Prefazione
Negli anni che vanno dal 1504 al 1537 Pordenone passò varie volte dagli Austriaci ai Veneziani; ai disagi delle occupazioni e dei saccheggi si aggiunsero la carestia, la peste e nel 1511 il terremoto. Il pittore per scampare a tali pericoli, si trasferì in campagna, lavorando per gli abitanti del luogo, in tal modo lasciò una testimonianza indelebile nei villaggi della pedemontana pordenonese, di cui molte andarono perdute.
VITA e OPERE
Giovanni Antonio de’ Sacchi nacque a Pordenone nel 1483 (o 1484) da Angelo muratore proveniente da Corticelle Pieve (BS). Forse fu autodidatta, forse discepolo di Pellegrino da San Daniele, forse scolaro e collaboratore di Gianfrancesco da Tolmezzo. In ogni modo egli partì da una visione e da un’esperienza nettamente friulana della pittura e vi si mantenne più o meno fedele fino ai trent’anni. Poi la conoscenza della pittura veneziana e romana, lo portarono a convertire la sua pittura da popolare a colta.
Forse a causa della vita, fu un uomo di temperamento turbolento, collerico e passionale, ma nel contempo il coraggio di combattere dovunque le sue battaglie, lo fece curioso e intraprendente.
Nel 1494 si sposò con una Anastasia da Giamosa, ma presto rimase vedovo.
La prima opera certa del pittore è custodita nella Parrocchiale di S. Stefano a Valeriano (PN) (1506), essa raffigura S. Michele Arcangelo in atto di calpestare Satana tra i SS. Valeriano e Giovanni Battista. Il giovane pittore palesa una tecnica quattrocentesca di scuola tolmezzina, l’utilizzo degli spazi risulta scorretto, ma s’intravede un’innovativa capacità di utilizzo della luce, un’eleganza nervosa della figura e uno slancio aggraziato che il tempo farà soltanto più vigoroso e convinto.
Negli affreschi della Chiesa di S. Lorenzo di Vacile (PN) (1506-1510) sulla volta dell’abside, suddivisa in otto scomparti da robuste ogive sono raffigurati:
- al centro il Cristo risorto con lo stendardo nella destra
- nelle vele contigue i Padri della Chiesa
- i vertici inferiori gli Evangelisti ed i Profeti
- nel sottarco Enoch, un angelo ed Elia
- nel piedritto San Rocco.
In quest’ultima opera il Pordenone, pur rimanendo legato a Gianfrancesco, subì l’influenza della pittura veneziana, in particolare del Giorgione, in quanto il suo tratto diventò più dolce ed inoltre la sua tecnica si sviluppò in senso manierista.
Nel Duomo di S. Marco a Pordenone su un pilastro è affrescato S. Erasmo (1512-1514) il cui braccio rompe lo schema della cornice architettonica.
Nel 1513 si risposò con Elisabetta Quagliati da Pordenone, vedova anch’ella.
Negli affreschi della volta e del coro della chiesa di S. Ulderico a Villanova (PN) (1514), con i Padri della Chiesa seduti ai loro scrittoi, rivediamo il tradizionale schema decorativo del Tolmezzino, ma è innovativo l’uso di tonalità chiare e luminose e l’estrema libertà nella realizzazione pittorica; interessante è la figura del Profeta Geremia che risulta vigorosa e realistica nel gesto e che viene realizzata dal Pordenone senza ricorrere a un segno netto ma modulando e sfumando tre tinte: ocra rossa, bianco e terra di Siena.
L’influenza della pittura veneziana, un po’ travisata, si nota nella smodatezza cromatica e nell’opulenza di forme. Può darsi che questo sia la conseguenza del sovrapporsi della dovizia coloristica incontrata a Venezia e della veemenza grafica ereditata da Gianfrancesco: il voler costruire col colore ciò che era già costruito col segno. Questa determinò un periodo di crisi pittorica, in cui il pittore non riusciva a trovare il proprio equilibrio.
Nella pala della chiesa di SS. Ruperto e Leonardo di Vallenoncello (PN) (1513-14), Madonna con il Bambino tra i Santi Sebastiano, Ruperto, Leonardo e Rocco, gli orientamenti della pittura veneziana sono evidenziati nella costruzione dei volumi, affidati a luce e colore e nella apertura atmosferica sullo sfondo.
Al Castello di Udine è presente la Madonna della Loggia (1516).
Nella Chiesa di S. Lorenzo a Rorai Grande (PN) (1516), il pittore affrescò la volta del coro, nelle quattro ogive e nel medaglione al centrale sono raffigurati gli episodi della vita della Vergine: la presentazione al Tempio, lo Sposalizio, la Fuga in Egitto e l’Assunzione. In quest’opera colpisce l’aspetto realistico delle figure e l’uso di tonalità più cupe fredde rispetto ai toni chiari e luminosi degli affreschi della chiesa di Sant’Ulderico.
Finalmente nella pala di Susegana (TV) (1516), Madonna con bambino e Santi fu definitivamente superata la crisi; infatti fu riconquistato l’equilibrio ed una maggiore libertà espressiva. Il colore viene utilizzato in funzione costruttiva, non soltanto decorativa, ma gli resterà una certa inclinazione alle sovrabbondanze anatomiche ed alle impetuosità compositive, che lo farà apparire talvolta un precursore del barocchismo.
L’impostazione delle scene e l’organizzazione della prospettiva, il giusto uso della luce che fa risaltare la profondità degli spazi e i volumi delle figure, dimostrano che il pittore ha raggiunto la maturità.
Nel Duomo di Pordenone (1515-16), dietro l’altare maggiore c’è la Madonna della Misericordia col bambino, la pala è perfettamente equilibrata nel rapporto personaggi-ambiente, interessante è il Bambino che non ne vuole saperne di stare fermo.
Sempre nel Duomo di Pordenone c’è S. Rocco (1515-1518), che occupa lo spazio in modo pieno catturando la nostra attenzione grazie all’intensità dello sguardo e alla modernità dei vestiti.
A Torre (PN) nella Chiesa dei SS: Ilario e Taziano (1519-21) è conservata la pala dell’altare maggiore, raffigurante la Madonna tra i Santi Ilario e Taziano, Antonio Abate e Giovanni Battista, una delle opere più vigorose del Pordenone.
Intorno al 1518 il Pordenone andò a Roma, dove a contatto con le opere di Raffaello e Michelangelo, orientò la sua pittura vasta e drammatica, verso un ulteriore raffinamento della tecnica pittorica.
Negli affreschi delle pareti della cupola della cappella Malchiostro (1520) nel Duomo di Treviso, si possono scorgere queste influenze nelle: