Danni delle fondazioni degli EDIFICI a VENEZIA

CAUSE
Le cause dei danni delle fondazioni degli edifici a Venezia, sono ascrivibili alle seguenti categorie:

  1. danni connessi al comportamento del sottosuolo. Il cedimento delle fondazioni è il principale fenomeno da monitorare negli edifici veneziani.
  2. azione disgregatrice dell’acqua salmastra, sia nel suo comportamento chimico, sia del moto ondoso e delle maree.

TEMPI
I cedimenti possono essere:

  • a lungo termine, (intervallo temporale pari alla vita utile dell’edificio). Infatti la presenza di tipologie di fondazione diverse all’interno dello stesso fabbricato, possono sviluppare spostamenti diversificati nell’edificio e diverso affondamento
  • a breve termine, già nella fase costruttiva si possono manifestare i primi spostamenti della base delle fondazioni, dovuti ad una parziale consolidazione degli strati argillosi, causata dalla lenta applicazione dei carichi. Si possono avere anche cedimenti molto consistenti con conseguente fessurazione della muratura.

TIPOLOGIE LESIONI
Le tipologie delle lesioni sono:

  1. lesioni ad arco all’interno della muratura che si innescano prevalentemente in corrispondenza delle aperture. Le due facciate principali dell’edificio sono di peso contenuto e gravano in maniera trascurabile sulle rispettive fondazioni, mentre i muri longitudinali, di lunghezza ragguardevole, possono provocare cedimenti non uniformi lungo tutto il loro sviluppo. Il tutto provoca un pericoloso cedimento differenziale della struttura
  2. lesioni diffuse in tutte le murature per cedimento delle palificate dovuto al moto ondoso
  3. lesione a taglio delle pareti di controvento causate dal cedimento differenziale che interessa le diverse fondazioni utilizzate per muri esterni ed interni. L’affondamento maggiore riguarda la porzione centrale dell’edificio e porta alla formazione di importanti lesioni diagonali nelle pareti e a fenomeni di instabilità dell’equilibrio delle pareti esterne portanti.

    Figura delle tipologia delle lesioni

Cedimento differenziale dei muriPresenza delle acque lagunari
Gli edifici subiscono l’azione disgregatrice delle acque dei canali e dei liquami di rifiuto.
Le principali cause di degrado possono essere raggruppate in 5 categorie:

  • azione di erosione dovuta all’elevata presenza di cloruri in soluzione che a contatto con materiali deperibili (malta), ne provocano il deterioramento e la dissoluzione
  • azione del moto ondoso legato alla circolazione delle imbarcazioni nei canali. Le onde agiscono direttamente al degrado, attraverso la loro azione meccanica
  • fenomeni di asportazione di materiali dovuta alla presenza di cunicoli fognari o di scarico all’interno dei quali si creano fenomeni di pressione e depressione delle acque in moto
  • azione erosiva dovuta all’alternarsi del livello di marea con zone di emersione e sommersione che si alternano
  • aumento dei fondali connesso ai fenomeni erosivi del moto delle acque o ai lavori di scavo eseguiti sui canali.

    Riassunto delle forme di dissesto legate alle fondazioni

Progettazione edifici
La parte centrale dell’edificio è maggiormente interessata a danni; per ovviare a questo inconveniente si cerca di rendere indipendenti le diverse parti della struttura, in modo da evitare la formazione di rotture a taglio dei muri. Nello schema dell’edificio si prevede un grande vuoto centrale e muri verticali portanti connessi agli orizzontali con legame a cerniera (telaio labile), che si adattano alle mutazioni geotecniche del sottosuolo.
Il ricorso a catene e piastre metalliche, è finalizzato al conferimento di un comportamento scatolare delle pareti parallele, in unione con i solai adiacenti, il tutto consente di ottenere una migliore riposta alle azioni orizzontali statiche e dinamiche.
Principali soluzioni di consolidamento antiche
Anticamente le tecniche più diffuse di consolidamento statico degli edifici erano:

  • Il rafforzamento della struttura esistente tramite l’accostamento di un muro di calcestruzzo, pietra o laterizio (talora munito di sue specifiche fondazioni su pali), reso solidale alla fondazione preesistente o accostato
  • Costruzione di nuove palificate inserite su strati del sottosuolo più resistenti. Le nuove palificate erano realizzate in asse con le murature esistenti, una internamente e l’altra esternamente e rese interconnesse tramite un getto di calcestruzzo. Tale tecnica risultava essere molto onerosa dal momento che si rendeva necessario abbattere parte del solaio superiore per poter permettere l’ingresso delle macchine battipalo ed inoltre si rischiava di provocare eccessive sollecitazioni sulla muratura a causa delle vibrazioni
  • Utilizzo di micropali. Questa tecnica consentiva un consolidamento strutturale per eccellenza, sia per la rapidità costruttiva, sia per la relativa economicità. Tuttavia esisteva il pericolo che il consolidamento non fosse efficiente nel lungo periodo.

    micropali trivellati

Principali soluzioni di consolidamento attuali
Attualmente le principali tecnologie a cui si ricorre possono essere raggruppate in cinque categorie:

  1. realizzazione di un cordolo in calcestruzzo armato. Questa soluzione è particolarmente adatta per gli edifici con le murature perimetrali che si affacciano sui canali.
    L’operazione prevede la realizzazione di un massiccio muro di calcestruzzo interrato su una propria palificata, si deve porre attenzione alla realizzazione di un adeguato collegamento con la muratura esistente, in modo da ottenere un comportamento solidale dell’intera struttura.
    Per quanto riguarda la protezione dall’aggressività dell’acqua di mare, la miscela di calcestruzzo con additivi deve essere tale da conferire una adeguata impermeabilità e resistenza all’attacco nocivo della salsedine. Inoltre per garantire una maggiore protezione si inserisce un rivestimento in pietra d’Istria nelle parti direttamente a contatto con l’acqua lagunare.
  2. intervento di scuci-cuci delle parti più danneggiate delle fondazioni con sostituzione dei pezzi deteriorati con elementi in c.a. o laterizio. L’operazione consiste in una demolizione locale di parti di tessitura muraria e successiva ricostruzione. Tale tecnica viene di norma utilizzata per le strutture in elevazione in laterizio. Una volta sostituita la tessitura muraria, la si lega all’originaria attraverso l’inserimento di appositi cunei infissi a forza. L’intervento consente di conservare la concezione strutturale originaria dell’edificio.
  3. inserimento di una nuova palificata (legno, calcestruzzo o metallica). Essa viene realizzata in calcestruzzo armato, con micropali di diametro limitato ma di profondità più elevate cioè tali da raggiungere strati più consistenti del terreno. Di norma i pali vengono inseriti rispetto al profilo murario sovrastante, con una certa inclinazione convergente verso l’asse, per poter così assorbire anche sollecitazioni orizzontali.
    Qualora non sia possibile intervenire dall’interno, viene realizzata una nuova palificata solo dal lato esterno oppure al di sotto della base fondale. La nuova palificata interna-esterna deve essere poi resa solidale alla fondazione esistente tramite un cordolo o una trave in c.a. alloggiata sotto il piede della muratura esistente.
    Un’alternativa ai pali di legno è la realizzazione di una palificata di elementi tubolari prefabbricati in calcestruzzo, inseriti per mezzo di martinetti idraulici. Quando i manufatti raggiungono la profondità prestabilita, vengono resi solidali attraverso un getto di conglomerato armato che va a riempire le cavità esistenti.
  4. Allargamento del piede fondale. Consiste nella costruzione di due cordoli alla base della fondazione in cemento armato. In questo modo si ottiene un maggior appoggio della fondazione sul terreno. I traversi di collegamento dei due cordoli possono essere collocati alla stessa quota delle travi o ad una quota superiore e permettono di rendere solidale il loro comportamento e di trasferire parte del carico della fondazione esistente. Vengono realizzati attraverso appositi fori praticati all’interno dell’opera di fondazione. Tale soluzione permette scavi limitati in profondità, ma implica la demolizione di porzioni di solaio internamente per permettere l’accesso alla base della fondazione.
  5. Iniezioni di miscele leganti. Gli specifici composti fluidi iniettati all’interno della muratura, conferiscono una maggiore resistenza a taglio e compressione alla muratura. L’operazione consiste nel praticare degli appositi fori (circa 5*m2) leggermente inclinati rispetto all’orizzontale ed in modo che raggiungano una profondità pari a circa 2/3 dello spessore murario. Posizionato all’interno del foro un apposito tubicino di gomma, si procede con l’iniezione a bassa pressione attraverso la canula fino a completa saturazione della zona in prossimità del foro. Successivamente vengono richiusi i tubicini di iniezione e, una volta indurita la malta, si conclude l’intervento con la loro rimozione e ristilatura armata.
  6. Intonaci armati e ristilatura armata
    A questa soluzione si ricorre soprattutto nel caso di pareti contro-canale, in quanto si protegge il muro di sponda e si garantisce una maggiore impermeabilità alle acque in circolo. Il rivestimento viene solitamente realizzato con un intonaco di malte fibrorinforzate con un supporto di collegamento alla muratura esistente costituito da un’armatura metallica.La ristilatura armata consiste nel ripristino dell’integrità dei giunti tra gli elementi resistenti delle fondazioni esistenti. Tale intervento prevede una preventiva scarnitura dei giunti di malta deteriorati, all’interno dei quali vengono successivamente alloggiate delle barre metalliche di diametro ridotto. L’operazione viene infine completata con la saturazione delle fessure attraverso una nuova miscela cementizia.

Riassunto delle tecniche di intervento di consolidamento delle fondazioni a Venezia

Presepe di SUTRIO in VATICANO

SUTRIOSutrio è un borgo di montagna adagiato alle pendici del Monte Zoncolan, di 1200 abitanti, lo caratterizzano le vie lastricate e le antiche case con loggiati e balconi in pietra e legno.
Nel periodo Natalizio il paese si trasforma in un grande presepe: all’entrata del paese c’è un grande Natività in legno in grandezza naturale, ogni casa espone il proprio presepe e l’apogeo di essi è quello artistico di TENO; inoltre nel centro storico ci sono diverse sculture che rappresentano i personaggi che caratterizzano il paese (fabbro, ecc.).
CARATTERISTICHE Tecniche

  • Grotta: 41 m2, cupola alta 5,65 m, con la stella cometa incorporata
  • Palco sottostante: 75 m2
  • Superficie delle 18 statue: 116 m2 (dimensioni reali)
  • Peso:  16,8 ton
  • L’ intarsio dedicato alla Pace, apposto sotto la Natività, reca la scritta PAX (realizzato dai marmisti Giuliano Borchi e Massimo Borchi con pietre del Friuli Venezia Giulia)
  • La colonna sonora che accompagna il Presepe è composta da brani natalizi e tradizionali, alcuni dei quali realizzati dal Coro Polifonico di Ruda e da altri artisti.

LEGNO
Il paese è conosciuto come il paese dei marangons (falegnami) grazie alla maestria dei suoi carpentieri nella lavorazione del legno.
Per la costruzione del manufatto non è stato abbattuto nessun albero per fornire la materia prima (24 m3); infatti il legno di larice proviene dalle risorse dei vivaisti attivi nei giardini pubblici o privati del comprensorio, mentre il legno utilizzato per le 18 statue è l’essenza di cedro piantumata più di cent’anni fa.

  • la struttura complessiva è stata realizzata in larice
  • la culla del bambino è stata scolpita da Stefano Comelli assieme a Martha Muser. Essa è formata da una struttura portante di vecchie travi di stalla e da un vortice che abbraccia il bambino di rami e radici provenienti da un albero sradicato durante la tempesta Vaia
  • le 18 statue sono in cedro

STATUELe 18 statue sono illuminate da 50 punti luce.
Esse sono state eseguite da undici scultori del legno del Friuli Venezia Giulia in 2 anni di lavoro: Stefano Comelli (direttore artistico), Padre Gianni Bordin, Andrea Caisutti, Corrado Clerici, Paolo Figar, Arianna Gasperina, Isaia Moro, Martha Muser, Hermann Plozzer, Renato Puntel e l’artista ucraino Oleksander Shteyninher, in Italia dal 1999.
Personaggi:

  1. Gesù Bambino di Renato Pundel
  2. Madonna di Gianni Bordin
  3. San Giuseppe di Corrado Clerici
  4. Bue di Oleksandr Shteyninher
  5. Asinello di Andrea Caisutti
  6. Bambino di Gianni Bordin
  7. Tessitrice di Andrea Caisutti
  8. Re Magi di Stefano Comelli, Paolo Figar
  9. Re Magi di Paolo Figar
  10. Re Magi di Paolo Figar
  11. Cramar di Isaia Moro, partendo a piedi dal suo piccolo paese, e portando sulle spalle una cassettiera di legno, andava di villaggio in villaggio a vendere i prodotti artigianali della sua comunità
  12. Famiglia con tre figure di Ermanno Plozer, una donna, un uomo, un bambino unite in un abbraccio
  13. Bambina seduta sulla gradinata di Arianna Gasperina
  14. Pecora di Ermanno Plozer, segno di umiltà, dolcezza e mitezza
  15. Pastora di Arianna Gasperina
  16. Solidarietà di Stefano Comelli, scultura composta da 2 uomini, uno aiuta l’altro a risollevarsi per rimettersi in cammino verso la grotta
  17. Falegname (marangon) di Corrado Clerici
  18. Angelo di Arianna Gasperina, posto sulla cupola della grotta ad un’altezza di 7 m circa

COSTRUZIONE
Il presepe è stato eseguito completamente a Sutrio.
La grotta è una struttura autoportante di legno lamellare.Il basamento è una struttura reticolare.L’assieme grotta ed il basamento è come la seguente figura.Le statue sono posizionate sia nella gratta che sul basamento.

Costruzione della GONDOLA

Il nome deriva dal latino cuncula ovvero conchiglia.
Malgrado la considerevole lunghezza, la gondola è estremamente maneggevole, grazie al fondo piatto e alla ridotta porzione di scafo immersa.
Le manovre richiedono però una notevole abilità da parte del gondoliere, che deve essere dotato di un buon senso dell’equilibrio, in quanto la posizione di voga all’estremità della poppa è assai instabile.
Per evitare scontri, vi è l’usanza di avvertire alla voce (òhe) quando si svolta in un rio stretto.
Caratteristiche

  • Lunghezza: circa 11m
  • Larghezza: 1,5m
  • Peso: 400-600kg
  • Forma: lunga e asimmetrica, con il lato sinistro più largo del destro, per bilanciare il peso del gondoliere che è sul lato opposto. Questo squilibrio fa sì che la gondola tenda a muoversi leggermente in diagonale.
  • Numero pezzi: 280
  • Legname: 8 essenze
    Il materiale deve essere privo di difetti, avere una venatura regolare e viene stagionato per circa un anno. Lo spreco di materiale equivale a circa la metà del quantitativo totale.

    • rovere (molto resistente, serve per realizzare la struttura di imbarcazione, in particolare i fianchi)
    • larice (ricco di resina protegge la gondola dall’umidità)
    • abete (leggero e resistente all’acqua salata, utilizzato per la parte sommersa)
    • tiglio (per i socheti di poppa e prua, perché non si altera con le escursioni termiche)
    • olmo (molto duro ed estremamente elastico, si usa per fare le costole)
    • noce (si usa per realizzare la forcola)
    • mogano (ha poche venature, si usa per la prua, la poppa e la sopra coperta)
    • ciliegio (duro e flessibile, adatto per la realizzazione delle decorazioni e degli intarsi)
    • faggio (per realizzare i remi)
  • Tempi lavorazione: più di 1 anno
  • Durata: mediamente 20 anni
  • Colore: nero, l’ordinanza del Magistrato alle Pompe limitò lo sfarzo con cui nobili e ricchi decoravano le proprie barche ed è il tinta della pece utilizzata come impermeabilizzante
  • Remata: voga alla veneta (rematore in piedi, rivolto verso la prua e con un solo remo).

ComponentiAlla forcola, al ferro di prua ed al risso è dedicato un articolo a parte.

  • Forcola, scalmo che si inserisce nel suo apposito alloggiamento e viene sfilato dopo l’uso;
  • Remo, lungo e manovrato appoggiandolo alla forcola;
  • Ferro di prua (fero da próva o dolfin), la sua funzione è quella di bilanciare il peso del gondoliere posto a poppa, in modo da consentire alla barca di navigare con poco beccheggio e aiuta la conduzione segnando la direzione della barca;
  • Risso (ferro di poppa), molto più piccolo di quello di prua e con funzioni principalmente di protezione dagli urti;
  • Corbe: le 33 ordinate dello scheletro del natante, formate da 2 sanconi collegati tra loro da piane;
  • Maistre: le 3 corbe principali, posizionate a prua, in mezzo e poppa della gondola;
  • Serci (cerchi), due assi di rovere lunghi quanto lo scafo, che collegano le tre maistre;
  • Aste: assi terminali di poppa e di prua;
  • Simonele (cimonelle): rappezzi di legno curvati che coprono le parti più alte della poppa e della prua;
  • Volti: ordinate a forma di V, destinate al sostegno delle due estremità dell’imbarcazione;
  • Nerve: tavole di rinforzo applicate sulle estremità superiori dei sanconi;
  • Sucheto: massicci pezzi di legno che collegano e sorreggono le estremità superiori di prua/poppa con i ferri terminali;
  • Fiuboni: 4 assi piegati di mogano o di cedro fissati sopra i due socheti;
  • Caene (catene): mensole che sostengono i fiuboni;
  • Trasti: servono a collegare tra loro i due fianchi della gondola e stabilirne definitivamente l’apertura. Si hanno i seguenti trasti:
    • di prua in noce
    • di poppa in ciliegio
    • trasto grande, a circa 3/4 della barca verso poppa
    • trasto piccolo, tra il trasto grande e quello di poppa
    • trasto di mezzo, al quale verrà appoggiato lo schienale del sedile e collegato il felze
  • Pezzo davanti: asse che permette al gondoliere di vogare nella massima posizione avanzata
  • Colomba: l’estremità del fondo che si unisce alle aste;
  • Copi (coppi): 2 tavole di abete o larice che formano la parte inferiore del fianco;
  • Nomboli: tavole di pescaggio in abete che con i serci, costituiscono la copertura totale dello scafo;
  • Sandoli: parti laterali del fondo;
  • Masse: parabordi di protezione dello scafo per tutta la sua lunghezza;
  • Soralai: pedana a poppa per il gondoliere, formata da un puntapiedi reggispinta.

COSTRUZIONE
Ogni gondola deve essere fatta a seconda del peso del gondoliere.
I maestri d’ascia sono i carpentieri che costruiscono la barca, mentre i favri: forgiano le parti metalliche.
Squero
Cantiere dove si costruisce il natante. L’etimologia sembra derivare dal greco eskharion (piccolo cantiere), oppure dal termine dialettale squara (squadra).Lo squero è costituito da un piazzale inclinato verso il canale o il rio per l’accesso delle barche e da una costruzione in legno (tesa), posta alle spalle, dedicata alla fabbricazione della gondola ed alla camerella (deposito degli attrezzi di lavoro); l’edificio è recintato su due lati.
Spesso lo squero è dotato di buche a terra dove vengono inserite la prua e la poppa della gondola durante la costruzione che avviene a gondola capovolta.
Talvolta la zona contigua o anche la parte superiore dello squero è adibita ad abitazione del capo mastro squerarolo o del proprietario.
FASI

  1. Preparazione delle corbe o ordinate: costituite dall’unione di 2 sanconi in olmo, collegati tra loro dalle piane in quercia.Tre di queste liste sono le maistre;
  2. Predisposizione del cantier o madiere: operazione che consiste nell’ancorare una trave di legno al terreno, della lunghezza della gondola, curvata alla forma del fondo del natante. Fissaggio a bolla sul cantier delle maistre.Inchiodatura lungo la trave di lame di ferro equidistanti, che servono a sistemare le 33 corbe sorreggendole provvisoriamente;
  3. Sagomatura e messa in opera dei serci e delle 2 aste di radica di olmo. I cerchi vengono piegati bagnandoli e riscaldandoli a fuoco, mediante fascina di canne di palude, sino a farli aderire esattamente alla maistra e all’asta di prora e poppa ed infine vengono inchiodati sulle corbe;
  4. Fissaggio delle ordinate escludendo le quattro di prora e le quattro di prua;
  5. Collocazione delle 4 cimonelle a poppa e prua;
  6. Inserimento dei 6 volti di prua e i 5 di poppa;
  7. Sistemazione del sucheto da pope e del sucheto da prua. Questi 2 massicci pezzi di legno di tiglio o di larice, ritagliati nella forma esatta, devono sorreggere i due ferri terminali sopportando anche l’usura derivata da eventuali urti o colpi;
  8. Applicazione delle nerve in rovere. Alla distanza di circa 13 cm sotto le nerve vengono sistemati i 2 corboli e nelle zone d’incastro delle forcole i sottocorboli. In questo modo le varie ossature formano un tutto ben compatto e solido.Sui due socheti vengono fissati i fiuboni che coprono la la prua e la poppa della gondola. A sua volta i fiuboni sono sostenuti dalle catene;
  9. Applicazione di tutti i trasti e collocazione del pezzo davanti, posto perpendicolarmente al trasto grande;
  10. A sezione centrale ultimata, la gondola viene capovolta e appoggiata su due cavalletti, per poter lavorare il fondo dell’imbarcazione e darle la giusta curvatura a falce di luna;
  11. Inserimento di alcuni puntelli incastrati a forza tra le travi del soffitto dello squero e le due estremità della gondola, in modo che la curvatura sia proporzionata al peso del gondoliere cui è destinata e che il pescaggio non sia superiore a quello stabilito;
  12. Saldatura della colomba di prua/poppa con le aste. Posizionamento dei 2 copi lungo il fianco, sotto i serci, sugli spigoli tra le piane e i sanconi, che servono a rinforzare lo scafo. Collegamento dei copi con i nomboli;
  13. Sistemazione dei sandoli e chiusura della parte centrale con la terza colomba;
  14. Piallatura delle differenze di livello tra i vari elementi ed inserimento delle stoppe di canapa tra le connessioni dei vari pezzi, per impedire ogni filtrazione d’acqua;
  15. Raddrizzamento della gondola e definitiva rifinitura con pialla e carta vetrata all’esterno e all’interno, per renderla completamente liscia e levigata;
  16. Posizionamento delle masse, che difendono la barca dagli urti contro altre imbarcazioni e dallo strisciare dei fianchi sulle rive;
  17. Preparazione del soralai, pedana che provvede a dar maggior comodità di voga al gondoliere, utilizzabile nelle due possibilità di voga ad uno o più remi. Aggiunta delle opere di rifinitura tra cui le travicelle di legno che proteggono i piedi di chi è in barca;
  18. Pittura della gondola con olii e vernici.

STRADE ROMANE

I romani costruirono strade principalmente per scopi militari, per consentire un veloce spostamento di truppe e di merci, ma anche per sviluppare il commercio.
Le strade erano realizzate dagli stessi soldati.
Alla fine nell’Impero furono eseguite circa 100.000 Km di lastricato ed altri 150.000 km di strade in terra battuta
La larghezza di ogni strada era di circa 5m, in modo che potessero affiancarsi due carri, talvolta ai lati vi erano dei marciapiedi lastricati.
Le strade erano dotate di pietre miliari, che indicavano le distanze tra le città.
Moltissime strade, in Italia, Europa, Africa e Oriente sono ancora usate seguendo il percorso originale.
Tipi di strade (viae)

  • lapidibus strata o viae stratae, pavimentate con pietre
  • glarea stratae o viae glareatae, pavimentate con ghiaia
  • terraneae, strade senza massicciata e la cui carreggiata era lasciata a fondo naturale di terra

Denominazioni

  • Basolato, pavimentazione stradale che utilizza il basolo (lastra di roccia di origine vulcanica o calcarea, o altra pietra tenace, di notevole peso e dimensioni (circa 50x50cm o 60x60cm));
  • Basalto, roccia di origine vulcanica, di colore scuro o nero. Per la sua durezza è stato usato per lastricare le strade e come riempimento, nelle costruzioni;
  • Brecciolino, risultato della frantumazione di sassi più grossi, utilizzato per fondi di strade;
  • Agrimensura, parte della topografia che riguarda la misura planimetrica di superfici agrarie;
  • Groma, strumento utilizzato per tracciare sul territorio allineamenti tra loro ortogonali, necessari per segnare quartieri, strade o per frazionare il territorio in quadrati o rettangoli, al fine del calcolo delle superfici.

Suddivisione

  • Viae: strada extraurbana che partiva da Roma, potevano incrociarsi 2 carri;
  • Strata: quella all’interno del centro abitato, il nome strata deriva dal fatto che le vie erano costruite a strati e da questo termine deriva la parola italiana strada, quella inglese street e quella tedesco strasse.
  • Actus: poteva transitare un carro alla volta, larga circa la metà della via;
  • Itenera: si poteva andare a piedi o in lettiga ma senza usare animali;
  • Semita: una semi-iter, più piccola;
  • Callis: stradina tra i monti;
  • Trames: via traversa di un’altra via;
  • Diverticulum; strada che si staccava dalla consolare per arrivare a una località
  • Bivitrivie quadrivi: incroci di strade.

Suddivisione per materiali

  • viae stratae lapidibus stratae o viae stratae, pavimentate con pietre;
  • viae glarea stratae o viae glareatae, pavimentate con ghiaia;
  • viae terraneae, non avevano massicciata e la carreggiata era di terra.

Classificazione

  • strade pubbliche, dette pretorie consolari, a seconda se costruite da un pretore o un console;
  • strade private dette agrarie.

VIAE STRATAE
Livelli

  • statumen: strato profondo di sassi e argilla;
  • rudus: strato di pietre, mattoni rotti, sabbia, tutti impastati con calce;
  • nucleus: strato di pietrisco e ghiaia;
  • summum dorsum: copertura di lastre levigate di pietra che combaciavano le une sulle altre appoggiate sul nucleus.

COSTRUZIONE

  • Sopralluogo dell’architetto, che stabiliva dove doveva passare la strada
  • Gli agrimensori segnavano la strada (rigor), per mezzo di pali piantati nel terreno, con l’aiuto della groma.
  • libratores (livellatori) scavavano un letto nel terreno (gremium) fino allo strato di roccia o fino a uno strato solido, con aratri e aiutati dai legionari. La profondità della fossa variava da 60cm a 2m, a seconda del terreno.
  • riempimento della cavità con una massicciata di base (statumen) profonda 30-60cm, formata da grosse scaglie di pietra dura ed eventualmente sormontata da un altro strato (rudus) di 25-30cm fatto di pietre più piccole e tenuto compatto con calce e pozzolana. Talvolta si metteva una fondazione in pietre piatte per supportare meglio gli strati superiori.
  • costruzione di uno strato intermedio (nucleus) elastico, costituito da sabbia e pietrisco (oppure ghiaia o frammenti di coccio e calcinacci), livellato per mezzo di pesanti rulli
  • realizzazione del manto stradale (agger o pavimentum), ricavato da grossi lastroni o basoli poligonali di pietra (basalto, silicea o calcarea), affondati in un letto di sabbia e ben connessi tra loro (summa crusta), con l’aiuto di brecciolina (zeppe), in modo da assorbire l’acqua piovana. Chiaramente dopo 2000 anni il materiale presente negli interstizi si è consumato, rendendo sconnessa la superficie stradale, ma originariamente essa era quasi liscia.
    Queste piastre venivano disposte in modo che la carreggiata fosse a forma di schiena d’asino; ciò facilitava il deflusso delle acque verso i fossi di scolo laterali.

L’acqua filtrava attraverso gli strati di materiale e le strade rimanevano asciutte; inoltre le carreggiate non necessitavano di grande manutenzione.
Strade in terreni particolari
Nei terreni paludosi si costruivano strade rialzate. Si segnava il percorso con dei piloni, poi si riempiva lo spazio fra di essi con grandi quantità di pietre, innalzando il livello stradale fino a 2 m sopra la palude.
Nel caso di massi, dirupi, terreni montuosi o collinari che ostruivano il cammino, si eseguivano degli sbancamenti o gallerie, che venivano opportunamente spianati e levigati (un esempio è la gola del Furlo). In questo caso sulla pavimentazione venivano praticate scanalature longitudinali a guisa di rotaie per favorire lo scorrimento delle ruote dei carri o solcature trasversali per la presa degli zoccoli degli animali o delle scarpe dei viaggiatori.
La carreggiata veniva delimitata su entrambi i lati da un bordo (umb) di pietre conficcate verticalmente nel terreno e sporgenti superiormente.
MANUFATTI
Spesso le strade erano fiancheggiate da marciapiedi (margines o crepidines) di ampiezza di  2-3m a fondo naturale o lastricato.
Lungo tutte le strade esistevano a distanza di circa 20 km l’una dall’altra le stazione di posta (statium) dove si poteva cambiare o ristorare cavalli, muli, buoi e dove era possibile riparare i carri.
Esistevano anche delle guide (Itineraria) in cui erano segnati per ogni strada i dati più importanti, come fiumi, boschi, monti, distanze, centri di ristoro. Esistevano pure Itineraria per le città.
Pietre miliariIl miliarum era una colonna circolare sopra una base rettangolare (cippus) infissa nel terreno per oltre 60 cm, alta 1,50 m, 50 cm di diametro e del peso di oltre 2t.
Alla base recava scritto il numero di miglio della strada e più in alto indicava la distanza dal Miliarum Aureum (tutte le strade iniziavano idealmente da questo monumento) e informazioni sugli ufficiali che avevano costruito o riparato la strada.
Augusto nel 20 a.C., pose il Miliarum Aureum (la colonna miliare aurea) nel foro a Roma, una colonna di bronzo dorato, accanto al tempio di Saturno. Su di esso erano riportata la lista delle maggiori città dell’Impero, e le loro distanze da Roma.
Il miglio (milia passuum) corrisponde circa a 1000 passi: 1480 m.
Tutte le distanze erano pertanto calcolate dalla colonna aurea al limite estremo di ogni strada. Da qui l’antico detto per cui Tutte le strade portano a Roma.
Vie CONSOLARI Italia
A partire dalla fine del IV secolo a.C. Roma iniziò la costruzione di strade di grande comunicazione e di lungo percorso. Per ordine di costruzione si ha:

  • via Appia, costruita a scopo militare dal censore Appio Claudio Cieco durante la guerra sannitica
  • via Valeria, realizzata probabilmente dal console Marco Valerio Massimo nel 307 a.C., come prolungamento della via Tiburtina. Essa raggiungeva, attraverso l’alta valle dell’Aniene, la colonia di Alba Fucense poi, attraverso la Marsica, la Conca Peligna e la bassa valle dell’Aterno fino a Pescara
  • via Salaria, conduceva all’Adriatico attraverso la Sabina ed il Piceno, per le successive valli del Tevere, del Velino e del Tronto, sino a raggiungere San Benedetto del Tronto
  • via Flaminia, costruita da Gaio Flaminio nel 223 a.C. conduceva all’Adriatico a Fano, da dove, seguendo la costa, proseguiva per Pesaro e Rimini
  • via Cassia, realizzata probabilmente dal censore Caio Cassio Longino tra il 156 ed il 125 a.C. Essa attraversava l’intera Etruria per andare fino ad Arezzo e Firenze.

Vie CONSOLARI Impero

La DEFENSE a PARIGI


MappaPercorso Principale (rosso)

  1. Grande Arche L’Arco progettato dal danese Johan Otto von Spreckelsen e completato da Paul Andreu, è stato inaugurato nel 1989 in occasione del bicentenario della Rivoluzione francese. La costruzione è un grande cubo di cemento, alto 110 metri e largo 108 metri, svuotato al centro e ricoperto di vetro e marmo bianco di Carrara.
    Sul tetto c’è una terrazza panoramica di 1000m2, da dove si gode una vista a 360°.
  2. CNITIl Centre national de l’industrie et des Techniques è il primo edificio ad essere costruito alla Defense nel 1958. Il progetto è di Jean de Mailly, Robert Camelot e Bernard Zehrfuss, architetti già incaricati di studiare lo sviluppo del nuovo quartiere.
    La costruzione è costituita da vasta volta che poggia su tre punti di appoggio, a pianta triangolare, a doppio scafo, coperto da una volta a due vele, con la facciata interamente vetrata.
    Più volte trasformato, attualmente è un complesso multifunzionale, che ospita uffici, negozi, sale congressi, ecc.
  3. Fontana monumentale Yaacov AgamLa fontana rettangolare di 26x86m, ha uno sfioratore che fa scendere l’acqua lungo una cascata di circa 7m fino alla Place de La Défense ed è stata progettata da Yaacov Agam
    La vasca è realizzata da un mosaico di smalti veneziani di 86 tonalità di colori; un sistema aziona 66 getti d’acqua ad altezza variabile, con quota massima di 15m.
  4. Piazza bassaParco da cui si gode la vista dell’Arco di Trionfo.
  5. Bacino di TakisPiscina rettangolare situata in fondo alla spianata La Défense, sulla quale sono posizionate 49 aste metalliche, alte da 3,5m a 9m, con l’estremità di forme geometriche colorate e lampeggianti.

Percorso Architettura (blu)

  1. La prima torre o CB31La torre è il grattacielo più alto di Francia (231m), la parte superiore è affusolata, per rafforzare la sua immagine di punto di riferimento.
  2. La torre D2 ovoidaleGrattacielo atipico per la sua forma ovoidale, è stato realizzato dagli architetti Anthony Béchu e Tom Sheehan. L’edificio si compone di tre parti: una stretta facciata rivolta verso Parigi, una facciata rivolta verso Courbevoie e una stretta facciata posteriore leggermente curva.
  3. Coeur DéfenseÈ il più grande complesso di uffici d’Europa, progettato da Jean-Paul Viguier, anche l’architetto della Torre Majunga.
    Nell’edificio sono presenti elementi estetici d’avanguardia degli anni ’20: facciate bicromatiche ed edifici a forma rotonda.
  4. Torre Légende (ex torre EDF)Costruzione progettata da Leoh Ming Pei, il creatore della Piramide del Louvre ed ultimata nel 2001. La torre ha una lunghezza di 70m e una larghezza massima di 32m, con la particolarità di essere più larga alla sommità che alla base. L’ingresso ha una pensilina di 24 m di diametro.
  5. Grande Arche
  6. ArenaProgettata da Christian de Portzamparc ed inaugurata nel 2017, comprende la sala da concerto più grande d’Europa (40.000 posti a sedere), un campo di rugby e le piscine che ospiteranno gli eventi di nuoto e pallanuoto per i Giochi Olimpici del 2024.

Percorso Scultura (giallo)

  1. Il polliceIngrandimento monumentale del pollice dell’artista Cesar Baldaccini, creata nel 1965, indica il cielo per mostrare ottimismo, ma anche vanità.
  2. I personaggi fantasticiUfficialmente denominato Ensemble Monumental, è un’opera di Joan Miró, del 1978. Quest’opera rappresenta 2 personaggi per metà fantastici e per metà familiari dai colori sgargianti (blu, giallo e rosso), in equilibrio instabile tra la gioia infantile del momento e l’inquietante stranezza del destino.
  3. Ragno RossoOpera dello scultore americano Alexander Calder del 1976, alta 15 metri e di 75 tonnellate di acciaio. Flamingo
  4. Fontana monumentale Yaacov Agam
  5. Le MorettiOpera di Raymond Moretti del 1990, è un camino di ventilazione alto 32 metri ricoperto da 672 tubi in fibra di vetro da 2 a 30cm, dipinti in 19 diversi colori, che rappresenta una gigantesca cannuccia.
  6. Bacino di Takis

GHIACCIAIA: produzione ghiaccio

La ghiacciaia era l’ambiente in cui si immagazzinava il ghiaccio, prima dell’avvento dei frigoriferi.Produzione ghiaccio
Esistevano diversi metodi per ottenere il ghiaccio:

  • si prelevava il ghiaccio da laghi ghiacciati naturali
  • si deviava un corso d’acqua, grazie a sbarramenti, fino ad un laghetto, dove un meccanismo di chiuse tratteneva il liquido, che d’inverno ghiacciava
  • si raccoglieva, e immagazzinava la neve caduta in inverno, in buche naturali o in fosse scavate sulle montagne.

GHIACCIAIE
Di solito le ghiacciaie erano posizionate vicino alle sorgenti di produzione del ghiaccio, in terreni asciutti e riparati dai raggi solari. L’accesso era rivolto a Nord, in modo che i raggi solari non colpissero la porta e l’eventuale cunicolo interno.
Storia
Le prime ghiacciaie nacquero nelle zone montane, potevano essere delle buche naturali o dei fossi artificiali.
Si utilizzavano anche le caverne, dove si ammassava la neve e poi si chiudeva l’apertura con vegetazione.
Poi sorsero le nevere, che erano buche scavate nel terreno a forma circolare e a sezione tronco-conica.Il perimetro circolare era la migliore soluzione per contrastare la spinta del terreno esterno sulle pareti. Tale forza si generava nel periodo autunnale, quando la ghiacciaia era vuota ed il terreno era reso pesante dalle piogge.
La sezione conica consentiva di mantenere il contatto del ghiaccio con la parete, durante i mesi estivi, quando il livello del ghiaccio si abbassava e di conseguenza la liquefazione della massa ghiacciata rallentava.
In seguito si costruirono strutture in parte scavate nella roccia ed in parte in muratura, oppure interamente esterne in muratura.
Questi ambienti avevano varie forme: a grotta, a cupola, a volta, conica, a casetta, circolare.
Modelli di ghiacciaia sono in figura sotto.Alla fine del 19° sec. si costruivano anche grandi strutture, dove l’inerzia termica creata dalla notevole quantità di ghiaccio conservato, permise di abbandonare la forma conica.COSTRUZIONE
Muratura
La muratura ed il pavimento generalmente erano di mattoni, pendenti verso il centro, dove si trovava il pozzo di scarico dell’acqua, con il fondo a perdere. Il sistema di drenaggio era reso necessario, per evitare che le acque di scioglimento stagnassero.L’isolamento era garantito da uno spesso strato di foglie secche o paglia od altro materiale coibente. Questi materiali venivano anche interposti fra strato e strato del ghiaccio; questo evitava che la massa divenisse un unico blocco di ghiaccio e di mantenere integra la pezzatura delle forme di ghiaccio.
Copertura
Per evitare che i raggi solari colpissero direttamente la struttura, si adottarono cupole in muratura, strutture lignee con tetti in paglia e nelle zone montane coperture con grandi lastre di pietra.
Per potenziare la coibentazione si copriva la ghiacciaia con uno strato di terreno naturale.Apertura carico neve
La neve veniva caricata dall’alto attraverso una botola, mentre degli aiutanti, dentro la ghiacciaia, la sistemavano e compattavano. Accesso
L’accesso era sempre munito di doppio sistema di chiusura. Le porte dovevano essere poste a sufficiente distanza in maniera di consentire, durante il deposito od il prelievo del ghiaccio, di chiudere una porta prima dell’apertura della seconda.
freddo, che non potremo più recuperare.
Sfiati
Gli sfiati servivano a smaltire l’aria umida all’interno della ghiacciaia, favorivano un modesto ricambio d’aria ed erano posizionati sulla parte superiore della volta di copertura.

Immagine riassuntiva

Lavorazione
Per meglio amalgamare la massa innevata veniva aggiunta anche acqua; inoltre con il trascorrere del tempo, la neve si scioglieva e si compattava, divenendo un unico blocco di ghiaccio.
La ghiacciaia veniva riempita fino al livello massimo, che  poi mano a mano scendeva sino all’altezza del cunicolo di accesso.
Trasporto
Il ghiaccio, comunque fosse ricavato, veniva frantumato con picconi, tagliato in blocchi e disposto a strati tra paglia, segatura e foglie (utilizzati come isolante) ed avvolto in sacchi di tela.
Il trasporto dei tali blocchi veniva effettuato durante le ore più fredde della notte, a dorso di muli o su carretti, per essere depositato nelle apposite cisterne, situate in città.
Utilizzo
Il ghiaccio serviva principalmente per uso sanitario ed alimentare.

Biennale Arte Venezia 2018: VATICANO

Nell’isola di San Giorgio Maggiore sono esposte 10 cappelle, immerse nel verde dei giardini della Fondazione Cini, progettate da: Norman Foster, Francesco Cellini, Eduardo Souto de Mora, Terunobu Fujimori, Andrew D. Brman, Javier Corvàlan Espinola, Flores & Prats, Sean Godsell, Carla Juacaba, MAP Studio, Smilian Radic Clarke e costruite da 10 aziende diverse.Il curatore della Vatican Chapels è il Prof. Francesco Dal Co, il quale nel realizzare il progetto si è ispirato alla Cappella nel bosco di Asplund, costruita nel 1920 nel Cimitero di Stoccolma. Le costruzioni sono intese come luogo di orientamento, incontro, meditazione e saluto; rappresentano un luogo di incontro e intendono favorire lo scambio anche con chi non crede.

Eduardo Souto de Moura
Sean Godsello
Smiljan Radic
Francesco Cellini
Ricardo Flores – Eva Prats
Norman Foster
Javier Corvàlan
Terunobu Fujimori
Francesco Magnani – Traudy Pelzeli

POZZO VENEZIANO

A Venezia l’approvvigionamento dell’acqua avveniva tramite raccolta e filtraggio dell’acqua piovana convogliata dalle grondaie dei tetti e dei campi verso il pozzo.
Nella fattispecie il pozzo veneziano è la punta centrale di una cisterna che si riempie d’acqua, attraverso i due o quattro tombini che circondano il pozzo. La cisterna è piena di sabbia e la canna del pozzo pesca nel punto più basso, per cui l’acqua attinta risulta filtrata per il passaggio tra la sabbia.COSTRUZIONE
Si deve disporre di un’ampia superficie di raccolta rettangolare o quadrata, per cui i pozzi veneziani si trovano quasi sempre nei campi (piazze) o nelle corti.Esecuzione

  • scavo di un profonda fossa fino a raggiungere una profondità da 5 a 10 metri
  • rivestimento delle pareti di questo enorme scavo con uno spesso strato di caranto (la crea): conglomerato sabbioso-limoso marino, molto compatto, oppure con mattoni ed argilla
  • edificazione della canna del pozzo che è posta al centro dell’area di raccolta.
    Essa viene realizzata con mattoni (pozzali: pezzi speciali realizzati con argilla naturale).La base della canna è forata per il passaggio dell’acqua e sotto di essa viene posta una piastra di marmo che serve d’appoggio alla canna stessa.
    La parte sporgente rialzata e accessibile tramite uno o due gradini, termina con il puteale (vera da pozzo).
    La vera è una costruzione che funge sia da parapetto che da sostegno per la carrucola con cui si attinge l’acqua tramite i secchi. Un coperchio di ferro o di legno, copre il tutto.
    All’inizio le vere erano costruite in muratura o con degli antichi rocchi di colonna scanalati e/o intarsiati, in seguito vennero eseguite delle vere e proprie opere d’arte in pietra d’Istria e/o di bronzo, di forma cubica, circolare, poligonale, di capitello.
    Variatissima e fantasiosa è la decorazione a rilievo: piante, festoni di frutta e di fiori, fogliami arricciati, putti, animali, motivi allegorici, iscrizioni; il pozzo privato reca sovente l’arma della famiglia patrizia che lo ha commissionato; i pozzi pubblici recano lo stemma del magistrato edile, o l’effigie della Giustizia, ecc.
  • costruzione di due o quattro tombini (pilelle) in pietra istriana, disposti in modo simmetrico ad una certa distanza dalla canna del pozzo.
    Per convogliare quanta più acqua piovana possibile direttamente verso le sabbie di filtraggio, sotto i tombini viene realizzata una struttura in mattoni a forma di campana, aperta sul fondo.
  • riempimento della fossa con strati di sabbia di fiume di diversa finezza, che svolgono la funzione di filtro, sopra al quale viene messo uno strato di caranto per impermeabilizzare la sabbia
  • copertura dell’area del pozzo con uno strato di muratura su cui appoggiare i masegni (pietre in trachite, una pietra di origine vulcanica che viene estratta in alcune cave dei Colli Euganei) della pavimentazione od i mattoni posti a spina di pesce con pendenza verso le quattro pilelle.
    Talvolta per ricavare meglio l’impluvio o limitare la profondità dello scavo, o evitare l’ingresso di acqua salata a seguito delle alte maree, il piano del campo viene rialzato.

Problematiche

  • l’entità delle masse di materiale spostato è notevole e per di più sotto il livello dell’acqua, per cui è necessario posizionare, durante la costruzione, casseri e palancolate di protezione
  • l’esecuzione deve essere accurata per non turbare gli equilibri statici delle costruzioni circostanti
  • economicamente l’opera è costosa

Data la necessità che i pozzi fossero sempre in ordine, soprattutto dal punto di vista sanitario, la Repubblica aveva assicurato un’assidua sorveglianza e controlli; ai capi contrada era affidata la custodia delle chiavi delle cisterne, che si aprivano due volte il giorno (mattino e sera), al suono della campana dei pozzi.
L’acquedotto arrivò solo nel XIX secolo.

ANCE per Strumenti a fiato

L’ancia è il generatore meccanico di oscillazioni nello strumento; essa per effetto dell’aria soffiata dell’esecutore, entra in vibrazione e produce il suono.
PRINCIPI FISICI
Per la legge di conservazione dell’energia si ha che la quantità totale di essa posseduta da un fluido in un sistema isolato, si mantiene durante il moto.
Energia totale = E. di pressione + E. cinetica + E. potenziale = costante
Il teorema di Bernoulli esprime la legge di conservazione dell’energia nei fluidi.
075ance01La figura rappresenta un tubo di Venturi, l’energia posseduta dal fluido nella sezione 1 e 2 è:
075ance03Le due sezioni sono alla stessa quota per cui la loro energia potenziale ρ*g*h è uguale ed esse si elidono, quindi l’equazione diventa:
075ance02L’aria è considerata incomprimibile per cui nello strozzamento si ha V2>V1 e di conseguenza per il teorema di Bernoulli: P2<P1.
Applicazione Bernoulli
Fasi tipiche nel moto dell’ancia nel caso del clarinetto:

  1. Il flusso d’aria entra nell’imboccatura passando tra l’ancia (flessibile) e il bocchino (rigido); la sua velocità aumenta quando percorre lo stretto passaggio, e di conseguenza la pressione all’interno del bocchino diminuisce.
    075ance04
  2. A causa della depressione l’ancia viene risucchiata verso l’interno del bocchino, fino ad otturare la feritoia di ingresso dell’aria. Interrotto il flusso la velocità dell’aria nel bocchino scende a zero, e si ristabilisce la pressione atmosferica, l’ancia torna verso la sua posizione di equilibrio, ma, a causa della sua elasticità la oltrepassa.
  3. Ora la feritoia è più larga che nella condizione iniziale, ma il flusso d’aria riprende facendo di nuovo scendere la pressione nel bocchino, e riportando il sistema nella condizione iniziale. Da questo momento in poi il moto si ripete ciclicamente.
    075ance05

Caratteristiche fisiche
Onda sonora: perturbazione che si propaga nello spazio, essa si ottiene dalla variazione di pressione indotta dal corpo vibrante nell’aria.
075ance06Periodo T: il tempo per percorrere lo spazio tra le estremità dell’onda sonora ed è costante nel tempo indipendentemente dall’ampiezza.075ance07m = massa del corpo
k = costante elastica
A masse elevate corrispondono periodi alti e frequenze basse, a corpi rigidi (k elevato) corrispondono periodi bassi e frequenze alte.
Nel moto armonico il periodo T è legato alla lunghezza l dalla formula:075ance07aA lunghezze elevate corrispondono periodi alti e frequenze minori.
Frequenza ν: numero di oscillazioni compiute nell’unità di tempo.
Inverso del periodo: ν=1/T (hertz Hz)
Questa grandezza definisce l’altezza del suono. Con l’aumentare della frequenza il suono diviene più acuto, col diminuire diviene più grave.
Basse frequenze: 40Hz – 160Hz: quasi tutte le frequenze della musica cadono in questa zona
Frequenze medie: 315Hz – 2,5kHz: suono di qualità
Frequenze alte: 5kHz – 10kHz
Ampiezza: rappresenta il massimo spostamento, rispetto alla posizione di equilibrio dell’onda, da essa dipende l’intensità del suono I:
rapporto tra la potenza media dell’onda sonora P e l’area su cui essa incide S         I = P/S
Per ottenere un’alta ampiezza, nello stesso periodo, è necessario aumentare la velocità e quindi l’energia cinetica e la forza del sistema.
Timbro: è legato alla forma dell’onda, onde con la stessa ampiezza, hanno timbri diversi se hanno forme diverse.
TIPI di ANCE
A seconda del modo in cui sono vincolate, le ance possono essere a:
BATTENTE SEMPLICE
Costituita da una linguetta sottile flessibile.075ance08Le ance semplici sono di forma rettangolare, una faccia è liscia (tavola), mentre la faccia opposta si assottiglia progressivamente fino alla punta che è arrotondata.
Le dimensioni delle ance variano a seconda dello strumento per cui sono prodotte.
Esistono diversi gradi di durezza dell’ancia: i livelli più morbidi sono consigliati ai principianti, i gradi di durezza superiore sono indicati per i musicisti più esperti perché richiedono una maggiore pressione per oscillare.
I produttori indicano la durezza dell’ancia con un numero variabile da 1 a 5, dalla più morbida alla più dura, oppure con una parola (soft, medium, medium soft).
L’ancia va accoppiata ad un bocchino o becco, con la tavola disposta sopra la parte cava (finestra) dello stesso.075ance09Il bocchino può differire per la distanza tra la punta del bocchino e l’ancia (apertura), essa è indicata da un numero che va da circa 1 a 8 ed oltre, i numeri maggiori corrispondono ad una apertura più ampia.
L’ampiezza del movimento dell’ancia dipende da:

  • apertura
  • forza con cui viene spinta l’aria nello strumento. La pressione richiesta è data dal rapporto tra la durezza dell’ancia e l’apertura del bocchino. Più l’ancia è dura e più il bocchino è aperto maggiori sono il volume sonoro e lo sforzo da compiere. Se si esagera nella chiusura e/o nella morbidezza dell’ancia, quest’ultima tenderà a chiudere il passaggio dell’aria producendo un suono debolissimo.
    Ad esempio su un becco molto aperto un’ancia numero 3 è durissima, su un becco molto chiuso un’ ancia numero 3 è leggerissima..

Strumenti ad ancia semplice

  • Clarinetto075ance11L’ancia poggia con la tavola disposta sopra la finestra del bocchino tagliato a becco e viene fissata con la legatura, in modo che si trovi bloccata alla sua base ma libera di vibrare sulla punta.
    La legatura è costituita da un fascetta di metallo con una o due viti, essa deve assicurare saldamente l’ancia all’imboccatura, facendo in modo che non vi sia aria tra la tavola dell’ancia ed il piano d’appoggio.075ance12Il grado di durezza dell’ancia varia da 2 a 4.
    Dopo l’ancia c’è il barilotto cilindrico che fa risuonare le vibrazioni ed amplifica il suono.
  • Sassofono075ance13Ance simili al clarinetto.

Tecnica per suonare
Il suonatore tiene il bocchino in bocca in modo che l’ancia appoggi sul labbro inferiore, che viene a trovarsi sopra i denti inferiori e soffia. Il getto d’aria pone in vibrazione l’ancia e produce il suono. La pressione esercitata dai denti determina l’intonazione della nota emessa, mentre dalla posizione del labbro dipende la qualità del timbro.
Stringendo l’ancia si tende a far salire l’intonazione della nota; infatti, come precedentemente spiegato, se la lunghezza l di ancia che rimane libera è piccola, si ha che la sua rigidità k è alta e di conseguenza la frequenza di vibrazione è alta e l’ampiezza è bassa.
075ance14BATTENTE DOPPIA
Questa ancia è formata da due linguette sottili sagomate che combaciano ad una estremità, ma viene lasciata una breve fessura tra di esse, in questa fenditura penetra il soffio del suonatore. Sotto l’azione di questo soffio gli orli dell’ancia si chiudono e si aprono.
Strumenti ad ancia doppia

  • Fagotto075ance15L’ancia è inserita su un cannello metallico ritorto innestato nella esse.075ance16
  • Oboe075ance17Le ance sono simili a quelle dei fagotti, ma più lunghe e strette.
    Questo strumento non usa la esse, per cui l’ancia è unita ad un tubo di metallo, a sua volta circondato da un pezzo di sughero.
  • Corno inglese075ance18Ancia simile al fagotto.
  • Controfagotto075ance19Ancia simile al fagotto.

Tecnica per suonare
Per ottenere le vibrazioni delle due ance, lo strumentista deve stringere simultaneamente tra le labbra le lamelle; questo movimento richiede una tensione dei muscoli della bocca consistente e rende più difficile l’emissione del suono.
LIBERA
Essa è una sottile lamina in metallo, imperniata ad una estremità ad un telaio e libera di vibrare oscillando entro il telaio.
Strumenti ad ancia libera sono:

  • Fisarmonica
  • Armonica a bocca
  • Armonium

Questo tipo di ancia è stata trattata nell’articolo FISARMONICA
COSTRUZIONE
Solitamente le ance sono ricavate da pezzetti di fusto di canna comune, in alcuni casi da corteccia di albero e da frammenti di tubi di paglia particolarmente robusti; attualmente ci sono ance realizzate in plastica e in metallo, che a fronte di una maggior durata, offrono però un suono un po’ troppo aggressivo.075ance20Normalmente le ance vengono prodotte industrialmente ed i musicisti le adattano alle proprie esigenze limandole o ritagliandole con speciali utensili.
Fasi principali della costruzione dell’ancia semplice sono:

  • Sgorbiatura: si prendono i tubi di canna dal diametro scelto in base all’ampiezza della punta dell’ancia desiderata e si dividono in tre parti utilizzando la freccia.075ance21Si taglia la parte in eccesso e si adagia il pezzo nella parte concava della sgorbiatrice075ance22muovendo una pialla avanti ed indietro si raschia la canna ottenendo una sottile lamella
  • Sagomatura: si posiziona la lamella sulla forma della sagomatrice la si blocca e si fanno scorrere manualmente le lame poste sui lati della forma avanti e indietro fino a quando non si ottengono le dimensioni desiderate.

Esempio costruzione ancia doppia

  • la canna viene spaccata in lunghezza e 075ance23 le lamelle vengono immerse in acqua a temperatura ambiente e rimangono immerse sino a quando restano spontaneamente sul fondo075ance24
  • si traccia un segno a matita in corrispondenza della mezzeria del listello e lo si piega a metà, appoggiandolo ad una lama075ance25
  • si inserisce la canna su un apposito attrezzo (forma) e si tagliano i bordi con un taglierino075ance26
  • rimossa la canna dalla forma, si asporta la corteccia e si assottiglia la parte inferiore delle due metà, per agevolare la loro curvatura attorno alla base del cannello. Il tutto va eseguito con un coltello da scarto075ance27
  • si prepara il cannello di ottone inserito su un’apposita spina di forma leggermente ellittica in punta, in modo che la rotazione durante la fase di legatura sia impedita075ance28
  • la canna va posizionata sul cannello, accertando che le lamelle siano allineate con il cannello075ance29
  • legatura: iniziarla alla fine della zona conica, in modo che i bordi delle lamelle si sfiorino, alla fine bloccarla con dei nodi e proteggerla con smalto per unghie075ance30075ance31
  • separare le due lamelle unite nel punto dove erano state piegate, tagliando la punta con il coltello da scarto075ance32
  • scarto dell’ancia. Con questa operazione le due lamelle, assumono il profilo adeguato a produrre il suono desiderato. Per mezzo del coltello da scarto si riduce lo spessore della canna in determinate aree; in punta si usa una lamina a losanga che va infilata tra le due lamelle prima della loro lavorazione.075ance33