Danni delle fondazioni degli EDIFICI a VENEZIA

CAUSE
Le cause dei danni delle fondazioni degli edifici a Venezia, sono ascrivibili alle seguenti categorie:

  1. danni connessi al comportamento del sottosuolo. Il cedimento delle fondazioni è il principale fenomeno da monitorare negli edifici veneziani.
  2. azione disgregatrice dell’acqua salmastra, sia nel suo comportamento chimico, sia del moto ondoso e delle maree.

TEMPI
I cedimenti possono essere:

  • a lungo termine, (intervallo temporale pari alla vita utile dell’edificio). Infatti la presenza di tipologie di fondazione diverse all’interno dello stesso fabbricato, possono sviluppare spostamenti diversificati nell’edificio e diverso affondamento
  • a breve termine, già nella fase costruttiva si possono manifestare i primi spostamenti della base delle fondazioni, dovuti ad una parziale consolidazione degli strati argillosi, causata dalla lenta applicazione dei carichi. Si possono avere anche cedimenti molto consistenti con conseguente fessurazione della muratura.

TIPOLOGIE LESIONI
Le tipologie delle lesioni sono:

  1. lesioni ad arco all’interno della muratura che si innescano prevalentemente in corrispondenza delle aperture. Le due facciate principali dell’edificio sono di peso contenuto e gravano in maniera trascurabile sulle rispettive fondazioni, mentre i muri longitudinali, di lunghezza ragguardevole, possono provocare cedimenti non uniformi lungo tutto il loro sviluppo. Il tutto provoca un pericoloso cedimento differenziale della struttura
  2. lesioni diffuse in tutte le murature per cedimento delle palificate dovuto al moto ondoso
  3. lesione a taglio delle pareti di controvento causate dal cedimento differenziale che interessa le diverse fondazioni utilizzate per muri esterni ed interni. L’affondamento maggiore riguarda la porzione centrale dell’edificio e porta alla formazione di importanti lesioni diagonali nelle pareti e a fenomeni di instabilità dell’equilibrio delle pareti esterne portanti.

    Figura delle tipologia delle lesioni

Cedimento differenziale dei muriPresenza delle acque lagunari
Gli edifici subiscono l’azione disgregatrice delle acque dei canali e dei liquami di rifiuto.
Le principali cause di degrado possono essere raggruppate in 5 categorie:

  • azione di erosione dovuta all’elevata presenza di cloruri in soluzione che a contatto con materiali deperibili (malta), ne provocano il deterioramento e la dissoluzione
  • azione del moto ondoso legato alla circolazione delle imbarcazioni nei canali. Le onde agiscono direttamente al degrado, attraverso la loro azione meccanica
  • fenomeni di asportazione di materiali dovuta alla presenza di cunicoli fognari o di scarico all’interno dei quali si creano fenomeni di pressione e depressione delle acque in moto
  • azione erosiva dovuta all’alternarsi del livello di marea con zone di emersione e sommersione che si alternano
  • aumento dei fondali connesso ai fenomeni erosivi del moto delle acque o ai lavori di scavo eseguiti sui canali.

    Riassunto delle forme di dissesto legate alle fondazioni

Progettazione edifici
La parte centrale dell’edificio è maggiormente interessata a danni; per ovviare a questo inconveniente si cerca di rendere indipendenti le diverse parti della struttura, in modo da evitare la formazione di rotture a taglio dei muri. Nello schema dell’edificio si prevede un grande vuoto centrale e muri verticali portanti connessi agli orizzontali con legame a cerniera (telaio labile), che si adattano alle mutazioni geotecniche del sottosuolo.
Il ricorso a catene e piastre metalliche, è finalizzato al conferimento di un comportamento scatolare delle pareti parallele, in unione con i solai adiacenti, il tutto consente di ottenere una migliore riposta alle azioni orizzontali statiche e dinamiche.
Principali soluzioni di consolidamento antiche
Anticamente le tecniche più diffuse di consolidamento statico degli edifici erano:

  • Il rafforzamento della struttura esistente tramite l’accostamento di un muro di calcestruzzo, pietra o laterizio (talora munito di sue specifiche fondazioni su pali), reso solidale alla fondazione preesistente o accostato
  • Costruzione di nuove palificate inserite su strati del sottosuolo più resistenti. Le nuove palificate erano realizzate in asse con le murature esistenti, una internamente e l’altra esternamente e rese interconnesse tramite un getto di calcestruzzo. Tale tecnica risultava essere molto onerosa dal momento che si rendeva necessario abbattere parte del solaio superiore per poter permettere l’ingresso delle macchine battipalo ed inoltre si rischiava di provocare eccessive sollecitazioni sulla muratura a causa delle vibrazioni
  • Utilizzo di micropali. Questa tecnica consentiva un consolidamento strutturale per eccellenza, sia per la rapidità costruttiva, sia per la relativa economicità. Tuttavia esisteva il pericolo che il consolidamento non fosse efficiente nel lungo periodo.

    micropali trivellati

Principali soluzioni di consolidamento attuali
Attualmente le principali tecnologie a cui si ricorre possono essere raggruppate in cinque categorie:

  1. realizzazione di un cordolo in calcestruzzo armato. Questa soluzione è particolarmente adatta per gli edifici con le murature perimetrali che si affacciano sui canali.
    L’operazione prevede la realizzazione di un massiccio muro di calcestruzzo interrato su una propria palificata, si deve porre attenzione alla realizzazione di un adeguato collegamento con la muratura esistente, in modo da ottenere un comportamento solidale dell’intera struttura.
    Per quanto riguarda la protezione dall’aggressività dell’acqua di mare, la miscela di calcestruzzo con additivi deve essere tale da conferire una adeguata impermeabilità e resistenza all’attacco nocivo della salsedine. Inoltre per garantire una maggiore protezione si inserisce un rivestimento in pietra d’Istria nelle parti direttamente a contatto con l’acqua lagunare.
  2. intervento di scuci-cuci delle parti più danneggiate delle fondazioni con sostituzione dei pezzi deteriorati con elementi in c.a. o laterizio. L’operazione consiste in una demolizione locale di parti di tessitura muraria e successiva ricostruzione. Tale tecnica viene di norma utilizzata per le strutture in elevazione in laterizio. Una volta sostituita la tessitura muraria, la si lega all’originaria attraverso l’inserimento di appositi cunei infissi a forza. L’intervento consente di conservare la concezione strutturale originaria dell’edificio.
  3. inserimento di una nuova palificata (legno, calcestruzzo o metallica). Essa viene realizzata in calcestruzzo armato, con micropali di diametro limitato ma di profondità più elevate cioè tali da raggiungere strati più consistenti del terreno. Di norma i pali vengono inseriti rispetto al profilo murario sovrastante, con una certa inclinazione convergente verso l’asse, per poter così assorbire anche sollecitazioni orizzontali.
    Qualora non sia possibile intervenire dall’interno, viene realizzata una nuova palificata solo dal lato esterno oppure al di sotto della base fondale. La nuova palificata interna-esterna deve essere poi resa solidale alla fondazione esistente tramite un cordolo o una trave in c.a. alloggiata sotto il piede della muratura esistente.
    Un’alternativa ai pali di legno è la realizzazione di una palificata di elementi tubolari prefabbricati in calcestruzzo, inseriti per mezzo di martinetti idraulici. Quando i manufatti raggiungono la profondità prestabilita, vengono resi solidali attraverso un getto di conglomerato armato che va a riempire le cavità esistenti.
  4. Allargamento del piede fondale. Consiste nella costruzione di due cordoli alla base della fondazione in cemento armato. In questo modo si ottiene un maggior appoggio della fondazione sul terreno. I traversi di collegamento dei due cordoli possono essere collocati alla stessa quota delle travi o ad una quota superiore e permettono di rendere solidale il loro comportamento e di trasferire parte del carico della fondazione esistente. Vengono realizzati attraverso appositi fori praticati all’interno dell’opera di fondazione. Tale soluzione permette scavi limitati in profondità, ma implica la demolizione di porzioni di solaio internamente per permettere l’accesso alla base della fondazione.
  5. Iniezioni di miscele leganti. Gli specifici composti fluidi iniettati all’interno della muratura, conferiscono una maggiore resistenza a taglio e compressione alla muratura. L’operazione consiste nel praticare degli appositi fori (circa 5*m2) leggermente inclinati rispetto all’orizzontale ed in modo che raggiungano una profondità pari a circa 2/3 dello spessore murario. Posizionato all’interno del foro un apposito tubicino di gomma, si procede con l’iniezione a bassa pressione attraverso la canula fino a completa saturazione della zona in prossimità del foro. Successivamente vengono richiusi i tubicini di iniezione e, una volta indurita la malta, si conclude l’intervento con la loro rimozione e ristilatura armata.
  6. Intonaci armati e ristilatura armata
    A questa soluzione si ricorre soprattutto nel caso di pareti contro-canale, in quanto si protegge il muro di sponda e si garantisce una maggiore impermeabilità alle acque in circolo. Il rivestimento viene solitamente realizzato con un intonaco di malte fibrorinforzate con un supporto di collegamento alla muratura esistente costituito da un’armatura metallica.La ristilatura armata consiste nel ripristino dell’integrità dei giunti tra gli elementi resistenti delle fondazioni esistenti. Tale intervento prevede una preventiva scarnitura dei giunti di malta deteriorati, all’interno dei quali vengono successivamente alloggiate delle barre metalliche di diametro ridotto. L’operazione viene infine completata con la saturazione delle fessure attraverso una nuova miscela cementizia.

Riassunto delle tecniche di intervento di consolidamento delle fondazioni a Venezia

VOLO degli UCCELLI

CORPOIl corpo deve essere leggero e anche resistente.
Scheletro
Il battito delle ali richiede un grande sforzo muscolare, che genera notevoli sollecitazioni allo scheletro.Per rendere robusta e rigida la struttura del tronco, lo sterno ha la forma di una carena, ciò consente un solido attacco dei muscoli del volo.Per risolvere il problema delle sollecitazioni: alcune vertebre sono fuse tra loro e le costole sono provviste di uncini, che tengono insieme le costole contigue.Per avere un corpo ben bilanciato, il torace è schiacciato e compatto, questo consente una maggiore vicinanza degli arti al centro di gravita.
Per il volo è necessaria la leggerezza, essa si ottiene da ossa cave sostenute da una trama interna a nido d’ape, che le alleggerisce molto rispetto a quelle dei mammiferi.Apparato respiratorio
Esso deve essere capace di sostenere uno sforzo fisico prolungato, per cui è particolarmente efficiente. I polmoni sono simili a quegli degli umani e sono collegati ai sacchi aerei.
I sacchi aerei sono sparsi e si incuneano nelle cavità di tutto il corpo, persino dentro le ossa cave, dette  pneumatiche e sono connessi all’albero bronchiale dei polmoni. La loro funzione è di alleggerire ulteriormente il peso.Coda
La coda è indispensabile per le manovre, inclinando le lunghe penne di questa appendice si imposta una virata o si corregge una manovra: ad esempio le code lunghe, che si aprono a ventaglio, tipiche di alcuni rapaci di foresta, sono ottime per manovrare e frenare bruscamente tra gli alberi.
ALA
Le ali sono strutture semi-rigide e leggere, con la configurazione ossea simile a quella del braccio umano.
Vista in sezione, l’ala è analoga a quella degli aerei, ciò consente di produrre PORTANZA.
La portanza è stata trattata in un precedente articolo.
Link: LA PORTANZA in soldoni
Penne
Le ali sono provviste di penne, collegate al torace da robusti muscoli pettorali.Esse sono disposte a più strati: inserite a ventaglio all’estremità dell’ala, l’alula è formata da remiganti accessorie e le copritrici sono morbide e definiscono la forma delle ali dell’uccello.
I tipi di penne sono le seguenti.

  • di contorno o penne del corpo;
  • remiganti o penne delle ali, suddivise in primarie, secondarie e terziarie: quest’ultime piccole e poco potenti;
  • timoniere o penne della coda

Piumaggio
La differenza tra le piume e le penne è che le prime sono più corte, morbide, flessibili e servono più che altro a proteggere dal freddo e dall’umidità e si trovano spesso sotto alle penne.
VOLO
Per creare portanza è necessario generare una spinta, l’uccello l’ottiene nel modo sotto riportato.
L’uccello, facendo leva sulle penne remiganti, batte le ali verso il basso e produce una spinta in avanti, di conseguenza la superficie alare viene percorsa dall’aria alla velocità necessaria al decollo: più grandi sono le ali meno velocemente l’animale dovrà battere le ali.
Una volta in aria, l’esemplare può variare la forza della spinta e il grado di sollevamento modificando la forma e la dimensione dell’ala.
Di particolare importanza sono la forma, la dimensione dell’ala e l’allungamento (Larghezza/Corda alare). Ad esempio i rapaci hanno allungamenti alari elevati, che sono adatti alle alte velocità e a lunghi percorsi, ma hanno scarsa agilità.
Tipi di ali
La struttura alare varia da uccello a uccello e rispecchia gli adattamenti ad ambienti diversi.

  • ellittiche: hanno un modesto allungamento, sono molto convesse ed hanno le estremità delle penne primarie esterne separate da numerose fessure: in questo modo le punte di queste penne possano ruotare tra loro, muovendosi un po’ come pale di un’elica. Gli uccelli che vivono nelle foreste, nei terreni boscosi, che devono volare aggirando ostacoli hanno ali di questo tipo;
  • per alte velocità: hanno un allungamento alare moderatamente elevato, sono lievemente curvate e terminano con l’estremità appuntita, senza fessure. Durante il volo assumono una posizione a forma di freccia;
  • ad elevato allungamento: sono lunghe e strette, piatte e prive di fessure tra le primarie esterne.
  • Queste ali le hanno i grossi uccelli marini come le berte e gli albatri; i quali sono dotati di muscoli pettorali piuttosto piccoli rispetto alle notevoli dimensioni corporee, cosicché decollano correndo, sfruttando il vento o lanciandosi da una quota elevata;
  • ad alta portanza, hanno un allungamento intermedio tra quello dell’ala ellittica e quello dell’ala ad elevato allungamento, una accentuata curvatura e una marcata fessurazione tra le remiganti primarie. Tali caratteristiche conferiscono a queste ali un ridotto carico alare e una buona manovrabilità. Avvoltoi, aquile, cicogne ed altri grandi uccelli hanno questo tipo di ali.

TIPI di VOLO
Battente
Nel volo battente oltre al movimento alternato delle ali in su e giù, viene esercitato un movimento di torsione delle ali che fa variare la geometria della linea media del profilo alare e la forma in pianta dell’ala tra salita e discesa.
Nel volo con battito d’ali, prima c’è un movimento rotatorio delle ali che va verso il basso e in avanti, poi un movimento verso l’alto e all’indietro, in modo da descrivere un otto.In figura abbiamo:
L = portanza
T = spinta
K = forza aerodinamica
V = velocità di avanzamento
W = velocità verticale
Per la similitudine dei triangoli: T/L = W/V per cui
TV = LW
TV = P = potenza necessaria alla propulsione,
In pratica quando l’ala si muove verso il basso genera sia la portanza che la spinta.
Se l’angolo tra il colpo d’ala e la direzione del volo è piccolo l’energia ceduta all’aria è poca, per cui la frequenza del battito alare è bassa, in ogni caso è una tipologia di volo dispendiosa.Se l’ala fosse rigida non sarebbe possibile il moto rettilineo, in quanto ci sarebbe perdita di portanza nel colpo d’ali in risalita, ma gli uccelli possiedono ali deformabili.
Come si evince dalla figura sopra, la portanza è generata dalle sezioni alari vicine al corpo, mentre la spinta è generata dalle sezioni più lontane.
Veleggiato e planato
Volo che sfrutta le correnti termiche ascensionali, con le ali che rimangono aperte ed immobili ed il movimento è a larghe spirali.
In questo caso l’efficienza E è alta.
E =L/D
L = portanza
D = resistenza
Questa caratteristica aumenta con l’aumentare della taglia dell’uccello.
Stazionario
Volo dell’uccello in posizione fissa, con il corpo verticale e veloce battito delle ali.
Tipologia di volo molto dispendiosa. Tale situazione è simile a quella dell’hovering di un elicottero.

La CAPRIATA

La capriata è un elemento architettonico portante di coperture di edifici di forma triangolare, tradizionalmente realizzata in legno.
ELEMENTI

  • Puntoni: travi inclinate che determinano la pendenza del tetto.
  • Catena: elemento orizzontale che costituisce la base del triangolo e che supporta sforzi di trazione che altrimenti andrebbero a gravare, sotto forma di forza orizzontale sul punto di appoggio dei puntoni. Essa ha la funzione di annullare le forze divaricanti che agiscono sui puntoni. L’elemento è il più lungo della struttura e normalmente è formato da un’unica trave.
  • Monaco od ometto: elemento verticale inserito tra la sommità dei due puntoni e la catena. Nelle capriate in legno il monaco viene collegato alla catena con dei ferri ad U o delle cravatte o staffe collegate al monaco ed alla catena, ma senza una connessione con quest’ultima.
    In tal modo il monaco migliora la connessione con i puntoni, mantiene complanari le parti a esso collegate e limita la flessione della catena.
    Il nome deriva dal fatto che è un elemento che regola e garantisce silenziosamente il buon andamento di tutto, come fanno i monaci con la preghiera e il loro lavoro.
  • Saette o saettoni: sono aste inclinate opposte a quella dei puntoni, inserite tra l’estremo inferiore del monaco e circa la mezzeria dei puntoni. Esse limitano l’inflessione dei puntoni stessi, scaricando sul monaco la forza di compressione a cui sono sottoposte e provocando la trazione dell’ometto; di conseguenza la capriata diventa più rigida e ciò consente una maggiore ampiezza della capriata.
  • Controcatena: presente solo in capriate di grandi dimensioni, collega orizzontalmente i puntoni in punti intermedi e limita la lunghezza di libera inflessione di questi. 
  • Sottocatena o sottopuntone: eventuali travi di rinforzo poste a contatto al di sotto o al di sopra della catena o dei puntoni.
  • Fasciature, cerchiature, staffature, bullonature garantiscono un più efficace trasferimento degli sforzi fra i profili, completando anche l’azione degli eventuali intagli e sagomature.

TIPOLOGIESemplice
Luci max 6-7 m, la catena tende a flettersi nella mezzeria.Con monaco
Per ovviare alla flessione della catena nella capriata all’italiana è stato introdotto il monaco che spezza in due la catena.Con saettoni
Luci max 10-12 mComposta o a tre monaci
Una controcatena e due sottopuntoni consentono di superare luci di 16-18 m
Con saettoni anche luci di 24 -26 mPalladiana
Il monaco non è staccato dalla catena e ci sono appoggi intermediInglese
Conveniente fino a 25 mEssa è una travatura reticolare costituita da un insieme di aste collegate fra loro nei nodi in modo che il complesso risulti indeformabile .STATICA
Sforzi
La capriata grazie alla sua struttura triangolare nella quale l’elemento orizzontale (catena) compensa le spinte di quelli inclinati (puntoni) annulla le spinte orizzontali.
Gli sforzi sono i seguenti:

  • puntoni, sollecitati a presso-flessione
  • catena, trasferisce il peso dell’intera struttura sulle pareti su cui appoggia, viene sollecitata a trazione
  • monaco, soggetto a trazione
  • saette, realizzano un appoggio intermedio per i puntoni, riducendo l’inflessione e scaricando sul monaco la forza di compressione a cui sono sottoposte
  • controcatena, ha un ruolo di rinforzo, poiché assorbe le azioni dei puntoni di lunghezza elevata

Nodi
Nelle capriate i puntoni e la catena vengono chiusi agli angoli da incastri realizzati con intagli e rinforzati da più staffe in ferro che le tengono unite e ferme.
L’intersezione degli assi del puntone, della catena e del muro devono incontrarsi in un punto, poiché i disassamenti danno luogo a momenti flettenti.Tali collegamenti sono tutti considerati cerniere, ciò consente la loro rotazione attorno ad un asse passante per il loro punto di intersezione e la conseguente inflessione delle travi; si evita di incastrare la catena, perché i puntoni scaricherebbero la componente orizzontale della forza inclinata sull’appoggio, mentre le capriate trasmettono sui muri di appoggio solo carichi verticali.Le strutture metalliche vengono inserite in un secondo momento.Appoggio
Esso può essere realizzato mediante una piastra metallica o una pietra che ripartisce le forze sul legno, oppure nel caso di appoggio su muratura, mediante un supporto in legno detto dormiente che evita il contatto diretto tra il legno ed un materiale più duro.
L’appoggio deve essere inoltre tale da non vincolare orizzontalmente la catena, perché in questo caso la catena non andrebbe in trazione e i puntoni scaricherebbero la componente orizzontale della forza inclinata sull’appoggio.

TEMPIO GRECO

069tempio00Il tempio può essere considerato la più impegnativa realizzazione dell’architettura greca, esso era la dimora terrena degli dei.
Il concetto base del tempio greco è la continua relazione che esiste fra l’elemento divino e quello umano.
VOCABOLARIO069tempio01A
Acroteri: statua in terracotta o in marmo, posta a uno dei vertici dei frontoni dei templi o sul colmo del tetto, alla quale era attribuita la funzione simbolica di proteggere l’edificio dal male.069tempio03– Antefisse: elemento della copertura dei tetti posto sulla testata delle travi del tetto o al termine delle tegole dei templi; in pietra o terracotta, può avere la forma di palmetta, di testa umana, di Gorgone.069tempio02Architrave: elemento orizzontale che collega fra loro le varie colonne del tempio e serve da appoggio per le travi del tetto, le quali sono ricoperte da tegole in marmo o in terracotta.
C
– Capriata: elemento architettonico, tradizionalmente realizzato in legno, formato da una travatura reticolare triangolare verticale, usata come elemento base di una copertura del tetto.
Cella: la vera e propria casa del Dio (oikos) che ospita la statua della divinità e dove il sacerdote era l’unico a poter essere ammesso. Ambiente a pianta rettangolare, il cui accesso è di solito in asse con l’ingresso, può essere suddivisa a 2 o tre navate. Si presenta come uno spazio buio, rischiarato parzialmente solo da lampade o bracieri.
Colmo: trave che collega il vertici superiori della capriata.
Colonna: è costituita dal capitello, il fusto ed eventualmente la base. Verranno trattate in un successivo articolo.
Cornice: aggetta sul fregio sottostante al fine di proteggerne i bassorilievi dalla pioggia.
Crepidoma. basamento a gradini su cui sorge il tempio.
D
Deambulatorio: galleria porticata che circonda la cella.
F
Fregio: elemento decorativo di una struttura architettonica, allungato e orizzontale, scolpito o dipinto, di solito recante motivi stilizzati o geometrici.
Frontone: facciata presente sui lati corti.
G
Geison: parte sporgente superiore di una trabeazione.
Guttae: decorazione a gocce poste sotto le regulae.
I
Intercolunnio o intercolumnio o intercolonnio: spazio compreso fra due colonne di un colonnato, misurato nella parte inferiore della colonna, di solito è assunto come unità di misura.
L
Lesene: elemento verticale di un ordine architettonico addossato a parete, consiste in un fusto, appena sporgente dalla parete stessa, con i relativi capitello e base, la sua funzione è puramente decorativa e non portante.069tempio04M
Mètope: lastre, originariamente liscie, scolpite, dipinte, decorate a bassorilievo con scene tratte dalla mitologia.
Mutuli: decorazione continua a gocce, leggermente inclinata per far sgocciolare meglio l’acqua.
N
Naos: struttura centrale del tempio, formata da cella e pronao, più eventuale opistodomo.
P
Peribolos: spazio cintato da muro attorno agli antichi templi greci, spesso adorno di statue, altari e monumenti votivi.069tempio05Peristasi o Ptèron o Peristilio: colonnato quadrangolare che circonda tutti e quattro i lati della cella.
Piedritto: elemento architettonico verticale portante.
Plinto: elemento che ha funzione di basamento. Nei tempio greco è un basso parallelepipedo di pianta quadrata che sostiene la base della colonna.
Prònao: parte anteriore del tempio, consiste in un portico colonnato, precede la cella; ha la funzione di filtro simbolico tra l’esterno (realtà umana) e l’interno (realtà divina).
Propilei o Propylon:  costruzione edificata davanti (pro) ad un’entrata (pylh).
Prostrilo o Prostòon: portico di colonne sulla facciata, senza restanti colonne esterne sui lati.
R
Regulae: elemento rettangolare applicato sulla tenia, posto in corrispondenza dei triglifi e decorato con guttae.
S
Sima o geison: cornice terminale dei templi greci, aveva per lo più un profilo concavo, aggettante, con decorazioni dipinte o a rilievo, di motivi geometrici.
Stilobate: superficie superiore di una piattaforma, sopraelevata rispetto al terreno circostante, dove si eleva la struttura del tempio. Ad esso si accede mediante una rampa d’accesso, o per mezzo del crepidoma.
T
Temenos: area consacrata ad una divinità.
Tenia: cornice con scarso aggetto.
Timpano: parte triangolare, sovrastante la facciata; esso ospita sculture in altorilievo o a tutto tondo, narranti episodi mitologici.
Trabeazione: insieme degli elementi strutturali e decorativi sostenuti dalle colonne, è composta da architrave, fregio ed eventuale cornice.
Trìglifi: rettangoli solcati verticalmente da quattro profonde scanalature che li percorrono verticalmente
STRUTTURA069tempio06L’edificio era sempre orientato est-ovest, con l’ingresso aperto verso est ed era costituito principalmente dalle seguenti parti:
Santuario (Temenos): recinto sacro, delimitato da un peribolos e comprendente anche un’area di terreno occupata o da spazi verdi e giardini, o da monumenti vari e edifici connessi col culto della divinità venerata nel santuario. Il luogo poteva ospitare i tesori (thesàuroi), che custodivano i doni votivi, sale per banchetti (hestiatòria) e portici (stoai).
L’ingresso all’area sacra poteva essere protetto da un porticato (propilei) antistante le porte del tempio.
Tempio: nelle tipologie elementari era composto dal Naos (pronao + cella), in quelle più articolate c’era il peristilio.
Il numero delle colonne laterali del peristilio era proporzionato a quello delle colonne in facciata, pari al doppio, al doppio + 1, o al doppio + 2 di esse. I colonnati erano edificati utilizzando il sistema trilitico, cioè una struttura formata da due elementi disposti in verticale (piedritti) e un terzo appoggiato orizzontalmente sopra di essi (architrave)
In base al numero di colonne presenti nella facciata si ha il tempio:

  • Distilo: 2 colonne
  • Tetrastilo: 4 colonne
  • Esastilo: 6 colonne
  • Ottastilo: 8 colonne, ecc.

Raro è il caso di un numero di colonne dispari.
In origine nella cella venivano svolti i riti sacri, in seguito essi furono spostati nella zona esterna dell’altare, davanti all’ingresso.
Altare: dove si svolgevano i riti ed i sacrifici.
TIPOLOGIE PRINCIPALI069tempio07

  • Tholos (o monoptero-periptero), tempietto circolare provvisto di cella.
  • Pseudoperiptero, caratterizzato da una peristasi costituita da semicolonne o lesene addossate ai muri esterni della cella e da una fila aggiuntiva di colonne ma solo sui lati corti. La cella poteva in tal modo essere realizzata con una maggiore ampiezza.
  • Pseudodiptero, come il precedente, ma ha una fila aggiuntiva di colonne su tutti e quattro i lati e da una terza fila solo sul lato anteriore. La peristasi è posta come se vi fossero due file di colonne, ma con omessa quella interna, cioè dell’ampiezza di due intercolumni.
  • Antis, tipologia più semplice di tempio, costituita solo dalla cella, dal pronao e da due colonne frontali. Le pareti dei lati lunghi della cella si prolungano in avanti fino a costituire le cosiddette ante (antae) a delimitare lateralmente il pronao.
  • Doppio antis (opistodomo), il pronao è replicato anche nella parte posteriore della costruzione.
  • Prostilo, il pronao è preceduto da una fila di quattro o più colonne (prostòon); in tal caso può mancare l’intero pronao.
  • Anfiprostilo, sia la fronte che il retro presentano il colonnato.
  • Periptero, un colonnato quadrangolare (ptèron o peristasi) circonda tutti e quattro i lati della cella.
  • Diptero, il porticato quadrangolare (peristasi) presenta, anche sui lati lunghi, una doppia fila di colonne.

ORDINE ARCHITETTONICO
TEMPIO DORICO
Questo ordine è il più antico dei tre e si diffuse a partire dal VI secolo a.C. sviluppandosi prevalentemente nel Peloponneso (Grecia continentale) e nelle colonie della Magna Grecia (Sicilia). All’Ordine Dorico si attribuisce la definizione della struttura e della forma del Tempio Greco.
Principali elementi architettonici:069tempio08

  • fondazione (euthynteria), generalmente in pietra locale, su di essa poggiano i gradini di accesso al tempio (crepidoma)
  • stilobate
  • colonne, verranno trattate nel prossimo articolo
  • trabeazione, costituita da:
    • architrave, costituita da una fila di grandi blocchi lisci posti senza soluzione di continuità sopra le colonne, essi si congiungono al centro della colonna
    • fregio, della stessa altezza e lunghezza dell’architrave, posto al di sopra di quest’ultima e composto da metope, posizionate ad intervalli regolari tra due triglifi. Il fregio deve sempre iniziare con un triglifo
    • tenia, posta tra l’architrave e il fregio, è un listello continuo sul quale sono applicati degli elementi rettangolari, le regulae, sotto alle quali ci sono le guttae o gocce, che sono dei piccoli elementi decorativi pendenti di forma cilindrica o tronco-conica. Regulae e guttae sono posti in corrispondenza dei triglifi.069tempio09
  • frontone, formato da:
    • cornice, a sua volta costituita da:
      • ghèison orizzontale: elemento poggiante sulla trabeazione, decorato sulla superficie inferiore con basse tavolette (mutuli) ornate da più file di guttae
      • ghèison obliqui: due elementi inclinati convergenti
      • sima: parte decorativa di terrecotte dipinte che ricoprivano i ghèison obliqui
    • timpano, di forma triangolare che andrà ad accogliere le decorazioni frontonali
  • copertura, formata da:
    • tegole di laterizio, convesse e piane e solo talvolta in marmo
    • grondaia
    • antefisse, poste sui lati lunghi delle grondaie, assolvevano il doppio compito di scarico delle acque piovane e di evitare che l’acqua filtri sotto il tetto.
    • acroteri: posti alle estremità del tetto e sulla sommità dove iniziano i due spioventi.069tempio09a

Apparato decorativo
Esso consisteva in:

  • intonaco bianco che copriva tutta quanta l’architettura templare
  • dipinti a motivi geometrici con diversi colori di parti della struttura
  • gruppi di statue in marmo o in bronzo sistemate ordinatamente all’interno del frontone, con le sculture più alte poste verso il centro mentre quelle più piccole disposte ai lati, fino a quelle più basse che raggiungevano gli angoli del frontone;
  • terrecotte architettoniche dipinte con vivaci colori, che decoravano i bordi del tetto ed i suoi apici.

Armonia del tempio dorico
L’armonia dell’ordine dorico deriva in larga misura dalle dimensioni dei suoi elementi e dal rapporto esistente fra le diverse parti architettoniche. Vi è una ricerca di proporzionato equilibrio fra verticali e orizzontali, fra pieni e vuoti.
Il tempio dorico viene costruito interamente sul modulo (misura del diametro della colonna a terra o la misura dello spazio esistente fra due colonne sul fronte del tempio).
Le sue caratteristiche erano:

  • Altezza della colonna è 4 o 5 volte il modulo.
  • Trabeazione, così come il frontone, è 1/3 della colonna.
  • Architrave e il fregio sono ciascuno 1/6 dell’altezza della colonna
  • Basamento del tempio con i gradini è 1/2 della trabeazione
  • La lunghezza del tempio è il doppio della larghezza
  • L’interasse delle colonne: l’intercolumnio è maggiore tra le colonne in corrispondenza dell’ingresso alla cella, mentre viene ridotto tra le colonne laterali
  • Le colonne angolari del tempio risultano leggermente ovali affinché la loro vista di lato o di fronte risulti coerente con le altre colonne
  • Un maggiore diametro delle colonne esterne dei prospetti nei templi peripteri, perché avendo come sfondo il cielo, se di pari diametro di quelle centrali, sarebbero apparse più snelle
  • Una leggera inclinazione delle colonne del fronte verso l’interno del tempio, per correggere la percezione dell’occhio umano che tenderebbe a vederle pendere verso l’esterno e come in procinto di cadere addosso
  • Le colonne angolari risultano anch’esse lievemente inclinate verso il centro per evitare effetti di divergenza
  • Un leggero incurvamento convesso, sia dello stilobate che della trabeazione (al centro le altezze del pavimento e della trabeazione sono maggiori che non ai lati) per correggere la tendenza dell’occhio umano a vedere ricurve verso l’alto le linee orizzontali che sostengono masse o volumi
  • Le colonne angolari venivano presumibilmente colorate di nero, per mantenere la sequenza di chiaro-scuro tra le colonne bianche e lo sfondo del naos

Esempi di templi dorici in Italia: Paestum, Agrigento e Selinunte, Segesta (incompiuto), tempio di Atena a Siracusa (trasformato nel Duomo).
TEMPIO IONICO
Comparve intorno alla metà del VI secolo a.C. (quasi contemporaneamente con quello dorico). Oltre alla forma, più leggera e slanciata del tempio dorico, si caratterizza per alcuni elementi innovativi:069tempio10

  • L’architrave è suddivisa orizzontalmente in tre fasce, ciascuna aggettante verso l’esterno rispetto a quella inferiore, e coronata superiormente da modanature
  • il fregio è continuo e scolpito con bassorilievi
  • la cornice è decorata con dentelli

Esempi di templi ionici sono il tempio di Atena Nike sull’Acropoli ad Atene, il tempio di Artemide ad Efeso.069tempio11TEMPIO CORINZIO
Comparve intorno alla fine del V secolo a.C.
La struttura del tempio corinzio non è dissimile da quella dello ionico, se non per il capitello e per la base della colonna.
Esempi di templi corinzi sono il tempio di Zeus Olimpio ad Atene, i templi a Jerash (Gerasa).069tempio12

LE PARTI DELLA MESSA

MessaScrivendo l’articolo sul “Requiem” ho ritenuto che una rinfrescatina di memoria sulla Messa non avrebbe stonato.
La Messa è costituita da due parti fondamentali: la «Liturgia della Parola» e la «Liturgia Eucaristica».
RITI D’INTRODUZIONE
I riti che precedono la Liturgia della Parola sono: l’introito, il saluto, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione (o colletta).
L’introito
Quando i fedeli sono radunati, mentre il sacerdote fa il suo ingresso si inizia il canto d’entrata, la cui funzione è quella di favorire l’unione dei credenti riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività.
Il saluto
Giunti in presbiterio, il sacerdote saluta l’altare con un profondo inchino, lo bacia e secondo l’opportunità, incensa la croce e l’altare (l’incenso ha la funzione di purificazione e scaccia gli spiriti maligni). Terminato il canto ci si segna col segno della croce e viene annunziata la presenza del Signore, il popolo risponde.
L’atto penitenziale
Quindi il sacerdote invita all’atto penitenziale, che, dopo una breve pausa di silenzio, viene compiuto da tutta la comunità mediante una formula di confessione generale, e si conclude con l’assoluzione del sacerdote, che tuttavia non ha lo stesso valore del sacramento della Penitenza.
Il Kyrie eleison
Dopo l’atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie eleison (che significa “Signore abbi pietà”), antica supplica in greco rivolta a Cristo.
Il Gloria
Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello.
La colletta
Il sacerdote invita il popolo a pregare con lui in silenzio e poi dice l’orazione, chiamata comunemente «colletta», per mezzo della quale viene espresso il carattere della celebrazione.
LITURGIA DELLA PAROLA
Le letture
Nelle letture viene preparata ai fedeli la mensa della parola di Dio. Il ciclo delle Epistole e dei Vangeli è fissato da molti secoli.
Prima lettura
Sono brani tratti dall’Antico Testamento e servono per istruire i fedeli e disporre gli animi a ricevere bene la Comunione; la lettura viene letta sul lato destro dell’altare da un lettore.
Il Salmo responsoriale
Il salmo responsoriale favorisce la meditazione della parola di Dio. Esso deve corrispondere a ciascuna lettura; conviene che si esegua con il canto, almeno per quanto riguarda la risposta del popolo.
Seconda lettura
Viene anche detta Epistola perché è spesso tratta dalle lettere degli Apostoli.
L’acclamazione prima della lettura del Vangelo
Il coro canta l’Alleluia (in ebraico che significa “Lodate Dio”), il quale esprime la gioia e la lode per il dono del Vangelo.
Il Vangelo
La lettura del Vangelo costituisce il culmine della Liturgia della Parola, i fedeli l’ascoltano stando in piedi. il Vangelo è proclamato dal diacono o, in sua assenza, dal sacerdote.
L’omelia
L’omelia fa parte della Liturgia è necessaria per alimentare la vita cristiana.
La professione di fede
Il Credo rappresenta il Simbolo di fede, ha come fine che tutto il popolo riunito risponda alla parola di Dio, proclamata nella lettura della sacra Scrittura.
La preghiera universale
Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo risponde in certo modo alla parola di Dio accolta con fede.
LITURGIA EUCARISTICA
La preparazione dei doni
– “Preparazione dell’altare” ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il Messale, il calice ed infine i doni: il pane ed il vino e l’acqua;
– “Presentazione del pane e del vino”: al vino si aggiunge qualche goccia d’acqua, segno dell’unione con la vita divina di colui che ha voluto   assumere la nostra natura umana;
– “Lavabo“: il sacerdote si lava le mani a lato dell’altare, segno di desiderio di purificazione interiore;
– “Preghiera sulle offerte” il sacerdote invita i fedeli a unirsi a lui nell’orazione sulle offerte. Nella Messa si dice un’unica orazione sulle offerte, che si conclude con la formula breve: Per Cristo nostro Signore. Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l’orazione con l’acclamazione Amen.
La preghiera eucaristica
La Preghiera Eucaristica è quella parte della Messa che inizia con il Prefazio, comprende il racconto dell’Ultima Cena e termina con il grande Amen dell’assemblea prima del Padre nostro.
Gli elementi principali sono:
Prefazioin cui il sacerdote, a nome di tutto il popolo santo, glorifica Dio Padre e gli rende grazie per tutta l’opera della salvezza;
Acclamazione in cui si canta il Sanctus;
Memoriale in cui viene ricordata la passione, risurrezione e ascensione di Cristo. Cristo nell’ultima cena, offri il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino, lo diede a mangiare e a bere agli Apostoli e lasciò loro il mandato di perpetuare questo mistero: «Fate questo in memoria di me»;
L’offerta sacrificale in cui mediante le parole e i gesti di Cristo, si compie il sacrificio che Cristo stesso stabilì. Nell’Offertorio viene offerto è il Corpo ed il Sangue di Gesù, come anticipato nel memoriale.
RITI DI COMUNIONE
Preghiera del Signore (Padre nostro) in cui si chiede il pane quotidiano che fa riferimento al pane eucaristico, e si implora la purificazione dai peccati. Il sacerdote dice la preghiera assieme ai fedeli.
Rito della pace (Liberaci o Signore da ogni male) in cui la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana.
Frazione del Pane (Agnello di Dio) in cui il sacerdote spezza il pane e mette una parte dell’ostia nel calice, per significare l’unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell’opera della salvezza.
Comunione (Beati gli invitati) Il sacerdote ed i fedeli si preparano con una preghiera silenziosa a ricevere con frutto il Corpo e il Sangue di Cristo; quindi il sacerdote mostra ai fedeli il pane eucaristico sulla patena o sul calice e distribuisce l’ostia. (il Corpo e il Sangue di Cristo: Amen).
La celebrazione della Comunione è orientata all’unione intima dei fedeli con Cristo.
RITI DI CONCLUSIONE
Comprendono:
Il saluto e la benedizione del sacerdote;
Il congedo del popolo da parte del sacerdote;
Il bacio e l’inchino all’altare da parte del sacerdote.

Link
REQUIEM di MOZART
REQUIEM di VERDI