine naturale strappando gli uomini alla morte, il dio Zeus lo uccise con un fulmine.
Asclepio viene rappresentato con in mano il Caduceo.L’origine di questo bastone con due ali aperte e due serpenti attorcigliati che si guardano l’un l’altro, simbolo di pace,  fa riferimento all’episodio seguente.
Hermes ricevette un bastone da Apollo. Quando egli giunse in Arcadia, gli si pararono innanzi due serpenti che si divoravano a vicenda, allora egli gettò il legno tra loro ed essi si riappacificarono.
La serpe con il cambiamento della pelle simboleggia la rinascita e la fertilità.
Esculapio
Come i greci.

DEI GRECI e ROMANI: 1^ parte

CRONO o SATURNO
Crono
Il nome deriva dal greco: tempoSignore dell’universo durante l’Età dell’Oro, ultimo figlio titano di Urano e Gea, sposò la sorella Rea e generò con lei Zeus, Era, Poseidone, Ade e Demetra.
Saturno
Il nome deriva dal latino: semina
Antico dio dell’agricoltura, sposo di Opi (dea dell’abbondanza), i figli furono Giove, Giunone, Nettuno, Plutone, Cerere.
Il Dio fu spodestato dal figlio Giove e fuggì in Italia, dove regnò nell’Età dell’Oro, epoca di perfetta pace e felicità.
Nelle raffigurazioni artistiche, Saturno di solito compare con la barba, reggendo una falce o una spiga di grano.ZEUS o GIOVE
Zeus
Il nome deriva dal greco: luceDivinità suprema degli dei dell’Olimpo, nonché re del cielo e della pioggia, raccoglitore di nubi e dispensatore di fulmini e protettore del genere umano.
Nei poemi omerici Zeus viene rappresentato come il dio della giustizia e della pietà, sposo della sorella Era.
Il Dio veniva simboleggiato da: folgore, aquila, toro, quercia e albero d’olivo.
Zeus era il figlio più giovane del titano Crono e della titanide Rea e fratello degli dei Poseidone, Ade, Estia, Demetra ed Era.
A Crono gli era stato profetizzato che uno dei suoi figli l’avrebbe spodestato, per cui egli li ingoiava appena nati, ma quando nacque Zeus, Rea avvolse una pietra con delle fasce e la fece ingoiare a Crono, mentre il neonato fu nascosto a Creta presso le ninfe. Divenuto adulto, Zeus obbligò Crono a rigettare i 5 figli e la pietra, che fu poi portata a Delfi.
Successivamente Zeus con l’aiuto dei ciclopi e dei fratelli, intraprese una guerra contro il padre ed i titani. La vittoria finale fu di Zeus che da quel momento dominò il Cielo, i fratelli Poseidone e Ade ebbero il potere rispettivamente sul mare e sugli inferi, mentre la Terra fu governata in comune da tutti e tre. Crono ed i titani furono confinati nel Tartaro.
Giove
Il nome deriva dal latino: sfolgorante, risplendente
Gli attributi sono uguali a quelli greci.
Giove era figlio del dio Saturno, che spodestò.
Come protettore di Roma veniva chiamato Iuppiter Optimus Maximus (il migliore e il più grande), era venerato in un tempio sul Campidoglio, custode della legge, difensore della verità e protettore di giustizia e virtù.
ERA o GIUNONE
Era
Il nome deriva dal greco: eroe
Era fu la regina degli dei, dea del matrimonio e protettrice delle donne sposate.
La dea fu sorella e sposa di Zeus, da cui ebbe: Ares (dio della guerra), Efesto (dio del fuoco), Ebe (dea della giovinezza) e Ilizia (dea del parto).In figura la dea indossa sulla testa il polos (copricapo di forma cilindrica indossato dalle più importanti dee delle culture antiche), in una mano stringe la patera (vasetto utilizzato durante i sacrifici e riti) e nell’altra una melagrana (simbolo di fertilità e di morte).
I suoi simboli erano la mucca, la Via Lattea, il giglio e il pavone.
Moglie gelosa e vendicativa, perseguitò spesso le amanti e i figli di Zeus.
Adirata con il principe troiano Paride che, in una gara di bellezza, le aveva preferito Afrodite (dea dell’amore), la dea aiutò i greci nella guerra di Troia e fu soddisfatta soltanto quando la città venne finalmente distrutta.
Giunone
Il nome deriva dal latino: donna giovane, fiorenteNella figura è raffigurata con in mano lo scettro sormontato da un cuculo (uccello con la quale si era presentato Zeus, quando la chiese in moglie), con accanto un pavone.
Oltre agli attributi greci era la particolare consigliera e protettrice dello stato romano.
POSEIDONE o NETTUNO
Poseidone
Il nome deriva dal greco: sposo della terra
Dio del mare ed in origine dei terremoti.
Poseidone era lo sposo di Anfitrite, con la quale generò Tritone, ma ebbe numerosi figli, famosi per la loro crudeltà, da relazioni con ninfe di sorgenti, tra cui: il gigante Orione, il ciclope Polifemo ed il celebre cavallo alato Pegaso.
In arte Poseidone è rappresentato come un personaggio maestoso, con la barba, che impugna un tridente, spesso accompagnato da un delfino.
Il Dio aiutò Laomedonte a costruire le mura della città di Troia, ma non fu ricompensato; per cui si  vendicò, mandando un terribile mostro marino a devastare la regione e schierandosi con i greci durante la guerra di Troia con i greci.
La divinità lottò senza successo contro Atena per il controllo di Atene.
Nettuno
Il nome deriva dal latino: umido (etimologia incerta)
Dio del mare, delle fonti e dei corsi d’acqua.
ADE o PLUTONE
Ade
Il nome deriva dal greco: invisibile
Ade fratello di Zeus e Poseidone, regnò nel mondo sotterraneo insieme alla ninfa Persefone, rapita dal mondo terreno. Il dio risiedeva negli Inferi in un palazzo fatiscente con molti cancelli, affollato di anime e popolato di fantasmi.
Spesso viene rappresentato assieme a Cerbero, cane a tre teste, mostro che faceva la guardia all’ingresso degli inferi.Era un dio feroce e non si placava né con sacrifici né con preghiere, ma non era malvagio.
Plutone
Il nome deriva dal latino: ricchezza
Quando Plutone esautorò con l’aiutò dei fratelli il padre Saturno, gli fu assegnato il mondo sotterraneo, sul quale regnò assieme a Proserpina.
Quale dio della prosperità fu ritenuto il dispensatore dei beni nascosti nella terra, come i minerali preziosi e le messi. Dio noto anche come Orco o Dis, colui che dà la ricchezza.
DEMETRA o CERERE
Demetra
Il nome deriva dal greco: madre terra
Dea del grano e dei raccolti.
Demetra era figlia del titano Crono e di Rea e madre di Persefone.
Ade, dio del mondo sotterraneo, si innamorò di Persefone e volle sposarla, ma Demetra era contraria; per cui il Dio la rapì e la portò nel suo regno.
La dea cominciò a vagare alla ricerca della figlia perduta e nel frattempo trascurò la terra che cadde nella desolazione: tutte le piante morirono e la carestia devastò il territorio. A quel punto Zeus incaricò Ermes, il messaggero degli dei, di riportare Persefone da sua madre. Ade prima di lasciare andare Persefone, le fece mangiare un chicco di melagrana che la legò per sempre al regno dei morti. Si trovò comunque un compromesso: Persefone avrebbe passato 4-6 mesi agli inferi e il resto dell’anno sulla terra.
Conseguenza di questo patto fu che in primavera Demetra faceva rinascere la natura, mentre in autunno, al suo rientro negli inferi, la vegetazione moriva ed iniziava l’inverno.
Demetra viene spesso viene raffigurata su un carro ed associata ai prodotti della terra, come fiori, frutta e spighe di grano.Cecere
Il nome deriva dal latino: cece
Dea dell’agricoltura, la cui figlia Proserpina era identificata con Persefone.
Il suo culto divenne molto popolare soprattutto fra i plebei, tant’è che la parola cereali deriva dal suo nome.
ATENA o MINERVA
Atena
Il nome deriva dal greco: saggezza
Atena era la dea della saggezza, delle arti e dei mestieri, della guerra e protettrice dell’agricoltura; all’uomo dedicò l’invenzione dell’aratro e del flauto, le arti di addomesticare gli animali, costruire navi e fabbricare calzature.
Figlia prediletta di Zeus, nacque già adulta dalla testa del dio, armata di una lancia, di una corazza, di un elmo e di uno scudo ornato con la spaventosa testa della gorgone Medusa, che pietrificava chiunque la guardasse.La dea fu spesso associata alla civetta.
Gli ateniesi le dedicarono il Partenone, come ricompensa del suo dono dell’ulivo.
La dea sostenne i greci durante la guerra di Troia, ma gli ellenici dopo la caduta della città, non rispettarono la sacralità di un altare a lei dedicato, per cui Atena chiese a Poseidone (dio del mare) di scatenare una tempesta che distrusse la maggior parte delle navi greche sulla via del ritorno da Troia.
Minerva
Il nome deriva dal latino: saggezza
Dea dei lavori manuali, patrona delle arti e del commercio.
Con Giove e Giunone, era venerata in un grande tempio sulla sommità del Campidoglio a Roma.
PERSEFONE o PROSERPINA
Persefone
Il nome deriva dal greco: portatrice di morte (etimologia incerta)Figlia di Zeus e di Demetra.
Persefone rappresentava la rinascita della natura in primavera.
Proserpina
Il nome deriva dal latino: serpeggiare
AFRODITE O VENERE
Afrodite
Il nome deriva dal greco: spuma (etimologia incerta)Dea dell’amore e della bellezza.
Nell’Iliade di Omero è presentata come figlia di Zeus e Dione e sposa del dio Efesto;  mentre nella Teogonia di Esiodo nacque dalla schiuma del mare.
La dea ebbe Enea da Anchise.
Dice la legenda che Eris (dea della discordia), non fu invitata alle nozze del re Peleo con la divinità marina Teti: offesa, la dea gettò nella sala del banchetto una mela d’oro, su cui erano scritte le parole: “Alla più bella”. A Zeus spettava la scelta tra Era, Atena e Afrodite, ma egli rifiutò l’incarico, per cui le dee si rivolsero a Paride, principe di Troia. Per accattivarselo, ciascuna divinità gli promise un dono: Era l’avrebbe reso potente, Atena gli avrebbe procurato la gloria militare ed Afrodite gli avrebbe concesso la donna più bella del mondo. Paride decretò che la mela spettava ad Afrodite, e chiese in premio Elena, moglie del re greco Menelao. La conseguenza della scelta di Paride fu la guerra di Troia.
Venere
Il nome deriva dal latino: amore, bellezza
In origine era la dea dei giardini e degli orti, in seguito identificata con Afrodite.
In epoca imperiale era venerata sotto diverse sembianze: come Venus genitrix era madre dell’eroe Enea, capostipite del popolo romano; come Venus felix, apportatrice di fortuna; come Venus victrix, colei che procura la vittoria; come Venus verticordia, protettrice della castità femminile.
Venere era moglie di Vulcano, dio della lavorazione dei metalli, ma ebbe numerosi amanti, tra cui Cupido, dio dell’amore.

Isola dei Pescatori di Caorle

Introduzione
Isola dei Pescatori di Caorle o Madonna Stella della Nuova Evangelizzazione
Laguna di Baseleghe-Bibione
Parrocchia di Cesarolo-Baseleghe (Venezia)STORIA
Nel XVI sec. comparve negli archivi della Serenissima Repubblica di Venezia questa isoletta, come stazione di vigilanza sui traffici di merci.
Nel 1558 una mappa ne riporta il nome: Cason del Frassene.
La devozione mariana risale al 1917, quando un pescatore, proveniente da Caorle, affisse su un barra di legno l’immagine della Madonna, come PGR (per grazia ricevuta) per una scampata disgrazia.
Nel 1943 la città di Caorle subì bombardamenti aerei da parte degli alleati, con conseguenti distruzioni di case nel centro storico.
Tra i partecipanti della Messa domenicale c’era anche un gruppo di soldati tedeschi, tra cui un ufficiale di nome Johann (cattolico), che come segno di ringraziamento per lo scampato pericolo dalle incursioni aeree decise di rinnovare il voto del ’17. Egli sostituì l’asse di legno con una colonna di marmo, prelevata dalle macerie dei bombardamento e fece scolpire l’attuale immagine della Madonna col Bambino in pietra.Una volta innalzato il nuovo monumento, il 20 novembre, alla presenza di molta gente accorsa da Caorle e dall’entroterra di Terzo Bacino e delle campagne circostanti, venne impartita la benedizione dall’allora cappellano Don Eugenio Bressan.
Da allora, fino a quando nella laguna di Caorle si svolsero le attività di pesca autunnale (dall’8 settembre: Madonna dei fagotti, fino alle feste natalizie), ed i casoni furono abitati, fu presente la devozione mariana.
Dopodiché il sito fu abbandonato.
Nel 2005, in occasione di un pellegrinaggio della Comunità della Cattedrale di Caorle, presieduto dall’Arciprete Mons. Giuseppe Manzato, in preparazione ai solenni festeggiamenti quinquennali della Madonna dell’Angelo, si pensò di rivalorizzare il luogo.
L’isolotto fu donato dalla Società PortoBaseleghe alla Parrocchia, furono eseguiti interventi di ripascimento con le terre di risulta dal Consorzio di Bonifica delle Pianure Venete tra Livenza e Tagliamento e fu ricollocata la stele mariana, sulla sommità del capitello ideato dal Geom. Vincenzo Borghello, in linee essenziali che si armonizzano con l’ambiente circostante.
Infine il 28 agosto 2010 il Vescovo diocesano di Concordia-Pordenone, Mons. Ovidio Poletto, impartì la sua benedizione all’opera.
Da allora numerosi fedeli, sia in pellegrinaggi organizzati sia in visite private, onorano la Beata Vergine Maria Stella della Nuova Evangelizzazione, a tutti nota come Madonnina dei Pescatori.
FESTA
Ogni anno a fine agosto si svolge la festa dell Madonnina dell’isola.

Anello Villaggio Pescatori – San Giovanni di Duino (sentiero Bratina)

Nel 2012 il gruppo speleologico Flondar ha realizzato il sentiero storico-naturalistico che va dal Villaggio del Pescatore fino a San Giovanni di Duino.
Partenza/arrivo: parcheggio adiacente la Chiesa di S. Giovanni in Tuba.Descrizione
Si passa a lato della Chiesa di S. Giovanni in Tuba e poi accanto alle foci del fiume Timavo.Per un breve tratto si segue il fiume.Il sentiero Bratina parte a sinistra di un casolare abbandonato, è segnato da tracce giallorosso ed in alcuni tratti delimitato ai lati da pietre.Dopo 15’ circa si raggiunge una dolina, con pareti rocciose verticali sulla sinistra (oggi palestra di roccia). Qui ci sono due gallerie della 1^ guerra mondiale (riutilizzate anche durante la 2^ guerra mondiale) e resti di postazioni per mortaio o simili.Il tratto che segue è quello più suggestivo, in quanto si procede a zig-zag all’interno delle trincee della linea austro-ungarica “Kote 28” del Flondar, destinate a bloccare l’avanzata italiana verso Trieste nel 1917.Segue tratto boschivo.Infine, dopo aver superato una grotta a destra del sentiero, si sbuca sulla cresta del promontorio Bratina. Da tale posizione si gode la vista del Villaggio del Pescatore.Si continua a camminare sul promontorio sino ad un incrocio, dove si svolta a sinistra e si chiude l’anello.Prima del parcheggio un’occhiata alla Chiesa di San Giovanni Battista ed al Cippo eretto in ricordo della Terza Armata.

Alpin Jo Mame

Festa degli alpini 2018

TRENTO








a MILANO 2019

Parco UNGARETTI – Sagrado

Indirizzo: Castelvecchio, via Castelnuovo 2, Sagrado (Go).
Il Parco Il Porto Sepolto è il 1° parco letterario d’Italia, sorge in una tenuta agricola vitivinicola, collocata proprio nei luoghi dove furono combattute le prime battaglie sull’Isonzo nella 1^ guerra mondiale.
La villa posizionata all’interno del possedimento, per un periodo fu sede del comando militare italiano.
L’architetto Paolo Bornello ha progettato un percorso che si snoda ungo il giardino della villa, fino alle rovine del comando militare italiano.
                                                                  mappa
Tale itinerario attraversa 3 aree principali, nelle quali si possono leggere le composizioni del poeta:

  • la Torre (9), situata a ridosso dell’antico muro di contenimento del giardino. Essa è formata da una struttura portante in tronchi di legno alta 10 metri che sorreggono una struttura cubica in acciaio con due lati in vetro dove sono incise le poesie di Ungaretti
  • il Recinto Sacro (10), una piccola collina dove sono posizionati 10 blocchi di pietra carsica che racchiudono una stele in acciaio. Sia le pietre che la stele portano incise le poesie di Ungaretti

  • il Sacrario (12), una sorta di labirinto di pali in legno grezzo alti 6,10 metri.

    Al centro dell’installazione si trova una lastra di ottone con l’incisione del ritratto di Ungaretti in età matura (opera di Franco Dugo) e delle poesie.

Le 10 poesie collocate nel Parco sono tratte da La Vita di un uomo (Il Porto Sepolto, Tramonto, Fratelli, Veglia, Stasera, Sono una creatura, C’era una volta, I fiumi, San Martino del Carso e Commiato).
Giardino della memoria
All’esterno della villa, alla destra della mappa (non visibile), è stata installata un’opera realizzata dall’artista Franco Maschio.
Essa si compone di due piramidi sovrapposte che simboleggiano l’unione fra la terra e il cielo.
La piramide esterna è realizzata con due binari italiani e due austriaci e rappresenta la pace tra Dio e gli uomini, sulla sua sommità sono state collocate colombe bianche e colombe color arcobaleno, che hanno il compito di accompagnare verso il cielo i soldati dei due schieramenti.
La piramide interna è più piccola ed è composta da 4 pareti trasparenti, al suo interno sono stati collocati i reperti colorati (elmetti, gavette, cinture, fibbie, scarponi, bottiglie, lattine) ritrovati nella tenuta Castelvecchio.
Ungaretti
Giuseppe Ungaretti prese parte alla 1^ Guerra Mondiale sul Carso, sul Monte San Michele. A fine agosto del 1916, per paura di morire in battaglia, consegnò al tenente Ettore Serra la raccolta Il Porto Sepolto, un anno di poesie scritte su foglietti di fortuna, a margine di giornali e cartoline. L’amico, profondamente colpito dalla forza e dall’originalità dei versi, fece stampare la raccolta in 80 copie da una tipografia di Udine nel dicembre 1916.
Di questa raccolta fanno parte le due poesie incise nella lastra all’interno del sacrario.