DEI GRECI e ROMANI: 1^ parte

CRONO o SATURNO
Crono
Il nome deriva dal greco: tempoSignore dell’universo durante l’Età dell’Oro, ultimo figlio titano di Urano e Gea, sposò la sorella Rea e generò con lei Zeus, Era, Poseidone, Ade e Demetra.
Saturno
Il nome deriva dal latino: semina
Antico dio dell’agricoltura, sposo di Opi (dea dell’abbondanza), i figli furono Giove, Giunone, Nettuno, Plutone, Cerere.
Il Dio fu spodestato dal figlio Giove e fuggì in Italia, dove regnò nell’Età dell’Oro, epoca di perfetta pace e felicità.
Nelle raffigurazioni artistiche, Saturno di solito compare con la barba, reggendo una falce o una spiga di grano.ZEUS o GIOVE
Zeus
Il nome deriva dal greco: luceDivinità suprema degli dei dell’Olimpo, nonché re del cielo e della pioggia, raccoglitore di nubi e dispensatore di fulmini e protettore del genere umano.
Nei poemi omerici Zeus viene rappresentato come il dio della giustizia e della pietà, sposo della sorella Era.
Il Dio veniva simboleggiato da: folgore, aquila, toro, quercia e albero d’olivo.
Zeus era il figlio più giovane del titano Crono e della titanide Rea e fratello degli dei Poseidone, Ade, Estia, Demetra ed Era.
A Crono gli era stato profetizzato che uno dei suoi figli l’avrebbe spodestato, per cui egli li ingoiava appena nati, ma quando nacque Zeus, Rea avvolse una pietra con delle fasce e la fece ingoiare a Crono, mentre il neonato fu nascosto a Creta presso le ninfe. Divenuto adulto, Zeus obbligò Crono a rigettare i 5 figli e la pietra, che fu poi portata a Delfi.
Successivamente Zeus con l’aiuto dei ciclopi e dei fratelli, intraprese una guerra contro il padre ed i titani. La vittoria finale fu di Zeus che da quel momento dominò il Cielo, i fratelli Poseidone e Ade ebbero il potere rispettivamente sul mare e sugli inferi, mentre la Terra fu governata in comune da tutti e tre. Crono ed i titani furono confinati nel Tartaro.
Giove
Il nome deriva dal latino: sfolgorante, risplendente
Gli attributi sono uguali a quelli greci.
Giove era figlio del dio Saturno, che spodestò.
Come protettore di Roma veniva chiamato Iuppiter Optimus Maximus (il migliore e il più grande), era venerato in un tempio sul Campidoglio, custode della legge, difensore della verità e protettore di giustizia e virtù.
ERA o GIUNONE
Era
Il nome deriva dal greco: eroe
Era fu la regina degli dei, dea del matrimonio e protettrice delle donne sposate.
La dea fu sorella e sposa di Zeus, da cui ebbe: Ares (dio della guerra), Efesto (dio del fuoco), Ebe (dea della giovinezza) e Ilizia (dea del parto).In figura la dea indossa sulla testa il polos (copricapo di forma cilindrica indossato dalle più importanti dee delle culture antiche), in una mano stringe la patera (vasetto utilizzato durante i sacrifici e riti) e nell’altra una melagrana (simbolo di fertilità e di morte).
I suoi simboli erano la mucca, la Via Lattea, il giglio e il pavone.
Moglie gelosa e vendicativa, perseguitò spesso le amanti e i figli di Zeus.
Adirata con il principe troiano Paride che, in una gara di bellezza, le aveva preferito Afrodite (dea dell’amore), la dea aiutò i greci nella guerra di Troia e fu soddisfatta soltanto quando la città venne finalmente distrutta.
Giunone
Il nome deriva dal latino: donna giovane, fiorenteNella figura è raffigurata con in mano lo scettro sormontato da un cuculo (uccello con la quale si era presentato Zeus, quando la chiese in moglie), con accanto un pavone.
Oltre agli attributi greci era la particolare consigliera e protettrice dello stato romano.
POSEIDONE o NETTUNO
Poseidone
Il nome deriva dal greco: sposo della terra
Dio del mare ed in origine dei terremoti.
Poseidone era lo sposo di Anfitrite, con la quale generò Tritone, ma ebbe numerosi figli, famosi per la loro crudeltà, da relazioni con ninfe di sorgenti, tra cui: il gigante Orione, il ciclope Polifemo ed il celebre cavallo alato Pegaso.
In arte Poseidone è rappresentato come un personaggio maestoso, con la barba, che impugna un tridente, spesso accompagnato da un delfino.
Il Dio aiutò Laomedonte a costruire le mura della città di Troia, ma non fu ricompensato; per cui si  vendicò, mandando un terribile mostro marino a devastare la regione e schierandosi con i greci durante la guerra di Troia con i greci.
La divinità lottò senza successo contro Atena per il controllo di Atene.
Nettuno
Il nome deriva dal latino: umido (etimologia incerta)
Dio del mare, delle fonti e dei corsi d’acqua.
ADE o PLUTONE
Ade
Il nome deriva dal greco: invisibile
Ade fratello di Zeus e Poseidone, regnò nel mondo sotterraneo insieme alla ninfa Persefone, rapita dal mondo terreno. Il dio risiedeva negli Inferi in un palazzo fatiscente con molti cancelli, affollato di anime e popolato di fantasmi.
Spesso viene rappresentato assieme a Cerbero, cane a tre teste, mostro che faceva la guardia all’ingresso degli inferi.Era un dio feroce e non si placava né con sacrifici né con preghiere, ma non era malvagio.
Plutone
Il nome deriva dal latino: ricchezza
Quando Plutone esautorò con l’aiutò dei fratelli il padre Saturno, gli fu assegnato il mondo sotterraneo, sul quale regnò assieme a Proserpina.
Quale dio della prosperità fu ritenuto il dispensatore dei beni nascosti nella terra, come i minerali preziosi e le messi. Dio noto anche come Orco o Dis, colui che dà la ricchezza.
DEMETRA o CERERE
Demetra
Il nome deriva dal greco: madre terra
Dea del grano e dei raccolti.
Demetra era figlia del titano Crono e di Rea e madre di Persefone.
Ade, dio del mondo sotterraneo, si innamorò di Persefone e volle sposarla, ma Demetra era contraria; per cui il Dio la rapì e la portò nel suo regno.
La dea cominciò a vagare alla ricerca della figlia perduta e nel frattempo trascurò la terra che cadde nella desolazione: tutte le piante morirono e la carestia devastò il territorio. A quel punto Zeus incaricò Ermes, il messaggero degli dei, di riportare Persefone da sua madre. Ade prima di lasciare andare Persefone, le fece mangiare un chicco di melagrana che la legò per sempre al regno dei morti. Si trovò comunque un compromesso: Persefone avrebbe passato 4-6 mesi agli inferi e il resto dell’anno sulla terra.
Conseguenza di questo patto fu che in primavera Demetra faceva rinascere la natura, mentre in autunno, al suo rientro negli inferi, la vegetazione moriva ed iniziava l’inverno.
Demetra viene spesso viene raffigurata su un carro ed associata ai prodotti della terra, come fiori, frutta e spighe di grano.Cecere
Il nome deriva dal latino: cece
Dea dell’agricoltura, la cui figlia Proserpina era identificata con Persefone.
Il suo culto divenne molto popolare soprattutto fra i plebei, tant’è che la parola cereali deriva dal suo nome.
ATENA o MINERVA
Atena
Il nome deriva dal greco: saggezza
Atena era la dea della saggezza, delle arti e dei mestieri, della guerra e protettrice dell’agricoltura; all’uomo dedicò l’invenzione dell’aratro e del flauto, le arti di addomesticare gli animali, costruire navi e fabbricare calzature.
Figlia prediletta di Zeus, nacque già adulta dalla testa del dio, armata di una lancia, di una corazza, di un elmo e di uno scudo ornato con la spaventosa testa della gorgone Medusa, che pietrificava chiunque la guardasse.La dea fu spesso associata alla civetta.
Gli ateniesi le dedicarono il Partenone, come ricompensa del suo dono dell’ulivo.
La dea sostenne i greci durante la guerra di Troia, ma gli ellenici dopo la caduta della città, non rispettarono la sacralità di un altare a lei dedicato, per cui Atena chiese a Poseidone (dio del mare) di scatenare una tempesta che distrusse la maggior parte delle navi greche sulla via del ritorno da Troia.
Minerva
Il nome deriva dal latino: saggezza
Dea dei lavori manuali, patrona delle arti e del commercio.
Con Giove e Giunone, era venerata in un grande tempio sulla sommità del Campidoglio a Roma.
PERSEFONE o PROSERPINA
Persefone
Il nome deriva dal greco: portatrice di morte (etimologia incerta)Figlia di Zeus e di Demetra.
Persefone rappresentava la rinascita della natura in primavera.
Proserpina
Il nome deriva dal latino: serpeggiare
AFRODITE O VENERE
Afrodite
Il nome deriva dal greco: spuma (etimologia incerta)Dea dell’amore e della bellezza.
Nell’Iliade di Omero è presentata come figlia di Zeus e Dione e sposa del dio Efesto;  mentre nella Teogonia di Esiodo nacque dalla schiuma del mare.
La dea ebbe Enea da Anchise.
Dice la legenda che Eris (dea della discordia), non fu invitata alle nozze del re Peleo con la divinità marina Teti: offesa, la dea gettò nella sala del banchetto una mela d’oro, su cui erano scritte le parole: “Alla più bella”. A Zeus spettava la scelta tra Era, Atena e Afrodite, ma egli rifiutò l’incarico, per cui le dee si rivolsero a Paride, principe di Troia. Per accattivarselo, ciascuna divinità gli promise un dono: Era l’avrebbe reso potente, Atena gli avrebbe procurato la gloria militare ed Afrodite gli avrebbe concesso la donna più bella del mondo. Paride decretò che la mela spettava ad Afrodite, e chiese in premio Elena, moglie del re greco Menelao. La conseguenza della scelta di Paride fu la guerra di Troia.
Venere
Il nome deriva dal latino: amore, bellezza
In origine era la dea dei giardini e degli orti, in seguito identificata con Afrodite.
In epoca imperiale era venerata sotto diverse sembianze: come Venus genitrix era madre dell’eroe Enea, capostipite del popolo romano; come Venus felix, apportatrice di fortuna; come Venus victrix, colei che procura la vittoria; come Venus verticordia, protettrice della castità femminile.
Venere era moglie di Vulcano, dio della lavorazione dei metalli, ma ebbe numerosi amanti, tra cui Cupido, dio dell’amore.

MARIN FALIERO – Gaetano Donizetti

MusicaUna giornata particolare
Diversi anni fa fui chiamata a comporre la Corte di Assise come giudice popolare a Venezia.
Treno, camminata sino a Rialto, quindi entro nel maestoso palazzo Grimani che si affaccia sul Canal Grande.
Al primo piano, in una elegante sala con ampie finestre, motivo l’impossibilità di svolgere l’attività di giudice in quanto non più residente in Veneto.
All’uscita vado a comperare il biglietto per l’opera “Marin Faliero” che verrà rappresentata in serata ed un po’ di cibo, ritorno al palazzo di giustizia e mi spaparanzo sul pontile che dà sul Canal Grande per il pranzo.
Segue camminata sino ai Giardini per visita alla Biennale Arte, siamo in un caldo mese di luglio e cedo alla stanchezza: mi stendo sulla prima panchina libera e mi addormento.
Recuperata un po’ di energia, visito l’esposizione e quindi altra camminata sino alle vicinanze del teatro. Tappa in trattoria; qui mi faccio ingolosire dalla frittura di pesce, per cui chiedo al cameriere se la pietanza è pronta velocemente, in quanto sono attesa da “Marin Faliero”. Non so se è fortuna o sfortuna, ma mi sono imbattuta in un cameriere intellettuale. Questi tra un servizio e l’altro, ritorna al mio tavolo per raccontarmi della congiura, della decapitazione, della targa posizionata dove è avvenuto il complotto e che posso andare a vedere vicino alla trattoria, andando “sempre dritta” (a Venezia!!).  In ogni caso la frittura era buona.
Dell’opera mi ricordo Mariella Devia, con lei si va sempre sul sicuro, la bella musica ed il bel canto di Donizetti.

MARIN FALIERO
La vita
Marin nacque verso il 1285, da famiglia ricchissima che aveva già dato 2 dogi.
Poco si sa della sua giovinezza, fino all’età di trent’anni circa, quando iniziò a ricoprire importanti incarichi pubblici e militari per la Repubblica di Venezia.
Marin Faliero fu proclamato il 55° doge di Venezia l’11 settembre 1354, e terminò il suo breve, travagliato dogado nel 1355, quando venne destituito e giustiziato, unico caso del suo genere.
La congiura
La tradizione vuole che la spinta al complotto sia stata propiziata da motivazioni personali.
Durante una festa al palazzo Ducale, alcuni giovani tra cui Michele Steno (futuro Doge) scrissero sui muri alcune scritte offensive nei confronti della moglie del Doge e del nipote Fernando.  Steno fu condannato dalla Quarantia ad una lieve pena che Faliero ritenne insufficiente e per questo organizzò una congiura contro il regime che non difendeva il suo onore.
Probabilmente il movente fu di diversa natura, in quanto Faliero era un uomo fortemente ambizioso, per cui potrebbe aver cospirato per assicurarsi il dominio incontrastato di Venezia.
Un’altra ipotesi è che il Consiglio dei X s’inventò la congiura del 15 aprile 1355, per liberarsi di un uomo scomodo.
Comunque sia, la congiura fallì, in quanto Vendrame, uno dei cospiratori, si confidò sbadatamente con il procuratore Nicolò Lion, il quale allertò il Governo repubblicano. Si scoprì la lista dei congiurati tra cui compare anche il nome del Doge, che viene posto agli arresti domiciliari. I principali congiurati furono impiccati il 16 aprile, mentre Marin Falier fu decapitato il 17 aprile 1355.

OPERA LIRICA
MARIN FALIERO
Gaetano Donizetti (1797-1848)
Tragedia lirica in 3 Atti di Giovanni Emanuele Bidéra
prima rappresentazione a Parigi (Théâtre – Italien) il 12 marzo del 1835
Personaggi
Marino Faliero, doge (Basso)
Israele Bertucci, capo dell’arsenale (Baritono)
Fernando, intimo del doge (Tenore)
Steno, giovane patrizio, uno dei Quaranta (Basso)
Leoni, patrizio, uno dei Dieci (Tenore)
Elena, moglie del doge (Soprano)
Irene, damigella di Elena (Soprano)
Vincenzo, servo del doge (Tenore)
Beltrame, scultore (Basso), Pietro, gondoliere (Basso) e Guido, pescatore (Basso), partigiani del doge; i Signori della notte, i Dieci, cavalieri, dame, artigiani, pescatori, servitori, soldati
Trama
Atto Primo
Gli artigiani dell’Arsenale di Venezia, al lavoro, si scambiano le ultime notizie: a Rialto una scritta sul muro calunnia Elena.
Arriva Steno che accusa gli artigiani di non lavorare abbastanza, andatosene Steno, Israele e gli artigiani deprecano la superbia e l’ingratitudine dei patrizi.
A Palazzo Ducale Fernando rimugina tristemente sul proprio sfortunato amore per Elena e medita di abbandonare la città. Casualmente Fernando ed Elena s’incontrano e l’uomo le annuncia l’estremo addio, Elena gli consegna un velo per ricordo, ma il commiato è interrotto dall’arrivo del Doge, il quale è inconsapevole del legame sentimentale fra i due. Faliero allontana Elena e manifesta a Fernando il proprio turbamento per l’infamante accusa mossa alla moglie e Fernando suggerisce di punire Steno.
Rimasto solo, Faliero riceve Israele, che chiede giustizia contro Steno, ma il Doge si dimostra renitente, allora il capo dell’arsenale propone un’insurrezione contro il Consiglio dei Quaranta, contando su un manipolo di congiurati.
Alla sera durante la festa che si svolge nel palazzo Leoni, il Doge incontra furtivamente Israele che gli consegna la lista degli uomini pronti per la congiura, gli dichiara che la notte prescelta per agire è proprio quella e che il complotto partirà da San Giovanni e Paolo.
Alla festa partecipa anche Steno in maschera, nonostante la condanna (seppur lieve) appena inflittagli per aver diffamato Elena. Nel corso della serata Elena raggiunge il marito e denuncia l’insistenza provocatoria d’una maschera che la segue e la spia, Faliero divampa d’ira e Fernando sfida ad un duello notturno Steno.
Atto Secondo
Al campo di San Giovanni e Paolo Fernando attende Steno.
Alle tre i congiurati raggiungono Israele e Faliero e rimangono stupefatti e contrariati dalla presenza del Doge, ma vengono placati da Israele. Durante gli ultimi preparativi si ode un cozzare di spade, seguito da un grido. I gondolieri trascinano il corpo morente di Fernando, che fa appena in tempo ad indicare in Steno il proprio uccisore. Ancor più incolleriti e motivati, tutti giurano vendetta.
Atto Terzo
Faliero rientra al Palazzo Ducale in piena notte, egli non riesce a nascondere il proprio turbamento ed informa Elena della morte di Fernando, quindi aggiunge che a breve ci sarà una rivolta da parte della plebe. Entra Leoni, che reclama la difesa del Doge a favore del Consiglio dei Dieci, minacciato dalla popolo, Faliero estrae la spada, ma viene fermato dai Signori della notte, giunti al seguito di Leoni, che lo arrestano. Il Doge è stato tradito e viene condotto in carcere.
Nella sala del Consiglio dei Dieci viene introdotto Faliero: invitato a discolparsi, egli rifiuta. il Consiglio condanna a morte i congiurati ed il Doge, la sentenza è proclamata da Leoni.
Lasciato solo, il Doge viene raggiunto da Elena. Egli le comunica serenamente, di voler lasciare i propri beni ai familiari degli altri condannati ed Elena desidera fare lo stesso con i proprî averi, manifestando il proposito di ritirarsi a vita monacale. Faliero chiede di essere sepolto insieme a Fernando e di essere coperto con lui dal velo che l’amico portava con sé. Alla vista del velo Elena impallidisce e confessa d’averglielo dato lei stessa, Faliero è furibondo, ma alla fine decide di perdonarla.
I tamburi annunciano l’esecuzione ed Elena cade svenuta.